Niente è reale e questa è una simulazione

NIRATIAS - Chevelle (2021)

Nono album in studio per la band di Grayslake, Illinois, formata, fin dal 1995, dai due fratelli Loeffler, Pete (voce e chitarra, sugli album si occupa anche del basso) e Sam (batteria); al momento si avvalgono di Kemble Waters come bassista per i tour, e la cosa curiosa è che la posizione di bassista è stata occupata, nel tempo, sia dall'altro fratello Joe Loeffler, sia dal cognato Dean Bernardini. Affrontate le amenità, dedichiamoci al disco, che a me sta piacendo molto. Non mi stupisce che i due citino Helmet, Tool e Cure tra le loro principali influenze: il disco è composto da un robusto, elaborato e moderno hard rock tendente al metal, che tiene costantemente d'occhio le melodie orecchiabili e ariose, ma non si lascia mai tentare né dagli eccessi stucchevoli né dalle facili soluzioni mainstream. La voce di Pete tende ai toni alti e perfino al falsetto, ma riesce a non infastidire. L'influenza dei Tool è forte ma si mescola a quella dei migliori Muse (e l'uso delle chitarre, se ci pensate, ricorda quello degli Helmet; per finire con le influenze citate, i Cure affiorano nella ricerca spasmodica della melodia). Insomma, tredici tracce per 50 minuti abbondanti di musica niente male.

Ninth studio album for the band from Grayslake, Illinois, formed since 1995 by the two Loeffler brothers, Pete (vocals and guitar, on the albums he also deals with bass) and Sam (drums); at the moment they use Kemble Waters as bassist for the tours, and the curious thing is that the position of bassist has been occupied, over time, by both the other brother Joe Loeffler, and by their brother-in-law Dean Bernardini. Having faced the amenities, let's dedicate ourselves to the record, which I am really enjoying. I am not surprised that the two mention Helmet, Tool and Cure among their main influences: the record is composed of a robust, elaborate and modern hard rock tending to metal, which constantly keeps an eye on the catchy and airy melodies, but does not it never lets itself be tempted by cloying excesses or easy mainstream solutions. Pete's voice tends to high tones and even falsetto, but he manages not to annoy. The influence of Tool is strong but mixes with that of the best Muse (and the use of guitars, if you think about it, recalls that of Helmet; to finish with the influences mentioned, the Cure emerge in the spasmodic search for melody). In short, thirteen tracks for an abundant 50 minutes of pretty good music.