No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20060310

Colombia gen 06 - 43


Holiday in Colombia 27
31/1/2006 El amor no tiene precio

Il letto di bambù non è male, però scricchiola in modo assurdo ad ogni mio minimo movimento. Alcune cose che avevo dimenticato descrivendo la Casa di François: i due gattini, piccolissimi e giocherelloni, che quando montano sul tavolo, soprattutto quando c’è roba da mangiare in cerca di cibo, Jano respinge con una botta dell’indice caricato a molla col pollice corrispondente, dritta sul naso, si chiamano Lluvia (pioggia) e Viento (traduzione superflua). Il cane non ricordo come si chiama, ma quando tossisce sembra umano, così come il cavallo di Mariana. Prima ancora di uscire dalla mia camera, noto che anche Sara ha la tosse. Per finire il quadro, in mattinata realizzo che Mariana non si sente bene. In un’altra situazione mi sarei insospettito. Invece Jano è già al lavoro da un po’, esco con le palpebre ancora incollate insieme e lo vedo trasportare delle fascine. Mi rendo conto che ha un sorriso un po’ da matto. Le ragazze sono già sveglie, del resto dormono in tenda e non stanno larghissime. Facciamo colazione con quello che c’è, davvero poco, questa è una cosa della quale dovremo ricordarci prima di risalire, fare una buona spesa. Decidiamo cosa fare di questa bella giornata, e la scelta cade sulla visita al Parque arqueológico de San Agustín. Ci sono circa 5 chilometri di distanza, e naturalmente ce li facciamo a piedi; tra l’altro, il percorso è quasi tutto asfaltato, in leggera salita all’andata. La giornata, come detto, è ottima, quindi molto calda, il gruppetto ormai affiatato, quindi si va, dopo aver chiesto qualche sommaria indicazione. Camminiamo senza fretta, stiamo ancora lasciando il paese e ci fermiamo per strada, le ragazze mangiano due fette di dolce, io prendo una bottiglietta d’acqua. A metà circa del cammino ci ferma un tipo sorridente che ci offre un’escursione per i siti archeologici più lontani a cavallo. Le ragazze contrattano, ma non trovano l’accordo subito; il tipo dice a noi di pensarci sopra, Juli dice a lui di pensarci sopra e di abbassare l’offerta, ci vediamo al ritorno. La salita è abbastanza dolce, e arriviamo dopo poco; facciamo il biglietto ed entriamo, anche se ci mettiamo un po’ a staccarci di dosso un personaggio che insiste per farci da guida. Juli è un po’ seccata perché sulle guide le pare non ci siano abbastanza informazioni su questo parco; a me e a Andrea pare che non ci sia troppo da spiegare. Il parco è ben tenuto, ci sono percorsi ben definiti, prima di ogni resto c’è un cartello esplicativo, le tombe, i sarcofaghi, le statue, sono protette e ben visibili. Il tutto rientra in una zona dichiarata nel 1995 patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Dentro al parco, i luoghi di interesse archeologico sono denominati Las Mesitas, quattro spianate dove si trovano diverse tombe, statue e sarcofaghi, la Fuente de Lavapatas, un complesso roccioso che era in origine parte del letto del fiume che scorre lì di fianco, dove si trovano una grande quantità di incisioni raffiguranti figure classiche delle civiltà precolombiane, generalmente figure miste umano-animali (antropozoomorfe), e el Alto de Lavapatas, un complesso simile ad un altare con diverse statue, situato su un altipiano dominante la zona. C’è poi el Bosque de las Estatuas, un percorso situato tra l’ingresso, dove si trova anche un piccolo museo, e il parco, che si estende nel bosco e che dà modo di ammirare ben 35 statue di quel periodo, alcune veramente impressionanti. Ci facciamo tutto il giro del parco, con buon passo, ma soffermandoci nei luoghi con i ritrovamenti; la Fuente è piuttosto impressionante, e si può apprezzare grazie ad una lunga passerella costruitavi sopra, la salita verso el Alto è dura, ma c’è tutta una scalinata che ti accompagna nel cammino; in alto, complice la bellissima giornata, ci si riposa, si gode del panorama, si scherza, ci passa all’improvviso uno sciame d’api vicinissimo, ma fortunatamente o non si accorgono di noi, o hanno altro per la testa. Strano vederle “allo stato brado”, e non vicino ad un’apicoltura. Scendiamo, visti tutti i siti ci facciamo il giro del bosco delle statue, scherzando sulle strane figure rappresentatevi, poi visitiamo il piccolo museo. Fa veramente caldo. Ci sono pochissimi turisti, e i pochi sono colombiani. Ci riposiamo un poco all’ombra, all’uscita del museo, e ci rimettiamo in cammino per il ritorno. Allegria diffusa, chiacchiere a tutto campo. Ritroviamo il tipo dei cavalli, le posizioni rimangono le stesse, il tutto in estrema cortesia; ci consiglia un posto dove mangiare, economico e con porzioni abbondanti, dice di dirgli che ci manda lui, ci spiega come trovarlo, piuttosto semplice, basta proseguire dritto sulla strada che torna a San Agustín. Per i cavalli, chiederemo a Mariana e soprattutto a Jano, sicuro che ci troveranno qualcosa a meno. Allunghiamo il passo, perché sono tipo le tre del pomeriggio e ancora non abbiamo mangiato niente da stamattina, arriviamo in paese e troviamo immediatamente il Brahma, il posto consigliatoci (più tardi spulciando la Lonely Planet scoprirò che la consiglia anche lei), e verifichiamo che è tutto vero. Con 3000 pesos (poco più di un euro) si mangia e si beve con porzioni davvero generose. Una particolarità, che forse non ho ancora spiegato bene, è che, se ti va bene la bevuta che propone il posto dove mangi a prezzo fisso, di solito è un succo o una specie di thè, puoi berne anche un paio di bicchieri e non stanno a farti storie, mentre se prendi una birra o una bibita gassata la paghi extra. Le ragazze si strafogano (come si dice dalle mie parti, usando un classico francesismo), visto che la comida ejecutiva è, come detto, abbondante (piatto di fagioli, riso, carne, insalata, uovo, patate, più una entrada fatta da una zuppa), io mi mangio sandwich al formaggio (enorme) e patate fritte. Sbaglio a prendere una coca cola, perché il succo che portano compreso nel prezzo è buonissimo. Il Brahma è vuoto (magari è l’ora), arredato in maniera molto casalinga, e, particolare che mi colpisce, è aperto sul lato opposto all’entrata che dà sulla strada. Tramite scale si può accedere al piano superiore, un balcone interno porta a delle stanze, dove evidentemente vivono i gestori o proprietari. La sala dove ci sono i tavoli, invece, non ha niente sopra, è una specie di patio. E’ curioso da vedere, se ci pensate bene, almeno per noi. In giro ci sono una paio di bambine che sembrano fare i compiti. Dopo aver placato i morsi della fame, ci rilassiamo sempre con le gambe sotto al tavolo, e la nostra attenzione viene giocoforza attirata dalla televisione, sintonizzata su Canal Caracol, che il pomeriggio trasmette solo telenovelas. Quella che stiamo guardando adesso è El amor no tiene precio, ed è talmente ridicola da renderti dipendente. Ce la vediamo tutta, tentando di capire il passato, e per quello che non capiamo domandiamo alle bambine, tutte prese. Ci facciamo delle risate assurde.
Dopo praticamente un paio d’ore usciamo e andiamo nell’unico internet point del paese, il posto è carino, sembra un caffè, la connessione è lentissima ma il prezzo è irrisorio, e subito dopo facciamo una ricca spesa, al mercato fisso di San Agustín. Stasera cucino io, e vorrei fare una carbonara vera, con la pancetta (ovviamente non per me), ma nonostante rischi di vomitare dentro un paio di macellerie (l’odore della carne fresca di taglio, me ne accorgo ora, mi dà veramente la nausea), non riusciamo a trovarne. Mi arrangerò con altro, anche se non sarà la stessa cosa. Volevo fare un figurone, soprattutto con Mariana. Torniamo quindi lentamente verso l’hostel, affrontiamo la salita con tranquillità, tanto nessuno ci insegue. Appena arriviamo ci rendiamo conto che non sono ancora le 18, quindi per la doccia calda c’è da aspettare; e allora ci sediamo e parliamo, le ragazze cominciano col rito del mate, e poi c’è Jano che come da copione monopolizza la discussione. Oggi il tema si sposta sulla deriva ecologica, il surriscaldamento globale, il microclima della valle dove si trova San Agustín. Le ragazze cominciano a mangiare frutta, i dolci che hanno comprato per la colazione…sono delle vere fogne! Mi metto a giocare con Sara, che poi mi fa salire e mi mostra la sua cameretta, mi chiede di leggerle dei libri didattici, mi diverto, lei è dolcissima. Quando scendo, Jano sta già cucinando per lui, Mariana e Sara, mi spiega che Mariana non sta molto bene, questo mi dispiace, non posso mettere in mostra la mia arte culinaria. Loro tre si mettono a tavola, arroz y frijoles (riso e fagioli…non so cos’abbia Mariana, il riso può andar bene, ma i fagioli?) e a quel punto non mi rimane altro che mettermi al lavoro, per me, Andrea e Juli. Spaghetti con uova e cipolla, una variazione sul tema della carbonara senza pancetta. Lo so, niente di complesso, ma mi viene proprio bene, e ne sono orgoglioso. Le ragazze apprezzano, e la cena scivola lentamente nel dopocena pieno dei soliti discorsi, ai quali partecipa naturalmente Jano, ma solo fino ad un certo punto. E’ interessante quando ci spiega la sua teoria sui popoli precolombiani che hanno abitato questa zona: non ci sono insediamenti per vivere, ma qui ci venivano solo per morire. E’ un bel posto per morire, c’è energia, dice. Non so se credergli, ma la cosa mi affascina. Rimaniamo noi tre, e andiamo avanti fino a quando ci sembra tardissimo. Guardiamo un orologio (l’unica che ce l’ha è Andrea): sono le 22!! Domattina speriamo che Jano ci trovi dei cavalli a meno di quanto ci proponeva il tipo di oggi, in modo da fare un giro fino ai siti archeologici più lontani. La fine del viaggio si avvicina, e sento già che mi mancherà tutto questo, i monologhi di Jano, la Casa di François, il sorriso beffardo della mia compagna di viaggio che ha imparato quasi alla perfezione il boh italiano e il giochino, tipicamente toscano, del Puppa!
Abbiamo in tasca il passaggio per Bogotà, quindi ci facciamo i conti in tasca sia per non rimanere senza soldi, sia per non arrivare alla fine con troppi pesos colombiani. Domani è già febbraio.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

SEI PARTITO CONTRATTO, MA ADESSO QUESTI PEZZI HANNO RAGGIUNTO UNA SCORREVOLEZZA OTTIMA, COMPLIMENTI ALE

SCOPPE

jumbolo ha detto...

probabilmente era dovuto al dolore del distacco, all'improvviso ritorno alla realtà della fabbrica e alle facce di 'ulo che si vedono allo stadio :))

bobmanno ha detto...

vi siete sveLLiati tardi?

jumbolo ha detto...

no ci siamo alzati presto

Anonimo ha detto...

CONTRATTO GIOAVA NELLA FIORENTINA

lafolle ha detto...

e li davano tanti vaini?

lafolle ha detto...

e li davano tanti vaini?