No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.
20060802
la poesia del viaggio
Volevo andare al cinema stasera, ma poi mi sono attardato in pratiche autoerotiche. Che diamine, è o non è il blog della liberazione della sessualità?!?!
E, insomma, come al solito dopo una dura giornata di lavoro e una bella camminata con i Messaggeri della Dopa e i Tv On The Radio nelle orecchie, un po' di spesa, incontri di amici, cenetta, un minimo di tele, barba e capelli (a proposito: il baffo avanza lentamente; non è folto, ed è tricolore: castano, rossiccio e bianco), nonostante tutto ho un po' di cose che mi girano nella testa e non so da dove cominciare. In principio volevo scrivere del mio quotidiano preferito, ma lo farò un'altra volta. Volevo scrivere e romanzare una bella scopata fatta di recente, ma forse è meglio aspettare ancora un po', così aumenta la percentuale di bugia che ci metterò dentro. Poi volevo scrivere dell'immigrazione, ma lo farò tra le righe. Alla fine, questa sera mi concentrerò su un giornalista-scrittore che sta tornando sulla mia personalissima ribalta in questi giorni.
Si tratta di Paolo Rumiz, triestino, inviato prima per Il Piccolo di Trieste, poi per La Repubblica. L'ho conosciuto per caso, grazie ad un ex collega (grazie Luca, so che legge ogni tanto), che mi prestò un bel po' di tempo fa il libro Maschere per un massacro - Quello che non abbiamo voluto sapere sulla guerra in Jugoslavia. Il libro mi piacque moltissimo. Crudo, diretto, sosteneva una interessantissima teoria, che provo qui a semplificare: lo scoppio della guerra nella ex Jugoslavia fu "artificiale". L'odio etnico e tutte le motivazioni addotte dai media e dagli esperti fu fomentato ad arte da pochi potenti ai quali conveniva la guerra per arricchirsi e stabilirsi in posizioni di potere, chi da una parte, chi dall'altra. Mi lasciò stupefatto ma anche affascinato. Feci leggere un po' di tempo dopo questo libro ad un'amica croata che ha sposato un amico italiano, lei ne parlò anche con suo fratello che dopo un po' ebbi la fortuna di conoscere, un'altra persona splendida, ed entrambi convenirono che la teoria del libro aveva aperto loro nuovi scenari sui quali non avevano mai riflettuto, ma che potevano benissimo essere veri. Rumiz è da sempre conosciuto come esperto di Balcani, ma non solo. Andando avanti, dopo ancora un certo lasso di tempo lo ritrovo su Repubblica come inviato di guerra, ma anche come editorialista sul profondo nord. Scopro più tardi che è un appassionato viaggiatore, e questo mi conquista definitivamente: ci sono giorni in cui non riesco a leggere il giornale per niente, se non nei titoli, ma se c'è un pezzo di Rumiz faccio di tutto per leggere almeno quello.
La cosa eccezionale è che Rumiz non si accontenta di essere viaggiatore, ma sceglie ad arte le maniere più strane e ricercate di viaggiare. Il Danubio in barcone. Trieste-Istanbul in bicicletta. L'Italia in treno ma sulle tratte secondarie fino ad accumulare 7480 km, gli stessi della Transiberiana dagli Urali a Vladivostok. Dalla Croazia alla Liguria percorrendo le Alpi. In barca a vela come la Serenissima da Venezia a Lepanto. Da Torino a Gerusalemme in una sorta di percorso a ritroso, dalla Sindone al Sepolcro.
Tre giorni fa, a sorpresa, sempre su Repubblica, il nuovo viaggio: da Savona a Capo Sud percorrendo tutto l'appennino italiano a bordo di una Topolino del 1953. Fantastico. Tralascio il fatto che spesso lo accompagnano personaggi quantomeno importanti, quali Marco Paolini, Altan, Moni Ovadia, non nego che quando scrivo dei miei viaggi un po' mi ispiro a lui, vi invito a leggere sia i suoi articoli che i suoi libri, e per darvi un'idea vi riporto un paio di spezzoni di questo ultimo viaggio (siamo al terzo giorno).
La giornata dei briganti, disertori, sbandati stupratori di femmine, comincia alle Capanne di Còsola, valico in capo al mondo a quota 1493, dopo una salita da bestie, col mulo meccanico surriscaldato, un birrino e una strana locanda dal bancone in Emilia, i tavoli in Piemonte e la terrazza in Lombardia.
Poveracci, non facevano soldi, puzzavano, la gente gli rovesciava pitali di piscio dalle finestre, dormivano vicino alla bestia ed erano pieni di pidocchi (...) ce n'era anche uno che andava a far ballare la scimmia (...) Dio quanta fame c'era, quanto fatica, quanto lavoro dei nostri emigranti...Siamo partiti così giovani che non abbiamo fatto in tempo a fare i partigiani. Nel '43 eravamo già inglesi, americani, sbarcavamo in Normandia...Alcuni finirono a El Alamein a sparare contro i compaesani, per la guerra voluta da un idiota...Mi fa male ricordare, ho il cuore debole...E poi sa, mi fanno tenerezza 'ste rumene, 'ste ucraine che vengono qui, magari sono laureate e puliscono il culo a noi vecchi...Basta prendersela con i forestieri! Dicono che sono ladri...ma noi cosa eravamo? Sa quanti imbroglioni abbiamo in Italia? Chi se la prende con gli immigrati non ha memoria.
Che dire? Leggere per capire. Grazie Paolo.
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1 commento:
è cazzuto questo giornalistascrittore,
ho letto maschere per un genocidio
sulla guerra dell'ex-jugoslavia.
consigliato, machetelodicoaffà?
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