No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20070130

blood money


Blood Diamond – di Edward Zwick 2007

Giudizio sintetico: si può vedere


Sierra Leone 1999, Solomon Vandy fa il pescatore, e suo figlio Dia ogni giorno si sveglia all’alba, attraversa il lago dove Solomon pesca, e va a scuola. Solomon è convinto che Dia, da grande, diventerà medico, e aiuterà tutto il suo paese a crescere e a dimenticare il terrore, le ingiustizie, la fame e la guerra. Non sarà così facile.
I ribelli, che catturano gli uomini per setacciare i fiumi in cerca di diamanti, i ragazzi per addestrarli e drogarli, creando così un esercito spietato e in continua crescita per combattere le forze governative, tagliando mani e braccia a chi non reputino all’altezza, fanno prigionieri sia Dia che Solomon. Prima Solomon, costretto a lavorare dall’alba al tramonto in cerca di diamanti che verranno usati “per la causa” (leggi: commercio di armi), in seguito Dia, che nel frattempo fa quel che può con la madre e le sorelline, fuggendo di continuo.
Solomon però trova un diamante rosa enorme, e riesce a nasconderlo, poi, per una serie di coincidenze, viene “scoperto” da Danny Archer, un trafficante di diamanti “insanguinati”, ex mercenario, nato in Zimbabwe (ex Rhodesia), sempre alla ricerca dell’affare. Si metterà in mezzo Maddy Bowen, una giornalista idealista che (magicamente) si innamora del losco Danny, il tutto nel mezzo di una escalation del conflitto interno sempre più violenta e devastante.

Difficile davvero giudicare male un film così. Zwick è un vecchio (si fa per dire, 55 anni) volpone (Vento di passioni, L’ultimo Samurai), con una discreta dimestichezza verso gli Oscar (Glory), attento agli afro-americani da sempre (sempre Glory, con Denzel Washington Oscar per miglior attore non protagonista, 1989), e crea un caso, raccontando lo scempio della Sierra Leone del 1999, dei bambini-soldato, delle mutilazioni, dei diamanti insanguinati, firmando un atto di accusa piuttosto preciso, meticoloso e documentato (grazie alla consulenza preziosissima di Sorious Samura, autore del documentario Cry Freetown), camuffando un po’ i nomi ma andando dritto al punto; si sono mossi nell’ordine la Commissione Europea (inasprendo la procedura che obbliga i paesi esportatori di diamanti a certificarne la provenienza), il World Diamond Council che ha lanciato una campagna di “tranquillizzazione” dei clienti, il World Food Program che ha ingaggiato la Connelly e Hounsou per uno spot di una nuova campagna di sensibilizzazione verso il problema della fame in Africa (spot che vedrete prima del film).

Tra l’altro, il film è molto ben fatto, spettacolare, a tratti mozzafiato (in questo è aiutato dall’ambientazione, l’Africa è così di suo), girato con evidenti mezzi sopraffini, ottima tecnica e recitazioni all’altezza (ci sarebbe da discutere ore sulla candidatura all’Oscar come miglior protagonista di DiCaprio, e sulla ormai conclamata plastificazione della Connelly, ma preferiamo tirare avanti e dire che Hounsou è straordinariamente magnetico, oltre che statuario come al solito), e parte decisamente bene, mantenendo un buon ritmo fino alla metà (è decisamente troppo lungo), risultando fortemente crudo (vedrete molte persone portarsi le mani sugli occhi a causa delle atrocità mostrate) e davvero esplicito nel denunciare tutte le possibili nefandezze che, se siete anche solo un po’ informati, conoscerete o immaginerete già.

Purtroppo, la perenne tentazione tutta statunitense di sbattere in ogni storia un’amore, un sogno spezzato, un cuore infranto, rischia seriamente di far cadere il castello di carta faticosamente costruito dal regista. Lascio però a voi il giudizio, non tutti potrebbero uscire infastiditi (è stato il mio caso) da questo particolare, che si trascina fastidiosamente fino alla fine.

Vi invito quindi a dare un’occhiata a questo film, se vi va, ma non dite che non vi avevo avvertiti.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

L'ho visto sabato - e mi torna ogni parola della tua lucida recensione; con mia moglie si discuteva infatti, amaramente, della necessità oggi ineludibile di spettacolarizzare e 'romanticizzare' le cose per far si che il messaggio più profondo faccia presa sul pubblico (tanto per fare un paragone, Hotel Rwanda ci sembrava fatto meglio, ma probabilmente questo avrà maggior successo di pubblico, e maggiori effetti pratici come fai notare)

Beh, nota semiseria per concludere... Jennifer pur plastificata è sempre intrigantemente bella.... no?

jumbolo ha detto...

concordo con te su hotel rwanda e sul resto. Jennifer non so, questa volta mi ha fatto una strana impressione. E' sempre molto molto bella, ma stavolta non mi arrapava. Magari sono in andropausa.

Matteo ha detto...

Come si dice da noi quando si gioca a carte: "a me me sai".
;)