Joss Stone, Lucca, Piazza Napoleone (Summer festival), 20/7/2007
In fondo, perchè no? A Lucca si va in un'ora, e i concerti iniziano quasi in orario, l'inglesina è brava, i dischi non sono granché, ma non avendola mai vista, è un buon diversivo dell'ultimo momento per un venerdì sera improvvisamente scarico di impegni. Quindi, eccomi qui, fatto il biglietto sul momento, con un risparmio secco di 3-4 euro rispetto alla prevendita, tanto non vuoi mica che faccia il pienone, che mi avvio all'ingresso. Mi ferma una coppia di inglesi e mi chiede cosa succede, vedendo le transenne che impediscono l'ingresso alla piazza (domandandomi se parlo inglese, mi schermisco con un just a little, dopodiché rispondo semplice, e loro dopo un ah! mi augurano buon concerto). Dentro, pubblico giovane sotto il palco, adulto nelle retrovie. Fa un caldo torrido, e mi posiziono a distanza di sicurezza da chiunque. Le cronache parlano di 2500 persone, e più o meno posso concordare.
Si parte con una ventina di minuti di ritardo, la band (due tastieristi, due coriste, batteria, basso, chitarra, tromba e sax) introduce l'artista su note classiche, ed ecco la piccola (per modo di dire) Joss. E' scalza, as usual, indossa un vestitino celeste chiaro sopra al ginocchio, niente scollatura (né davanti, né dietro), i capelli sono lisci ed hanno sono riflessi fulvi. E' molto carina, pur se conserva la faccia leggermente paffuta e il ginocchio robusto. E' truccata sopra gli occhi, inclusi brillantini.
Mi attardo nella descrizione della persona, perchè sulla musica c'è pochino da dire. Arriviamo quindi dritti alle conclusioni. Il concerto dura un'ora e cinque minuti, un bis da una canzone compreso. Joss è timida come front-woman quanto è potente nella voce, un raro caso nel quale le coriste, due nere sovrappeso e simpaticissime, si vede dal sorriso, servono solo per fare il lavoro per il quale hanno questo nome: coriste. Quanti casi ricordo di artisti, vocalist, che alla prova del nove fanno fare il lavoro sporco ai coristi, appunto. Qui non è aria.
Band impeccabile, e anche un po' ingessata, onestissimi session man visibilmente esperti e navigati. La voce, dicevamo. E pensare che nelle poche frasi che dice tra un pezzo e l'altro, sembra fioca. Forse risparmia la voce, o forse no. Beve più volte una tisana da una tazzina.
Il problema sono le canzoni. Lo stile è soul, e dalla sua carriera si capisce che, pur essendo l'antitesi (bianca e inglese) di quello che, nell'immaginario collettivo è il soul, lei ce lo ha dentro. Ma, per assurdo, il suo miglior disco rimane il primo The Soul Sessions del 2003, quando aveva solo 16 anni, proprio perchè fatto interamente di cover. Se non sbaglio, stasera esegue solo Super Duper Love (Are You Diggin' On Me?), che difatti risulterà tra le migliori forse insieme a Right To be Wrong, dal secondo lavoro Mind, Body And Soul.
Cover, dicevamo. Cover di pezzi nemmeno troppo famosi, ma che si prestavano alla perfezione per definire la sensibilità dell'artista, mentre al contrario, nel percorso che segue, si è persa un po' alla ricerca di un cambiamento (magari è quello del quale parla Vinnie Jones nell'intro dell'ultimo Introducing Joss Stone), cambiamento che non ha migliorato (forse al contrario) la credibilità della Stone. E dal vivo si nota. Ed è un peccato, perchè i mezzi ci sono alla grande.
Manca perfino l'unico pezzo degno di nota dall'ultimo album, quella Arms Of My Baby che, a mio avviso, sarebbe capace di infiammare un pubblico meno ingessato (tra la band e il pubblico, quindi, sembrava di stare in ortopedia).
La chiazza di sudore sulla schiena della bimba, verso la fine del concerto, fa tenerezza come lei, nel suo complesso. Ha 20 anni, una discreta classe anche nelle movenze, una gran voce come detto, e quindi ha potenziale e tanto tempo davanti a se.
Per il discorso dei pezzi, del soul, non appena risponderà al mio invito a cena, magari glielo spiego io.
C'è di buono che alle 23 la piazza si svuota. Martedì prossimo ci sarà Lauryn Hill, e magari chi ci sarà avrà modo di rendersi conto di una certa differenza.
In fondo, perchè no? A Lucca si va in un'ora, e i concerti iniziano quasi in orario, l'inglesina è brava, i dischi non sono granché, ma non avendola mai vista, è un buon diversivo dell'ultimo momento per un venerdì sera improvvisamente scarico di impegni. Quindi, eccomi qui, fatto il biglietto sul momento, con un risparmio secco di 3-4 euro rispetto alla prevendita, tanto non vuoi mica che faccia il pienone, che mi avvio all'ingresso. Mi ferma una coppia di inglesi e mi chiede cosa succede, vedendo le transenne che impediscono l'ingresso alla piazza (domandandomi se parlo inglese, mi schermisco con un just a little, dopodiché rispondo semplice, e loro dopo un ah! mi augurano buon concerto). Dentro, pubblico giovane sotto il palco, adulto nelle retrovie. Fa un caldo torrido, e mi posiziono a distanza di sicurezza da chiunque. Le cronache parlano di 2500 persone, e più o meno posso concordare.
Si parte con una ventina di minuti di ritardo, la band (due tastieristi, due coriste, batteria, basso, chitarra, tromba e sax) introduce l'artista su note classiche, ed ecco la piccola (per modo di dire) Joss. E' scalza, as usual, indossa un vestitino celeste chiaro sopra al ginocchio, niente scollatura (né davanti, né dietro), i capelli sono lisci ed hanno sono riflessi fulvi. E' molto carina, pur se conserva la faccia leggermente paffuta e il ginocchio robusto. E' truccata sopra gli occhi, inclusi brillantini.
Mi attardo nella descrizione della persona, perchè sulla musica c'è pochino da dire. Arriviamo quindi dritti alle conclusioni. Il concerto dura un'ora e cinque minuti, un bis da una canzone compreso. Joss è timida come front-woman quanto è potente nella voce, un raro caso nel quale le coriste, due nere sovrappeso e simpaticissime, si vede dal sorriso, servono solo per fare il lavoro per il quale hanno questo nome: coriste. Quanti casi ricordo di artisti, vocalist, che alla prova del nove fanno fare il lavoro sporco ai coristi, appunto. Qui non è aria.
Band impeccabile, e anche un po' ingessata, onestissimi session man visibilmente esperti e navigati. La voce, dicevamo. E pensare che nelle poche frasi che dice tra un pezzo e l'altro, sembra fioca. Forse risparmia la voce, o forse no. Beve più volte una tisana da una tazzina.
Il problema sono le canzoni. Lo stile è soul, e dalla sua carriera si capisce che, pur essendo l'antitesi (bianca e inglese) di quello che, nell'immaginario collettivo è il soul, lei ce lo ha dentro. Ma, per assurdo, il suo miglior disco rimane il primo The Soul Sessions del 2003, quando aveva solo 16 anni, proprio perchè fatto interamente di cover. Se non sbaglio, stasera esegue solo Super Duper Love (Are You Diggin' On Me?), che difatti risulterà tra le migliori forse insieme a Right To be Wrong, dal secondo lavoro Mind, Body And Soul.
Cover, dicevamo. Cover di pezzi nemmeno troppo famosi, ma che si prestavano alla perfezione per definire la sensibilità dell'artista, mentre al contrario, nel percorso che segue, si è persa un po' alla ricerca di un cambiamento (magari è quello del quale parla Vinnie Jones nell'intro dell'ultimo Introducing Joss Stone), cambiamento che non ha migliorato (forse al contrario) la credibilità della Stone. E dal vivo si nota. Ed è un peccato, perchè i mezzi ci sono alla grande.
Manca perfino l'unico pezzo degno di nota dall'ultimo album, quella Arms Of My Baby che, a mio avviso, sarebbe capace di infiammare un pubblico meno ingessato (tra la band e il pubblico, quindi, sembrava di stare in ortopedia).
La chiazza di sudore sulla schiena della bimba, verso la fine del concerto, fa tenerezza come lei, nel suo complesso. Ha 20 anni, una discreta classe anche nelle movenze, una gran voce come detto, e quindi ha potenziale e tanto tempo davanti a se.
Per il discorso dei pezzi, del soul, non appena risponderà al mio invito a cena, magari glielo spiego io.
C'è di buono che alle 23 la piazza si svuota. Martedì prossimo ci sarà Lauryn Hill, e magari chi ci sarà avrà modo di rendersi conto di una certa differenza.
1 commento:
Bbona, brava... speriamo che non si bruci continuando a sfornare dischi mediocri.
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