No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20081215

Un conte de Noël


Racconto di Natale – di Arnaud Desplechin 2008

Giudizio sintetico: si può perdere

Abel e Junon Vuillard hanno due figli, Joseph ed Elizabeth, ma il maggiore, Joseph, sviluppa una rarissima malattia che richiede un trapianto di midollo osseo. Essendo tutti incompatibili, i due decidono di concepire un altro figlio nella speranza che sia compatibile e di poter salvare Joseph. Henri, il terzogenito, nasce mentre Joseph muore. Nonostante il lutto inconsolabile, dopo qualche anno nasce anche Ivan, ma la famiglia tutta è traumatizzata dall’evento luttuoso. I figli crescono, i genitori invecchiano. Elizabeth diventa un’affermata autrice di teatro, sposata con un figlio adolescente con problemi nervosi, Henri uno strano tipo d’artista che però ha le mani bucate, donnaiolo, giocatore e ubriacone, Ivan sposa l’amica d’infanzia Sylvia e ha due bambini. Elizabeth soccorre Henri in bancarotta ma esige, per questo soccorso, di non avere più rapporti con lui. Henri si isola, ma il cugino Simon tiene vivi i rapporti con tutti. Mentre si avvicina il Natale, Junon scopre di avere una malattia simile a quella del povero Joseph: il linfoma di Burkitt. Anche per lei, l’unica speranza è il trapianto di midollo. La malattia, quindi, riunisce la famiglia, che si sottopone globalmente al test di compatibilità, e si ritrova, nonostante i vecchi veti, tutta sotto lo stesso tetto, la vecchia casa di Roubaix.

Desplechin, pressoché sconosciuto in Italia (non avevo visto il suo precedente I Re e la Regina, unico suo film arrivato da noi), probabilmente continuerà ad esserlo. Cast lussuoso (Deneuve, Roussillon, Amalric, Devos, Mastroianni – Chiara, curiosamente qui in scena con la madre, interpretando però la nuora -) per un film di chiara ispirazione teatrale, sembra avere l’intenzione di fare un film corale che esplora i rapporti familiari, ma lo infarcisce di stereotipi e probabilmente viene costretto a tenere a bada troppe stelle. Tanto per dirne una, perché si dà per scontato che il figlio concepito solo per salvare il primogenito debba per forza odiare la madre? Ma questo è niente.
Attori che guardano in macchina e le si rivolgono, capitoli intitolati che iniziano con quadretti d’epoca, inizio farraginoso e svolgimento tutto sommato sopportabile perché inframezzato da gag abbastanza divertenti, durata chilometrica (due ore e mezzo!) e discrete prove degli attori sono gli elementi di un film che di sicuro non lascerà il segno nella storia.
A teatro potrebbe funzionare, sullo schermo, a mio parere, proprio no.

Nessun commento: