Il capitale umano - di Paolo Virzì (2014)
Giudizio sintetico: da vedere (3,5/5)
Brianza, Italia. Una notte, dopo una sorta di festa ricca di libagioni in un ristorante, un cameriere torna a casa in bicicletta. Un SUV, procedendo un po' troppo forte su una strada un po' troppo stretta, lo tocca. Il ciclista-cameriere finisce fuori strada con un volo, il SUV non si ferma. Il ciclista è lontano dalla vista, nessuno, apparentemente, lo soccorre. Comincia la storia.
Dino Ossola è un immobiliarista, apparentemente agiato. La figlia Serena è fidanzata con Massimiliano, figlio di Giovanni Bernaschi e della di lui moglie Carla, ex aspirante attrice. Bernaschi è un finanziere molto ricco, un uomo che maneggia grossi capitali, e che sta promuovendo un fondo che promette, anche in tempo di crisi, guadagni del 30, 40% annui. Dino, accompagnando la figlia a villa Bernaschi, sfacciatamente si fa ingaggiare per il doppio di tennis dal Giovanni: buon tennista, Dino entra nelle grazie di Giovanni, almeno, così pensa. Proseguendo con la sfacciataggine, dopo la vittoriosa partita a tennis gli chiede lumi sul magico fondo finanziario, dichiarandosi fortemente interessato. E Giovanni, con sufficienza, si "concede". In pochissimo tempo, Dino si fa concedere 700mila euro per "entrare" nel fondo magico. Poco a poco, scopriamo che Dino è sull'orlo del fallimento. La cosa non lo ferma, anzi, è decisissimo ad investire tutto il prestito. E se le cose andassero male? Infatti...
Ma si, magari, come vi ripeto sempre, sono di parte perché Virzì è livornese e non solo una volta l'ho fatto ridere con una battuta su Inzaghi (era vicino a me allo stadio; a Livorno eh, non a Milano), ma ha fatto in modo nientemeno che Daniel Auteuil venisse al Picchi a vedere il Livorno (erano i tempi di N Io e Napoleone). Però, devo dirvi onestamente che alla fine de Il capitale umano ho pensato che potesse essere il suo miglior film. Poi, si sa, bisogna pure riflettere, e ascoltare altri punti di vista. E non sto parlando delle solite inutili polemiche provincialotte scatenate da leghisti e brianzoli feriti; sto parlando di critiche serie ed articolate, come alcune recensioni negative (poche, c'è da dire), che sottolineavano la "freddezza" del film, e della solita breve ma fulminante disamina di Dantès, che schematizza perfettamente sia le cose che mi son molto piaciute, sia quelle che ritengo discutibili ma che non riuscivo a mettere a fuoco perfettamente.
A rischio di ripetere quel che vi ho linkato poco fa, costruzione mirabile, fotografia e sonoro sorprendentemente buoni (e badate che ancora in Italia queste cose non sono così scontate), attori in stato di grazia e pure una bella scoperta (sarà perché è proprio figa, ma Matilde Gioli nei panni di Serena mi è parsa discretamente brava). La freddezza che qualcuno ha imputato al film me lo ha fatto paragonare a certi bei film francesi, di quelli profondamente critici verso la società odierna, caustici fino al midollo. Ed ecco perché il finale, un po' così, è come se ti svegliasse da un bel sogno, di quelli belli perché stai vedendo un film cattivo fino in fondo. E però, Il capitale umano mi ha pure ricordato quei (bei) film con Alberto Sordi che ti facevano ridere ma cominciavano a farti capire quanto noi italiani fossimo un popolo di merda. Perché, adesso che sono anziano lo posso dire con una certa tranquillità, realizzare ed ammettere che siamo un popolo di merda non è anti-italiano: al contrario.
Altro appunto mosso al film che mi è capitato di leggere, il "disinteresse" verso la figura del cameriere-ciclista; ci sta, ma perché non pensare invece che anche questa cosa faccia parte del "disegno" caustico del regista, anche co-sceneggiatore?
Per chi vivesse isolato, il cast: Fabrizio Gifuni (Giovanni Bernaschi), Fabrizio Bentivoglio (Dino Ossola), Valeria Golino (Roberta), Valeria Bruni Tedeschi (Carla), Luigi Lo Cascio (Donato), Bebo Storti (l'ispettore), Gigio Alberti (Giampi). Tutti in parte, nessuno sopra le righe nonostante alcune parti fossero "a rischio".
Tratto dal libro omonimo di Stephen Amidon (che naturalmente non ho letto e non avevo mai sentito nominare), Il capitale umano segna un altro bersaglio centrato per Paolo Virzì, a mio giudizio. Che la perfezione non ci sia (ancora), è un po', in questo caso (visto che son di parte), come quando mi dico che andare in un luogo lontano e lasciarsi qualcosa di non visto ti può sempre spingere a tornare: c'è ancora tempo per il capolavoro di Virzì. Io ci credo.
3 commenti:
no, eh, va beh... arrossisco
vabbè dai. che tu vada ai festival come imbucato o per mestiere, nemmeno lo voglio sapere. la passione c'è: il dono della sintesi, cosa che io credevo di avere ma già da un po' metto in questione (quando scrivo i post metto in pausa la sintesi, mi piace quando son lunghi), è innegabile.
come detto, non odio nessuno: ma se qualcuno lo stimo per ciò che scrive lo dico.
:)
vado
Bello. Mi è piaciuto molto.
Miki
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