Il passato - di Asghar Farhadi (2013)
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Francia. Marie, ancora giovane e bella, sta aspettando qualcuno all'aeroporto. E' il quasi ex marito Ahmad, e sta arrivando dall'Iran. Mentre Marie e Ahmad guidano verso casa, la casa che è stata di entrambi per un tempo, scopriamo quasi tutto quello che c'è da sapere su questo re-incontro. Quasi. La presenza di Ahmad è necessaria per le firme che certificheranno il loro divorzio; Marie si vuole risposare, con il giovane Samir, proprietario di una lavanderia (e anche lui chiaramente figlio di immigrati). A casa, dove Marie intende ospitare Ahmad (lei dice perché fino all'ultimo momento non era sicura che lui venisse, aveva già rimandato all'ultimo momento una volta, lui invece insiste che dovrebbe andare in albergo), ci sono due bambini. Léa, figlia di Marie, e Fouad, figlio di Samir e della di lui moglie che, scopriamo poco a poco, è in coma all'ospedale dopo un tentato suicidio. Marie, però, approfitta della presenza del (quasi) ex marito per parlargli di Lucie, la (di lei) primogenita, che ultimamente le sta dando un sacco di problemi. Pur non essendone il padre, Ahmad pare capirla meglio di lei. Fouad che fa le bizze, Samir che rientra a casa, Lucie che non si trova con Samir, il passato, le bugie, i retroscena, che vengono alla luce man mano, rendono l'intera situazione complicatissima, oltre che imbarazzante.
Sarò sincero: tra tutti i film sui quali ero "rimasto indietro", usciti nel 2013, questo era uno di quelli su cui puntavo di più, visto che i due film precedenti per questo regista iraniano erano stati di quelli che ti lasciano a bocca aperta alla fine (sto parlando, per chi non lo sapesse, di About Elly e di Una separazione). Ed ecco perché probabilmente ne parlerò peggio di quanto si meriterebbe. Il passato, girato con quel solito minimalismo che tanto mi (e forse ci) piace, che mette insieme un cast importante, non fosse altro che per la meravigliosa Bérénice Bejo (Marie), l'anno scorso in The Artist e qui probabilmente ancor più brava e, da un certo punto in poi, perfino odiosa (il regista inizialmente voleva Marion Cotillard), e per Tahar Rahim (Samir), l'eccezionale protagonista de Il profeta, è un film che quasi naturalmente sfoggia la "tattica" di Farhadi, quella dello svelamento della verità un poco alla volta, ma, spiace dirlo, stavolta di verità ce n'è talmente tanta che ad un certo punto, questa, assieme al film, si avvita su se stessa, finendo per mettere da parte i drammi (anche qui, forse troppi) dei protagonisti, e lasciando l'amaro in bocca. Non è assolutamente un brutto film, ma come spesso mi accade, quando "credo" in un regista, tra l'altro molto molto bravo anche come sceneggiatore, punto sempre più in alto.
A giudicare da quello che si è letto in giro, sono l'unico al quale non è piaciuto il film, e sarebbe per me troppo facile bullarmi del fatto che è stato escluso dalla cinquina Oscar per il Best Foreign Language Film, dato anche che nella cinquina è stato inserito La grande bellezza, altro film che non mi ha certo convinto fino in fondo, ma del quale capisco il fascino esercitato sulla visione hollywoodiana del cinema. Vi invito solamente a vedervi Il passato, e nel caso non lo aveste fatto, a guardarvi gli altri due film diretti da Farhadi citati prima (ne ha fatti altri, prima, ma non li ho visti), così alla fine giudicherete voi.
Nel cast anche Sabrina Ouazani (Naima), già in La schivata, Uomini di dio e La sorgente dell'amore, il misurato Ali Mosaffa (Ahmad), attore iraniano, Babak Karimi (Shahryar), attore attivo anche in Italia, la giovane ma già molto promettente Pauline Burlet (Lucie), che aveva interpretato Edith Piaf decenne in La vie en rose. Molto bravi anche i due piccoli, Elyes Aguis (Fouad) e Jeanne Jestin (Léa).
1 commento:
mi manca, devo recuperarlo
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