Transit Town*
E insomma, si arriva a Southampton, l'aereo è discretamente vuoto, il cielo è sgombro ma si vede che è piovuto abbastanza. Freddo accettabile. All'imbarco a Parigi, una signora mi ha chiesto il passaporto oltre alla carta d'identità, giusto dopo aver dato un'occhiata alla foto lì sopra: poi si scusa e mi dice che sta facendo il suo lavoro, la prendo con filosofia, in effetti nelle foto non sembro proprio un tipetto raccomandabile. memore di ciò, al controllo passaporti inglese preparo entrambi i documenti. L'atmosfera è, più che british, severa. Cartelli vari, da osservare in coda, avvisano che addirittura non sono ammessi telefoni cellulari al controllo (una forma di educazione, credo, e fanno proprio bene). Mi tocca una pacioccona inglese: mi presento con i due documenti e le chiedo quale preferisce, raccontandole brevemente il fatto di Parigi (ma al ritorno saprò che avevano fermato due donne con esplosivi sul suolo inglese); la simpatica inglesona mi spiega che naturalmente è accettata la carta d'identità, ma preferiscono il passaporto perché contiene più dati e a loro basta un passaggio allo scanner per incamerarli. Ringrazio e saluto: eccomi, perfida Albione. Non trovo gli amici, all'uscita del minuscolo scalo. Chiamo: sono in ritardo, mi spiegano dove avviarmi. Neppure 10 minuti e ci siamo: dopo aver tirato indietro l'orologio di un'ora, non sono ancora le 22. Si mangia, mentre il bimbo viene messo a letto vestito, si è addormentato in auto. Il quartiere dove hanno comprato casa è vicinissimo al loro luogo di lavoro, vicino al mare: non per niente si chiama Ocean Village, non lontano dal relativamente nuovo St. Mary's Stadium. La casa è spoglia, anche se a me piace, ma funzionale.Si beve e si fanno due chiacchiere, poi la stanchezza prende il sopravvento.
Mi sveglio il sabato mattina molto tardi per i miei standard. Dopo colazione e toilette, usciamo per un giro sulla marina. Paolo mi illustra i dintorni, anche quelli lontani ma visibili, il golfo, la New Forest proprio di fronte, al di là di uno dei due estuari (Southampton è situata esattamente nel cuneo di terra tra le foci del fiume Test e dell'Itchen, che si uniscono nel Southampton Water, che poi a sua volta si getta nel Solent), la raffineria di Fawley, e poco più in là pure la centrale elettrica. Non il massimo del panorama, ma di certo l'impressione è che non manchino le opportunità di lavoro. Mentre guardiamo dall'esterno il cinema d'essai della zona, che ovviamente è ancora chiuso, Paolo si accorge che sta passando una famigliola italiana, commenta a voce alta e si fa conoscenza. La coppia ha due gemelli di pochi mesi, anche loro residenti a Southampton, si scambiano gli indirizzi e-mail perché insieme ad altre famiglie di emigrati italiani o "miste", organizzano ogni domenica pomeriggio una cosa che interessa Paolo: si ritrovano in un locale messo a disposizione dal comune per far parlare i figli in italiano, e conservare il bilinguismo. In maniera leggermente diversa, ma ugualmente toccante in qualche modo, mi sembra di rivivere quella sensazione che vi raccontai la prima volta che andai in Argentina: c'è più orgoglio nazionale negli italiani all'estero, seppur coscienti di non poter tornare, che in quelli rimasti in patria. Si torna a casa passeggiando e soffrendo il vento freddo, e ci si prepara ad uscire di nuovo per pranzo: si va al The Cowherds, un pub/ristorante classico inglese, piuttosto famoso, situato giusto all'inizio del parco cittadino (Southampton common). Come posso evitare di farmi birra e fish & chips? No way, e quindi via di gusto, tra antipasto misto e dolce finale. La cucina è gustosa e diversa, salse di tutti i tipi che a volte potrebbero far storcere la bocca ai cultori, ma come dico sempre è inutile andarsi a cercare lo spaghetto all'estero. Quel che è vero è che il pasto è tutto fuorché leggero, e meno male che ci facciamo una lunga passeggiata all'interno del parco, verdissimo, pieno di sentieri asfaltati e laghetti, persone che fanno jogging e famiglie con bambini che giocano, incuranti della giornata tutto sommato grigia e umida. Si parla di lavoro, e della scelta di Paolo e MP per la scuola del figlio, che in settembre, a quattro anni, comincerà appunto la scuola (in UK è così). Visto che l'avevo citato (c'è la foto sulla scheda Wikipedia della città), e che ci sono da fare alcune spese, decidiamo di fare gli inglesi medi e di andare al WestQuay (pronuncia uestchi), il mega-centro commerciale di Southampton. Paolo mi fa riflettere sul fatto che, almeno qui in UK, quasi tutti i giganteschi mall sono stati impiantati nei centri delle città, mentre da noi li abbiamo fatti tutti in periferia, ottenendo l'effetto di svuotare completamente i centri storici o comunque cittadini. Il traffico del centro e delle urgenze ci convincono ad effettuare un cambio di strategia: ci dirigiamo al NOC, come detto ieri, il luogo di lavoro di Paolo e MP. Quasi deserto, ma non proprio: salutiamo un giovane collega/dottorando, un francese molto trendy-alternative, mentre ci facciamo un caffè nella sala ricreazione arriva una dottoranda sulla quale avrei scritto una tesi, in cerca di acqua calda per il caffè lungo. Visitiamo l'ufficio di Paolo, dopo di che i bagni, poi tutto l'edificio, completo di sala festeggiamenti (priceless il soffitto in polistirolo dove, ad ogni ammaccatura di tappo di champagne relativo, viene scritto il nome dell'ex studente, adesso dottore), palestra, mensa con vista docks e splendida vetrata. Noto su una bacheca un planisfero e quattro itinerari di crociere di studio. Manifesto il mio interesse per quella che va, se non ho visto male, dalle Falkland all'Antartide e quella dall'Inghilterra che tocca Islanda, Groenlandia e Labrador. Paolo e MP mi scoraggiano, ma tornerò alla carica a breve; e poi, le fanno tutti gli anni, per monitorare cose importanti quali i passaggi delle correnti e l'influenza dello scioglimento del ghiaccio della Groenlandia dentro l'acqua dell'Oceano Atlantico. Se pensate che mi faccia scoraggiare da un semplice "ti potrebbe toccare il turno di notte, e ogni notte devi accendere un apparecchio", non ci siamo spiegati bene. Insomma: thumbs up per il NOC di Southampton. Tutto ok, e via per il WestQuay, prevedibile ma visto che ci siamo, perché no. Gioventù inglese e famiglie, shop dei Saints e marche importanti. Ripenso anche alla prima impressione che ho avuto all'aeroporto di Orly ieri: certo che i razzisti che si lamentano dei "colori" dei "diversi" in Italia non hanno proprio idea del "panorama" di Francia e UK. Ma è una battaglia persa: non riuscirò mai a capire cosa passa nella testa di un razzista. Facciamo una certa, e siccome gli amici hanno programmato di farmi provare tutto quello che c'è da provare nel panorama culinario, si passa dal Coriander Lounge (uno dei migliori ristoranti indiani) a prenotare il take away per la cena. Il ristorante si capisce che è buono: sono più o meno le 18 ed è pieno zeppo, tutto riservato, esaurito.
Facciamo un passo indietro. Southampton ha un passato romano. Sono visibili, nella zona del centro, ancora dei tratti delle mura.
EDIT: Come correttamente mi fanno notare (The scientist, non per niente), le mura non sono romane, ma Wikipedia, che non è la Bibbia, ricordiamolo, riporta che alcuni scavi fanno risalire tratti di vecchie mura al 280/290 DC. Ad onor di verità e di logica, le mura visibili oggi, si sono presumibilmente cominciate ad erigere tra il secolo 9 ed il 10, in epoca medievale, e terminate dopo il 1400.
Una delle vie principali della città è High Street, che diventa totalmente pedonale nei pressi di una antica porta chiamata Bargate (nella zona pedonale si trova il WestQuay, ricavato tra l'altro da una vecchia fabbrica Pirelli). Lungo High Street, mi fa notare Paolo, durante l'ultima riqualificazione del centro, sono state installate, nei marciapiedi, delle targhe, come pietre miliari della città. Per farvela breve, l'ultima è stata dedicata al NOC e a Paolo è stata chiesta una cosa suggestiva da inserire; a sua insaputa, inizialmente, è stato quotato nella targa. Quando ci ha portato la madre, potete immaginare la commozione. Questa la dovevo raccontare, ma tenete conto che sia Paolo che MP sono persone estremamente modeste.
Dopo esserci un po' rilassati, si fa l'ora di cena e si esce a ritirare l'indiano. E poi si cena. Tutto molto molto buono, perfino quello che non mi convinceva "a vista". Continua, quindi, la due giorni e mezzo all'ingrasso. E via con una bella dormita: i biglietti del ferry per la mattina seguente sono prenotati e stampati, assieme ai nostri check in on line.
*Il titolo di oggi è ispirato dal fatto che a Southampton esiste ancora una fabbrica della Ford che produce il mitico modello furgonato Transit; quello di ieri citava un pezzo dei Pink Floyd da The Final Cut.
5 commenti:
E' sempre piacevole "viaggiare" con i tuoi racconti.
Petto indice ;)
"...una dottoranda sulla quale avrei scritto una tesi…": mirabile esempio di sintesi ;)
in definitiva, la dottoranda e' stato uno degli highlights della giornata, diciamo la verita'!!! :-p
@Maripa: e te te la sei persa!!! Comunque secondo me su Sky la fanno rivedere...
dimenticavo
@garaz: grazie
@cipo: idem
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