Philomena - di Stephen Frears (2013)
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Regno Unito. Due vite completamente diverse. Da una parte Martin Sixsmith, giornalista, ex BBC, inviato in Russia, poi passato a fare il consulente per il partito Laburista, perde il suo impiego per uno scandalo in cui, così sostiene lui, viene coinvolto suo malgrado. Deconcentrato, ha perso la fiducia in tutto, compreso se stesso, vive in automatico una vita agiata senza incontrare più stimoli. Ad un party, incontra casualmente una giovane donna che lavora come cameriera proprio a quella festa. Sempre casualmente, la donna gli confida la storia di sua madre, una storia che la madre stessa le ha da pochissimo confidato. Nel giorno che sarebbe stato il compleanno del suo primo figlio, 50 anni prima, Philomena, questo il nome della madre della cameriera, si commuove davanti alla figlia e le racconta che, appunto, 50 anni prima, nella sua terra di origine, l'Irlanda, giovanissima ed ingenua, rimasta incinta di un ragazzo poco più che sconosciuto, si rifugiò in un convento, una cosa piuttosto comune all'epoca, per evitare una fine ben peggiore da reietta. Le suore la accolsero, la fecero partorire con estremo dolore, come a farle scontare parzialmente il suo peccato di lussuria, poi misero il figlioletto insieme a quelli di tante altre ragazze madri, e misero lei a lavorare duramente, insieme alle tante altre. Solo dopo qualche tempo, Philomena realizzò che fine facevano i bambini. Da quel giorno, Philomena si tormenta per il figlio perduto.
Martin inizialmente non si interessa alla storia: non è il suo stile, non gli interessa quel tipo di giornalismo. Ma il suo nuovo capo ha un'idea diversa, e Martin si convince che quella storia potrebbe essere l'unico modo per rientrare nel giro. Accetta quindi un incontro con Philomena e la figlia. Comincia a malincuore ad interessarsi alla storia, ma i particolari che ne emergono poco a poco faranno si che alla fine, la cosa diventi importante per Martin quando per Philomena.
Tratto dal libro (pensate un po') di Martin Sixsmith The Lost Child of Philomena Lee (in Italia semplicemente Philomena, come il film), che racconta la storia realmente accaduta a (pensate un po') Philomena Lee, il nuovo film di Stephen Frears, regista dai risultati altalenanti ma dal tocco spesso sapiente e di basso profilo, è stata la sorpresa delle festività 2013.
Naturalmente la storia è di per sé affascinante, struggente e, come tante altre che hanno coinvolto istituzioni ecclesiastiche, scandalosamente scorretta ed oltraggiosa per la dignità umana; ecco, sarà un luogo comune, ma proprio una storia come questa, in mano a registi molto meno dignitosi avrebbe potuto divenire una roba insopportabilmente commovente. E invece, alla veneranda età di 72 anni, Frears ne fa un film delicato, toccante quanto basta, divertente quanto basta, godibilissimo da vedere. Aiutano, certamente, le prove misuratissime e forse per questo praticamente eccezionali sia della veterana e immensa Judi Dench, qui nei panni di Philomena, ma pure di Steve Coogan (Martin), stand up comedian inglese dalla filmografia sterminata (l'avrete visto decine di volte, spesso senza rendervene conto), famosissimo in patria per aver impersonato Alan Partridge, e qui anche co-sceneggiatore insieme a Jeff Pope. Un film che non è un capolavoro, ma che è senz'altro un bel vedere.
Ultima notizia, che ho trovato molto interessante. La storia del vero Martin Sixsmith coincide per un bel pezzo con quella di quello fittizio del libro e del film; quello che potrebbe esservi sfuggito è che Sixsmith, quello vero, ha lavorato come consulente politico con Armando Iannucci per In The Loop e The Thick of It.
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