La sorgente dell'amore - di Radu Mihaileanu (2012)
Giudizio sintetico: si può vedere (3,5/5)
Giudizio vernacolare: alla 'onca
Siamo ai nostri tempi, ma in uno sperduto, piccolissimo villaggio che è, evidentemente, tra il nord dell'Africa ed il Medio Oriente, dove quindi il tempo pare essere indietro di molte decine d'anni. Tutto procede come secoli prima: gli uomini con poco lavoro oziano al bar, le donne devono inerpicarsi su una collina impervia per arrivare alla sorgente locale, che fornisce loro l'acqua necessaria per la sopravvivenza. Sia l'andata che il ritorno sono piene di pericoli, e succede perfino che qualcuna di loro cada e perda il bambino che ha in grembo (perfino quando sono incinte sono obbligate ad andare a prendere l'acqua), e si sa quanto sia importante perpetuare il proprio nome in una società piuttosto arcaica. Leila è la giovane e bella sposa di Sami, probabilmente l'uomo più colto e gentile del villaggio, figlio di Fatima; Leila viene da un altro luogo, ed ha un carattere meno sottomesso delle altre. Esasperata dalla situazione, come le altre, dopo un incidente del genere, Leila sobilla le sue compagne di sventura, e decide di attuare, con chi di loro sarà disposta, lo "sciopero dell'amore": non si concederanno più ai loro uomini finché tutti i maschi del villaggio non affronteranno il problema della strada per la sorgente. Lo sciopero, il pretesto, diventerà occasione di scontro e riflessione su temi che andranno molto più in là, rispetto addirittura a quanto la stessa Leila aveva preventivato.
Il regista ebreo rumeno, ormai residente in Francia da anni, è un personaggio tra i più interessanti della scena europea. Pensate solo ai quattro film di lui più conosciuti, alle trame, ai temi affrontati, al bilanciamento tra serietà e divertimento, al fatto che sia lui, seppur facendosi aiutare, che scrive le sceneggiature. Train de vie (ricordiamo, ancora una volta, la storia di questo film: offrì a Benigni la parte del protagonista, Benigni rifiutò, poi fece La vita è bella, e i maligni potrebbero pure pensare che gli abbia in qualche modo rubato l'idea; Miahileanu non ha mai polemizzato con lui), Vai e Vivrai, Il concerto, e questo suo ultimo, non apprezzatissimo dalla critica, La sorgente dell'amore. A distanza di qualche mese dalla visione, il ricordo di questi lavoro permane, ed è positivo; certo, non c'è il divertimento a tratti sfrenato di Train de vie, e neppure la profonda commozione generata da Vai e vivrai, ma è indubbio che il regista è riuscito anche questa volta a partire da una sorta di parabola semplice e, come detto, a tratti divertente, per affrontare le problematiche, le contraddizioni, e al tempo stesso le fascinazioni, della religione islamica. Il film è lungo, ma non annoia; i cambi di tono tengono "sulla corda" lo spettatore. Il cast è, come sempre direi, ottimamente diretto. La protagonista Leila è interpretata dalla bellissima (a mio parere) Leila Bekhti, vista ne Il profeta (sospetto che, dato che è la compagna di Tahar Rahim, quel film sia stato "galeotto" - in ogni senso -) e in un episodio di Paris, je t'aime. Il marito Sami è Saleh Bakri, figlio di Mohammed, visto in due film fantastici come Il tempo che ci rimane e La banda. C'è l'ormai famosa, e sempre bravissima, Hiam Abbass (Fatima), Sabrina Ouazani (Rachida), già con Kechiche in Cous cous e in La schivata, e pure in Uomini di Dio, e anche Hafsia Herzi (Loubna/Esmeralda), che debuttò in Cous cous. Fantastica Biyouna (Vieux Fusil).
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