Rush - di Ron Howard (2013)
Giudizio sintetico: si può vedere (3,5/5)
Anni '70: la Formula 1 non era ancora così piena di tecnologia e di elettronica come adesso, i sorpassi avvenivano ancora in pista e non ai box, durante i pit stop. Un giovane austriaco di buona famiglia e con un gran fiuto per gli affari si affacciava su quel mondo, pieno di grinta ma anche in maniera molto calcolatrice: Andreas Nikolaus Lauda detto Niki. Diventerà un pilota della scuderia Ferrari, probabilmente uno di quelli ricordati maggiormente insieme a Michael Schumacher, molto più vittorioso di Lauda a dire il vero, e a Gilles Villeneuve, poco vittorioso ma morto giovane e soprattutto, capace di dare spettacolo in maniera decisamente spericolata e mai vista. Lauda vincerà tre Mondiali, di cui due con la Ferrari, scamperà alla morte, sfiorata in un incidente del quale porta ancora oggi i segni. Il film di Ron Howard si concentra sulla sua amicizia/rivalità con James Hunt, pilota inglese dal carattere e dallo stile di guida quasi completamente opposto, che... beh questo, almeno, non ve lo dico, nel caso siate o molto molto giovani, oppure non vi siate mai troppo interessati di Formula 1: vi basti sapere che, a parte gli esordi, il film si concentra sulla sfida per il Mondiale del 1976, un anno davvero indimenticabile per chi amava quel tipo di competizioni.
Prima riflessione, in realtà è stata la mia seconda, cronologicamente, ma siccome è meno divertente ve la scrivo prima. Qualche anno fa, quando cominciavano ad uscire film tratti da libri che io (e molti altri) avevo letto anni prima, cominciavo a realizzare di non essere più così giovane. Adesso, che cominciano a fare film su fatti realmente accaduti, di dominio pubblico, ai quali io ho assistito in maniera cosciente (quando ho dovuto spiegare a mia sorella, che volevo portare al cinema con me, di cosa parlava 'sto film, le ho dovuto ricordare che quella mattina del 24 ottobre del 1976, ci svegliammo prestissimo io, lei e mio padre, per assistere alla gara, che partì con quasi due ore di ritardo e fu un tourbillon di emozioni; tenete conto che io, all'epoca decenne, ero un accanito appassionato di rally e Formula 1, e mio padre mi "sosteneva" in questa mia passione. Vidi la mia prima - e unica - corsa di F1 nel 1979 - Monza, primo Scheckter - che si laureò campione con quella gara - secondo Gilles Villeneuve, entrambi su Ferrari, e per me, ferrarista all'epoca, bastò così, un po' come ritirarsi all'apice della carriera. Avido lettore di Autosprint, partecipai con la mia paghetta - con tanto di letterina pubblicata dalla rivista - alla "colletta" sostenuta appunto anche da Autosprint, per aiutare, nel 1978, Arturo Merzario a mettere in piedi una scuderia tutta sua, particolare importante per quanto vi dirò in seguito), mi rendo conto di essere quantomeno stagionato.
Seconda riflessione: dopo lo sbigottimento generato in me dalla scena in cui Thor (Chris Hemsworth, qui James Hunt, quantomai adatto) si scopa Lady Margaery Tyrell (Natalie Dormer, qui l'infermiera Gemma) generando un corto circuito letterar-fumettistico, ho apprezzato molto il film, seppure, per come intendo il cinema io, l'odore di Oscar mi paia esagerato.
Rush è un bel filmone "d'epoca" da due ore che non annoia proprio mai. Howard, più meticoloso che mai, ha lavorato insieme al suo team per, appunto, la ricostruzione storica dei più piccoli particolari, uscendone vincitore, seppure il film non sia esente da stereotipi (e abbia una parentesi davvero ridicola nella scena dell'incontro di Niki e Marlene, quando i due rimangono in panne e vengono "soccorsi" da due italiani, meridionali e macchiettistici, tra l'altro nei pressi di Trento - vabbè). Peter Morgan, sceneggiatore che pare dare il meglio di sé quando è alle prese con storie vere (Il maledetto United, Frost/Nixon - Il duello, The Queen - La regina, L'ultimo re di Scozia), romanza il dualismo tra Hunt e Lauda oltremodo, spingendosi verso supposizioni mai provate (il pestaggio di Hunt al giornalista che aveva "offeso" Lauda in conferenza stampa stuzzicandolo su Marlene) e minimizzando la profonda amicizia tra i due, esistita fin dai loro esordi, ma a mio modesto giudizio, il tutto risulta ottimamente funzionale, ai fini di dipingere due persone che svolgevano un "lavoro" da eroi in maniera quasi diametralmente opposta, e che comunque si rispettavano quasi fossero cavalieri di un qualche ordine.
Per me, questo è ottimo cinema dal grande budget. Grandi storie, non importa se prese dalla realtà, anzi.
Eccezionale la ricostruzione delle gare, degli incidenti (come conferma questa bella recensione di un ex pilota, che, e qui mi ricollego al punto dove citavo Merzario, trova, come unico difetto del film, la mancata sottolineatura del gesto eroico dell'Arturo, gesto che noi che seguivamo la F1 ricordiamo ancora oggi molto, molto bene, insieme a quei giorni di sofferenza in cui Lauda rimase tra la vita e la morte, del resto; ma capisco anche che il film non era su Merzario, aggiungerei un purtroppo ma mi parrebbe di esagerare), dell'atmosfera di quella F1; tanto di cappello a come Howard ha tratteggiato la figura di Enzo Ferrari, con poche ma sapienti pennellate; grande Daniel Bruhl nei panni di Niki Lauda (con qualche ritocco per assomigliargli ancor di più, sia prima che dopo l'incidente), promettentissimo attore germano-spagnolo (nome completo: Daniel César Martìn Bruhl Gonzàlez Domingo) che in molti hanno scoperto con Bastardi senza gloria e The Bourne Ultimatum, ma che qui amiamo sin da Goodbye Lenin! e da Salvador - 26 anni contro; così come apprezziamo da lungo tempo la tedesco-rumena Alexandra Maria Lara, qui splendida Marlene Lauda (a dire il vero mi sono chiesto dalla sua comparsa in scena "dove cazzo l'ho già vista questa qui, in una marea di film ma adesso proprio non mi ricordo quali"), fin dai tempi di La caduta; sempre figa in maniera quasi offensiva Olivia Wilde (Suzy Miller), voglio citare anche Pierfrancesco Favino nei panni, pensate un po', nientemeno che di Clay Regazzoni, Christian McKay (qui Lord Hesketh, nei Borgia era lo spaurito Ascanio Sforza) e Julian Rhind-Tutt, qui Bubbles, in The Hour era un ottimo Angus McCain.
Sarà perché, come detto, mi ha riportato 30 anni indietro, sarà perché ho scoperto giusto ora che nel lunghissimo elenco del cast c'è anche Tom Wlaschiha, che qui interpreta il pilota Harald Ertl, uno di quelli che soccorse Lauda al Nurburgring, ma che per "noi" rimarrà sempre Jaqen H'ghar, sarà perché pur con le poche citazioni durante Rush mi sono ricordato di quanto fosse forte Vittorio Brambilla sul bagnato, questo film mi è piaciuto.
2 commenti:
sono un po' combattutto. Lauda era una mia passione di bambino ma da adulto trovo l'automobilismo noiosissimo...
è vero. pure io, infatti.
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