No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20131029

pride without prejudice

Parti per il nord la domenica subito dopo una partita del Livorno che ti fa arrabbiare, torni il venerdì seguente per l'ora di cena e trovi il frigo come l'hai lasciato: con l'eco dentro. Guardi il paesello dal finestrino e niente sembra cambiato, ma per te son cambiate un po' di cose. E' cominciata una grande sfida lavorativa, e speri di esserne all'altezza. 

Smettendo di parlare di me in seconda persona che fa brutto (sarebbe peggio in terza), sono stato una settimana a lavorare vicino a Milano, alla direzione nazionale della società per cui lavoro da 24 anni. Non era la prima volta che ci andavo, ma è stata la prima per un periodo di tempo così lungo. In 24 anni sono cambiate tante cose: acquisizioni, dismissioni, colleghi in pensione, la prima volta che sono stato alla direzione la sede era a Milano, in centro, per dire, vicino alla sede del Milan, in un palazzo prestigioso e probabilmente di grande valore. Adesso, al secondo cambio di sede, l'agglomerato di palazzine è in mezzo alla campagna, quella campagna padana con strade strette mutuate da vecchi percorsi contadini ed enormi centri commerciali che spuntano in mezzo al nulla.
Ho colto l'occasione per vedere amiche e amici che abitano e lavorano a Milano. Ma oggi non voglio parlare di loro.

Ho rivisto colleghe e colleghi che non vedevo da quasi vent'anni, e che ovviamente non si ricordavano di me. Ma soprattutto, ho condiviso una settimana con colleghe e colleghi con i quali lavoro da un po' di anni. Ed è stato bello, mettendo da parte una sana preoccupazione per la nuova "sfida" di cui sopra.

Nonostante i tempi facciano assomigliare i lavoratori un po' ai calciatori, per dire che non ci sono più le "bandiere", che iniziano a lavorare per una società e vanno in pensione dopo aver dedicato la propria vita professionale proprio a quella società, con le dovute differenze, il fatto di trovare tanta simpatia e calore anche in un ambiente che non è quello dove lavoro di solito, stimola il mio orgoglio di dipendente; vi ho già detto mille volte che la società per cui lavoro è la stessa per cui hanno lavorato, negli anni, mio nonno, mia nonna, mia zia e mio padre, e sarò patetico ma anche se spesso mi sembra che mi (e ci) tratti male sento di doverle qualcosa.
Ciò non toglie che, se da una parte mi sento stimolato da queste nuove responsabilità che mi stanno arrivando addosso, al tempo stesso mi sento molto dispiaciuto per il fatto che questa cosa derivi da una serie di cambiamenti che porteranno ad un rimescolamento che, diciamocela tutta, eliminerà alcuni posti di lavoro, nell'ambito di una sorta di battaglia per la sopravvivenza sul mercato.

Son cose difficili da spiegare a parole, così come son difficili da vivere. Però, una cosa la voglio scrivere qui, per farla sapere alle donne e agli uomini che mi hanno "accolto" e accompagnato, e che mi accompagneranno ancora in un futuro prossimo, la scorsa settimana.
Grazie per esserci, e per tutto quello che avete fatto e abbiamo condiviso fino ad oggi, e che spero condivideremo ancora per il periodo che ci rimane prima della pensione. Grazie per i sorrisi, per le code in mensa, per i caffè della macchinetta e per le colazioni al bar, per le chiacchiere mai banali e per sopportarmi così come sono, sfacciato e poco elegante ma, almeno spero, sempre sincero. Grazie per non portare nessun rancore, perché con molte di voi, negli anni, ho fatto grandi litigate. Grazie anche a chi conosco meno, ma si è dimostrato ugualmente amabile. A tutte e tutti voi un abbraccio che spero di darvi personalmente a breve.
Grazie perché so che mi perdonerete per il fatto che il pensiero finale lo voglio dedicare ad una persona in particolare.

E sto parlando di te, amico che conosco da poco ma che mi sembra di conoscere da tutta la vita, di te che insieme a me, nelle pause, hai creato i Luca & Paolo (Camerà Caffé) versione Ringo Boys. Se c'è una cosa che rimprovero alla società per la quale sono tanto orgoglioso di lavorare, è quella di lasciarti andare. Per quanto possa sembrarti sdolcinato, banale e quasi gay, quando non lavoreremo più per la stessa società ti porterò lo stesso con me. Sperando che le nostre strade si incrocino di nuovo.
Come dici tu, bella fratello.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bello, condivisibile e poetico.
Alla prossima
Rod