Odore di chiuso - Marco Malvaldi (2011)
1895, alta Maremma toscana. Non lontano da Campiglia Marittima e dalla Bolgheri di Giosuè Carducci, si staglia il castello di Roccapendente [curiosità: secondo la descrizione iniziale dello scrittore, il castello sembra essere situato proprio sulla la collina che, dall'inizio del secolo seguente, sarà sfruttata come cava di calcare anche dalla società chimica per cui lavoro. L'aspetto della collina di San Carlo dipende principalmente dall'ora della giornata. Di mattina, il sole si alza alle spalle del colle; e poiché il castello è stato costruito un po' sotto la sommità, i suoi raggi diretti non arrivano a penetrare nelle finestre delle camere dove riposano il settimo barone di Roccapendente, i suoi familiari e i suoi (solitamente molti) ospiti, che così possono tranquillamente dormire fino a tardi.
Nel primo pomeriggio, i raggi solari puntano impietosamente sul castello, sui suoi giardini e sulla tenuta circostante, e costringono chiunque si trovi fuori a sopportare una calura micidiale, resa ancora più spietata dall'umidità delle vicine paludi; ma, a quell'ora, il barone e i suoi familiari solitamente si trovano all'interno del castello, nelle cui stanzone dai soffitti a volta si gode una frescura piacevole e confortante, che aiuta le menti a concentrarsi nel gioco delle carte, nella lettura e nel ricamo di difficili intarsi. Fuori, sotto il sole che picchia, rimangono solo i braccianti, il fattore e gli addetti alle stalle e al giardino, che d'altronde al caldo ci sono abituati.], dove sopravvive la famiglia nobile del barone Romualdo Bonaiuti, con svariati problemi: un figlio puttaniere, un altro che pensa di essere un gran poeta (ma non lo è), una figlia che invece avrebbe voglia di lavorare ma non può, essendo donna e per di più nobile. Non ultimo, un problemino di soldi...
Arrivano un venerdì, in veste di ospiti, quasi all'improvviso (ma invitati dal barone stesso), due personaggi sgraditi ai due figli maschi, diffidenti verso qualsiasi novità: il signor Ciceri, "dagherrotipista-fotografo d'ambiente", e nientemeno che Pellegrino Artusi, scrittore, possidente, gastronomo. Nessuno, a parte il barone, riesce a capire il motivo dell'invito doppio, ma si creano immediatamente dinamiche strane ed incrociate. Poi, improvvisamente, il sabato mattina il castello si sveglia tra le grida di una delle dame di compagnia: il maggiordomo Teodoro viene trovato morto.
Ne avevo sentito parlare, ma la spinta decisiva a leggere qualcosa del giovane scrittore pisano è venuta dall'amico Bartelloni (paradossalmente, un livornese). Ho quindi letto per primo questo Odore di chiuso, che è a sua volta il suo primo libro che esula dalla serie del BarLume, quattro libri che vedono protagonisti gli stessi frequentatori del bar omonimo. E devo dire che è stata una piacevolissima sorpresa, tanto che ho "spolverato" questo libriccino di circa 180 pagine in una sola giornata, durante la mia ultima vacanza.
Malvaldi possiede un umorismo tipicamente toscano, e non si limita ad instillarlo in questo o quel personaggio, ma interviene direttamente nella narrazione, creando uno strano effetto, quasi cinematografico, come se fosse una voce fuori campo che commenta. Approfitta di questa ambientazione storica per divertirsi in diversi modi. Rende protagonista della storia un personaggio a cui tutti noi dobbiamo, in qualche modo, qualcosa, e sto parlando di Pellegrino Artusi; ci ricorda che fino a poco più di un secolo fa, eravamo una nazione giovanissima, divisa, ma con gli stessi problemi di oggi, e con in più le reminiscenze delle classi sociali (Malvaldi si diverte a far parlare i nobili e i personaggi di città in un italiano corretto e un po' arcaico, mentre la servitù parla il vernacolo, altra cosa davvero gustosa del libro); ironizza, neppure troppo velatamente, su personaggi anche attuali, usando come metafore i personaggi del libro (nessuno mi toglie dalla testa che il figlio sciagurato, che vive perennemente nei bordelli delle vicinanze, si chiami Lapo per un motivo preciso). I numerosi personaggi sono ben caratterizzati, anche quelli che appaiono meno, e i momenti divertenti si susseguono (spassoso l'incontro di Gaddo, l'altro figlio del barone, col suo mito, il Carducci: da non perdere).
Non sono un appassionato di gialli, e non so giudicare troppo bene se l'intreccio sia abbastanza complesso (secondo me è abbastanza intuibile), ma quel che a me interessa è il libro in sé, e a me è piaciuto, lasciandomi la voglia di leggere altre cose dell'autore.
2 commenti:
citazione sur blogghe...onorato.
Aspetta di legge la quadrilogia...
Bartelloni
piacevole, divertente, si legge davvero in un fiato. mi toccherà il BarLume ;)
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