Sono un lettore atipico, autodidatta, poco intellettuale; mi mancano le basi, i classici (le letture e gli studi). Eppure, sono a volte perfino presuntuoso, che le mie scelte siano di un certo livello. Ho scoperto Donna Tartt all'epoca dell'uscita in Italia del suo debutto Dio di illusioni (in originale The Secret History), attorno al 1992, solo perchè alcune riviste e rubriche la spacciavano come sponsorizzata da e amica di Bret Easton Ellis (a mio giudizio uno degli scrittori più importanti degli ultimi anni, autore di un capolavoro quale American Psycho, non mi stancherò mai di ripeterlo). Il suo primo libro era bellissimo, intenso, avvolgente, coinvolgente. Non saprei raccontarne neppure una pagina, da tanto tempo è passato (e senza rileggerlo), ma ricordo ancora oggi le sensazioni forti e decise che mi trasmise. 10 anni dopo, ebbene si, tornò con Il piccolo amico, lungo, intrigante, non ai livelli stratosferici del debutto, ma sempre un libro difficile da dimenticare. Ieri, su Repubblica, un'intervista alla scrittrice, che, pare, stia lavorando tranquillamente al suo prossimo libro. Con calma.
La associo spesso a Jeffrey Eugenides (Le vergini suicide, Middlesex), perchè anche lui fu sponsorizzato dagli stessi "grandi minimalisti" e anche lui, tra il debutto e il secondo libro, ha fatto passare 10 anni. Anche lui, è autore di grande solidità e bellezza. A differenza della Tartt, Eugenides, forse, col secondo libro si è superato.
Credo decisamente che siano due autori da conoscere.
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