Gravity - di Alfonso Cuaròn (2013)
Giudizio sintetico: si può perdere (2/5)
Siamo nello spazio. Una missione Shuttle statunitense formata dalla dottoressa Ryan Stone, brillante ingegnere biomedico alla sua prima missione spaziale dopo un percorso accidentato dal lutto familiare, il veterano Matt Kowalsky, espertissimo vicino al record di passeggiate spaziali, e da Shariff, un tecnico informatico, sta ultimando dei lavori esterni al telescopio Hubble, quando viene investita da uno sciame di detriti, generati da un satellite russo esploso poco prima, che uccidono Shariff, danneggiando irrimediabilmente il loro Space Shuttle, e rischiando di lasciare alla deriva nello spazio la Stone. Kowalsky salva la situazione, ed inizia un sottile lavoro psicologico per trasmetterle la propria calma "spaziale", per tentare un disperato ed audace tentativo di salvataggio, raggiungendo la ISS, stazione spaziale internazionale, non lontana, prima che lo sciame di rottami ripassi, tra 90 minuti.
Voglio tralasciare la polemica sulle numerose inesattezze tecniche e fisiche che abbondano nel film, perché onestamente, non sono in grado di giudicarle, e devo fidarmi di esperti del settore. Però, il mio pensiero su questo film, sorprendentemente (questo si, mi ha sorpreso) osannato dalla critica, è fondamentalmente negativo, con riserva. La riserva è data dal fatto che visivamente, la prima parte soprattutto, è decisamente spettacolare, in maniera alquanto atipica per un film che, tutto sommato, è uno space movie d'azione. Un ritmo lento (ma accelerato rispetto ai veri movimenti degli astronauti nello spazio), ma una "vista" mozzafiato sul nostro pianeta: infatti, durante la prima metà del film, sullo sfondo della passeggiata dei tre astronauti, dei lavori su Hubble e dell'arrivo dello sciame di detriti, si vede continuamente "passare" la Terra, e devo ammettere che lo spettacolo è più quello, rispetto ai dialoghi prevedibili, retorici e telefonatissimi dei tre (in realtà due) protagonisti. La seconda parte sembra invece essere tutta tesa a far rimanere la Bullock (Ryan Stone) in tenuta "Ripley", in modo che possa mostrare, a quasi 50 anni, un fisico da adolescente atletica; si salva l'adrenalinica discesa a terra nella navicella cinese "presa in prestito" e fatta funzionare dopo un penoso an-ghin-gò (ho promesso di non polemizzare, ma questa è stata davvero troppo grossa) e un'allucinazione: un po' poco per un 8,5 su 10 su imdb.com. Con buona pace di chi ci legge allegorie sul cinema (lo sciame che ripassa dopo 90 minuti e sconvolge, come un buon film), sulla vita (il cavo che lega Kowalski e Stone come un cordone ombelicale), sul carattere della protagonista (Stone, come una pietra), e, questa poi, sulla completa rinascita della specie (il finale). Sarò anche un sempliciotto, ma Gravity non mi è parso 'sto film intellettuale che vorrebbero spacciarci.
Cuaròn è senza dubbio un ottimo regista, adatto ai kolossal, sapiente nei movimenti di macchine e che ha messo a frutto il cospicuo budget con una messa in scena deliziosa per gli occhi; mi sarei però risparmiato il paragone con 2001: odissea nello spazio. Stiamo scherzando?
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