Non ho sbagliato a scrivere: la data di rilascio ufficiale del nuovo disco degli scozzesi, l'ottavo in studio, è in effetti il 20 gennaio 2014. Ma, come sapete...
E' un bel regalo di Natale, direi. L'etichetta post rock, usata nel caso dei Mogwai, è una di quelle che vuol dire tutto e niente; i Mogwai ci hanno sguazzato dentro tirando sempre dritto per la loro strada, ultimamente molti li davano per bolliti (un po' ci ho pensato anch'io, ad essere onesti fino in fondo), forse dimenticandosi che una buona parte del successo della serie francese Les Revenants, che qui a fassbinder è piaciuta un bel po', era dovuta anche alla loro avvolgente colonna sonora.
Eccoli qui, invece, belli arzilli, onirici e trascendenti, chitarristici ma anche sintetizzati, drone ma pure ariosi come musica classica. Heard About You Last Night apre l'album come un carillon, suoni che ti prendono la mente e te la cullano con quegli arpeggi così familiari, ma anziché l'esplosione drone, il carillon continua a suonare. La scelta, a suo modo, va controcorrente. Tutto il disco è meno "carico" dei precedenti, strada già imboccata da qualche anno; quando tutti, perfino Emma, attaccano l'ampli e i suoni di chitarra distorta diventano di "dominio pubblico", i Mogwai lavorano per sottrazione rumorosa, rimanendo sottotraccia con i decibel, ma non con le emozioni trasmesse dai loro pezzi. La "deriva" cinematografica, nel senso di "musica da colonne sonore", sembra essere quella che interessa alla band attualmente; e devo dire che, almeno in questo momento, nulla mi pare più azzeccato, per continuare a distinguersi un minimo. I pezzi si susseguono inglobando elementi elettronici dei più disparati, suoni particolari (Remurdered, uno dei pezzi più interessanti) che però non inibiscono l'aggressività. Con Hexon Bogon si torna un poco ai "vecchi" Mogwai, ma la bellezza è indiscutibile. Su Repelish c'è uno spoken che parla di musica satanica e messaggi subliminali, Master Card è un curioso pezzo quasi "allegro", anche Deesh si guarda un po' indietro, ma risulta efficace. E poi si arriva a Blues Hour, con echi pinkfloydiani, pianoforte e cantato, dove tutte le migliori armi dei Mogwai convergono verso un unico obiettivo: scrivere una canzone che rimanga. Molto, molto belle per me, anche le due canzoni conclusive, No Medicine for Regret e The Lord is Out of Control, quest'ultima con un vocoder che detta la linea.
Il muro del suono esisterà ancora live, suppongo, ma il nuovo corso dei Mogwai è leggermente diverso. A me piace.
E' un bel regalo di Natale, direi. L'etichetta post rock, usata nel caso dei Mogwai, è una di quelle che vuol dire tutto e niente; i Mogwai ci hanno sguazzato dentro tirando sempre dritto per la loro strada, ultimamente molti li davano per bolliti (un po' ci ho pensato anch'io, ad essere onesti fino in fondo), forse dimenticandosi che una buona parte del successo della serie francese Les Revenants, che qui a fassbinder è piaciuta un bel po', era dovuta anche alla loro avvolgente colonna sonora.
Eccoli qui, invece, belli arzilli, onirici e trascendenti, chitarristici ma anche sintetizzati, drone ma pure ariosi come musica classica. Heard About You Last Night apre l'album come un carillon, suoni che ti prendono la mente e te la cullano con quegli arpeggi così familiari, ma anziché l'esplosione drone, il carillon continua a suonare. La scelta, a suo modo, va controcorrente. Tutto il disco è meno "carico" dei precedenti, strada già imboccata da qualche anno; quando tutti, perfino Emma, attaccano l'ampli e i suoni di chitarra distorta diventano di "dominio pubblico", i Mogwai lavorano per sottrazione rumorosa, rimanendo sottotraccia con i decibel, ma non con le emozioni trasmesse dai loro pezzi. La "deriva" cinematografica, nel senso di "musica da colonne sonore", sembra essere quella che interessa alla band attualmente; e devo dire che, almeno in questo momento, nulla mi pare più azzeccato, per continuare a distinguersi un minimo. I pezzi si susseguono inglobando elementi elettronici dei più disparati, suoni particolari (Remurdered, uno dei pezzi più interessanti) che però non inibiscono l'aggressività. Con Hexon Bogon si torna un poco ai "vecchi" Mogwai, ma la bellezza è indiscutibile. Su Repelish c'è uno spoken che parla di musica satanica e messaggi subliminali, Master Card è un curioso pezzo quasi "allegro", anche Deesh si guarda un po' indietro, ma risulta efficace. E poi si arriva a Blues Hour, con echi pinkfloydiani, pianoforte e cantato, dove tutte le migliori armi dei Mogwai convergono verso un unico obiettivo: scrivere una canzone che rimanga. Molto, molto belle per me, anche le due canzoni conclusive, No Medicine for Regret e The Lord is Out of Control, quest'ultima con un vocoder che detta la linea.
Il muro del suono esisterà ancora live, suppongo, ma il nuovo corso dei Mogwai è leggermente diverso. A me piace.
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