American Hustle - L'apparenza inganna - di David O. Russell (2014)
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Anni '70, zona di New York. Irving Rosenfeld è il classico con man, un truffatore. Un personaggio decisamente da libro di memorie: infanzia medio-povera, possiede adesso una catena di lavanderie ma in realtà i soldi veri li fa agendo da (definizione sfiziosa dalla scheda Wikipedia inglese del film) con artist, uno che truffa gente con i soldi rifilando loro quadri falsi (d'autore), e pure promettendo prestiti a persone in difficoltà finanziaria, persone che non troverebbero mai nessuna banca o finanziaria disposta a prestar loro un dollaro, disperati al punto da riuscire a raggranellare 5000 dollari nella speranza di avere un prestito, appunto. Irving punta in alto, alla bella vita che, pian piano, riesce a concedersi, e ad una festa conosce l'amore della sua vita, la donna perfetta per essere amante e partner in crime: Sydney Prosser, che all'occorrenza si spaccia per una nobile inglese esperta d'arte o di finanza con agganci nelle banche giuste. E' amore, a dispetto della bellezza cristallina di lei e della pachidermicità di lui. Irving, però, ha uno scheletro nell'armadio: è sposato con la giovane e molto sciroccata Rosalyn, madre di un figlio che Irving ama come se fosse suo.
Quando l'agente dell'FBI Richard Richie DiMaso li coglie in flagranza di reato, con l'idea di "usarli" per incastrare "pesci" molto più grossi, dimostra di avere un debole per la bella Sydney, l'idillio tra lei e Irving viene messo a rischio.
Ebbene si, ce l'hanno spacciato come un filmone, imperdibile, ritmato, da batticuore, denso di significato e pregno della sensibilità del regista, che mi ha fatto molto ridere in un'intervista letta giorni fa dicendo che siccome ha un figlio bipolare e un rapporto difficile col padre mette tutta la sua sensibilità dentro i suoi film, ma in realtà, American Hustle, e guardate che ho aspettato il più possibile a scriverne in modo che dimenticaste quello che ha detto in proposito Dantès, è solo un gran bel giocattolino con delle grandiose prove attoriali, ma senza troppa anima. Ispirato alle vere storie di Melvin Weinberg (Irving), Anthony Amoroso Jr. (Richie), Evelyn Knight (Sydney), Cynthia Marie Weinberg (Rosalyn) e Angelo Joseph Errichetti (Carmine Polito), e alla vera operazione Abscam, American Hustle è la classica rampa di lancio per gli Oscar e, davvero, niente più. Un film anche divertente (ottime battute disseminate per tutta la lunghezza, e che lunghezza), fotografato (e "costumato") perfettamente per rendere l'idea di essere negli anni '70, e, come detto, infarcito di attori e attrici da urlo, spesso in stato di grazia, ma non troppo. Infatti, se De Niro (Victor Tellegio, ispirato al boss Vincent Alo) è uno che fa sempre piacere vedere, ci si aspetterebbe però qualcosa di più. Paradossalmente, molto meglio Louis C.K. nei panni del capo di DiMaso Stoddard Thorsen, usato però un po' troppo da punching ball e troppo poco da attore. La lista è lunghissima: c'è Christian Bale (Irving) grasso e pelato, che ammiriamo sempre per l'aderenza al personaggio e il trasformismo, ma abbiamo visto dare di più, c'è un Bradley Cooper nella parte di DiMaso che sinceramente è decisamente sopra le righe, c'è un Jeremy Renner con i capelli alla Elvis nei panni di Carmine Polito che dimostra di essere veramente poliedrico, c'è una Jennifer Lawrence (Rosalyn) che non ci deve più dimostrare niente (a volte mi chiedo, diamine, questa ha appena 23 anni, c'è il rischio che si annoi e si metta a fare torte), e poi c'è una splendida Amy Adams (Sydney) che qui è davvero tanto bella quanto brava (lo sapevamo), e un sempre migliore Shea Whigham nella parte di Carl Elway.
1 commento:
comincio a farci l'abitudine! :D ma l'ho già detto quanto è fica Amy Adams in questo film?
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