Adattarsi alla domanda
La nuova economia del parcheggio poggia su tre aspetti. Il primo è che le tariffe devono variare in tempo reale per adattarsi alla domanda. L’idea originaria era venuta già negli anni sessanta a William Vickrey, premio Nobel per l’economia nel 1996. All’epoca, però, mancavano le tecnologie sperimentate oggi a San Francisco e in altre metropoli statunitensi. Il secondo aspetto è la possibilità di prenotare il posto: esistono già delle app per smartphone che permettono di individuare quello libero più vicino, ma di solito, anche se è a due strade di distanza, è già occupato quando l’automobilista lo raggiunge. Quindi il nuovo sistema ha un senso solo se permette di prenotare i parcheggi. Attualmente è difficile farlo con quelli su strada: in fin dei conti si tratta di impedire ad altri automobilisti di occupare il posto che vorremmo occupare. È già possibile, invece, nei parcheggi multipiano. L’Apcoa, un’azienda che ne gestisce molti in tutta Europa e amministra circa 1,3 milioni di posti auto, offre la possibilità di prenotare un posto per l’auto in diversi aeroporti della Germania. Naturalmente con tariffe speciali e sconti per chi prenota prima o paga in anticipo. Le cose si complicano se il cliente annulla il viaggio aereo e di conseguenza non ha più bisogno del parcheggio. In questo caso l’Apcoa consiglia un’assicurazione che copra i costi dell’annullamento della prenotazione. Insomma, gli automobilisti rimpiangeranno i bei tempi in cui prima di uscire dal posteggio si doveva semplicemente passare dalla cassa automatica e infilarci dentro qualche monetina. Il terzo aspetto dell’economia del parcheggio promette di diventare davvero interessante: le imprese della Silicon valley, di Berlino e di altri luoghi studiano attentamente il traffico per capire come trasformare il parcheggio in “un’esperienza” completamente nuova, anche se non si sa ancora se quest’esperienza lascerà agli automobilisti un ricordo brutto o bello. A Istanbul, per esempio, la società di gestione dei parcheggi comunali ha pensato a dei garage galleggianti: gli autoveicoli sarebbero cioè parcheggiati su una fila di traghetti fuori servizio e riconvertiti, che saranno ormeggiati sul Bosforo. Per rendere più piacevole “l’esperienza”, a bordo ci sarebbero caffè, zone di riposo e gallerie d’arte. C’è poi un’idea tutta tedesca: aprire stazioni di rifornimento e autolavaggi nei grandi parcheggi stradali e in quelli multipiano. Chi non si limita a parcheggiare l’auto, ma desidera anche lavarla o fare il pieno, ottiene uno sconto sulla tariffa. In questo caso, però, il carburante costerà un po’ di più. Del resto, la comodità è da sempre un lusso. Altre idee sono già realtà. Nei parcheggi aeroportuali dell’Apcoa la sosta è più cara se dura di meno. Al parcheggio dell’aeroporto di Stoccarda una settimana costa, in base alla tariffa scelta, tra i 50 e i 120 euro: il prezzo dipende, tra l’altro, dal fatto che il cliente accetti di impiegare dieci minuti o solo due per andare a piedi fino al terminal. Ma i clienti che prenotano online devono comunque versare tre euro in più “per il servizio”. Chissà poi perché. È complicato? Certo. Ma far pagare un vantaggio come la vicinanza all’uscita è un’idea facilmente applicabile anche a molti parcheggi stradali nei centri delle città.
Più spazio per le gambe
Insomma, i gestori di parcheggi hanno molto da imparare dagli aeroporti, perché le compagnie aeree sono brave a sfruttare gli spazi ristretti. D’altronde, la sosta collegata in rete ha molto in comune con l’assegnazione del posto negli aerei. Compreso il fattore nervi. Da tempo, ormai, su molti voli low cost i posti vicino alle uscite o con più spazio per le gambe sono più cari. Inoltre, chi è disposto a pagare può salire a bordo in tutta calma, senza fare la fila, mentre gli altri passeggeri si contendono i posti restanti, e chi sceglie di non pagare il posto a sedere, in caso di overbooking sarà il primo a restare a terra. Ebbene, non è irrealistico pensare che qualcosa di simile possa accadere anche nell’industria automobilistica o nella gestione dei parcheggi. La Daimler, per esempio, un anno fa ha comprato una quota nell’azienda statunitense Gotta Park, che vende prenotazioni online in otto grandi città degli Stati Uniti. Le due aziende vogliono sviluppare insieme delle “soluzioni di posteggio intelligenti”. Cosa significa? Per esempio, sarebbe intelligente promettere a chi compra una Mercedes classe S da ottantamila euro che avrà per sempre a disposizione un parcheggio riservato, e nella posizione migliore, anche quando per tutti gli altri il multipiano fosse ufficialmente esaurito. È solo un’idea, e finora non ci sono indizi che la Daimler ci stia lavorando. Ma di certo il tipico cliente ricco gradirebbe molto questa possibilità. L’esperienza delle linee aeree dimostra quanto possano essere riconoscenti, se opportunamente coccolati, i clienti “scelti”. Non appena raggiungono l’ambito status da carta oro, platino, diamante o chissà che altro, sono disposti a tutto o quasi per conservarne i privilegi. Le grandi multinazionali conoscono bene il fenomeno: se un frequent flyer, abituato alla business class, capisce che rischia di perdere i suoi privilegi, spunta subito un appuntamento importante a New York o a Tokyo di cui deve assolutamente approffittare se vuol continuare ad appartenere alla clientela selezionata. La ricerca del parcheggio, comunque, non è solo un fenomeno economico, ma anche psicologico. Salire in auto, vagare per le strade in preda alla disperazione, tenere duro e finalmente trovare un posticino: è come un far west dove la spunta il più veloce o il più scaltro e non chi ha il portafogli più gonfio o l’auto più potente. A ognuno la sua chance. L’aspetto sgradevole sono le liti per il parcheggio, ma ce n’è anche uno piacevole: è la gioia segreta della vittoria. Per esempio quando chi guida un’utilitaria arrugginita soffia l’ultimo posto auto a chi è al volante di un lussuoso suv che è incastrato nella curva di un angusto vicolo del centro. O quando l’automobilista di una grande città scopre dalle parti di casa sua un angoletto nascosto sfuggito a tutti gli altri. Oppure quando si paga un’ora sola di parcheggio e per tutta la giornata non passa neanche un vigile. È il trionfo del quotidiano, la fortuna insperata, un briciolo di giustizia distributiva che compensa il proprietario di un’auto di piccola cilindrata per l’incubo giornaliero della caccia al parcheggio. Ma questo è destinato a sparire nell’era dell’autoveicolo completamente sorvegliato, accompagnato in modo permanente ma invisibile dal collegamento radio mobile, dal gps e dai sensori che individuano il parcheggio disponibile. Naturalmente il cammino non è privo di ostacoli. Sotto il profilo tecnico è una sfida rendere possibile la prenotazione in modo da aggiudicarsi in un istante il posto libero. Per giunta, in Germania quello dei parcheggi è un paesaggio frammentato: se le amministrazioni comunali, le imprese e i privati non si mettono d’accordo su standard elettronici omogenei, tutto rischia di restare molto complicato. Poi ci sono i commercianti, che protestano perché non vogliono veder scappare i clienti per colpa dei posteggi troppo cari. E i pendolari, che rifiutano di prendere l’autobus, oltre a tutte quelle persone – disabili, genitori con bambini e proprietari di auto elettriche – a cui la società riconosce il diritto a una sosta riservata. Comunque i gestori di parcheggi commerciali privati non sono i soli a voler far crescere le loro entrate. Gli analisti della Ernst&Young hanno scoperto che anche un’amministrazione comunale su quattro vorrebbe aumentare le tariffe per la sosta in modo da ridurre i suoi debiti. Non è certo una sorpresa. Alla fine tutti vogliono la stessa cosa: più soldi.
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