Eccoci al secondo giorno pieno. Si scende per colazione, grande affollamento in sala, ma qualcosa ovviamente si trova. Si torna in camera e facciamo le cose con molta calma, poi usciamo, passiamo sotto il ponte, ma è sempre troppo presto, e il Museo delle scienze Principe Felipe non è ancora aperto. Una decina di minuti, e siamo dentro. Guardaroba free, e ci gettiamo nella curiosità. Il museo è, come avevo correttamente intuito, largamente interattivo, e decisamente orientato ai giovani; una giornata intera è forse troppo, ma Alessio si diverte perché molte delle cose presentate sono poste sotto forma di gioco e curiosità. Il canestro da centrare dopo averci tentato con un paio di occhiali con le lenti non in asse, la parte del Valencia F.C. con un mini campo da calcio dove misurare la potenza del tiro e la precisione, l'enorme pendolo di Focault appeso al soffitto della bellissima struttura disegnata da Calatrava (che però fa filtrare acqua, a proposito, stanotte è piovuto un bel po', ma oggi è un'altra bella giornata, anche se fredda), ma soprattutto il pozzo gravitazionale, dove Alessio passa una buona mezz'ora a farci girare dentro gli spiccioli, vederli accelerare, e poi a raccoglierli ben sdraiato per terra. Una pausa per mangiare qualcosa alla cafeterìa, una al negozio dei souvenir (capisco dal fatto che mio nipote spenda quasi 50 euro di ricordini, che Alessio "sente" particolarmente questo piccolo viaggio come una cosa importante), e poi rientriamo nei tre piani del museo per un ripasso generale e una visita al bagno. Alle 17 abbiamo prenotato la visione di un documentario all'adiacente imax, per cui poco dopo le 16 usciamo del museo e ci infiliamo nella scala che scende verso l'ingresso dell'Hemisfèric, immaginando che ci sia qualcosa d'altro da vedere oltre al documentario. E invece non c'è niente, e allora ci beviamo qualcosa al bar del posto. Quando è l'ora, entriamo, ci danno una fascia da indossare in testa, lì per lì penso che siano una sorta di occhiali 3D, ma dopo capisco che sono auricolari, con la possibilità di scegliere la lingua. Ci sdraiamo sulle poltrone, proprio così: lo schermo è talmente grande e concavo che per apprezzarne il più possibile, le poltroncine sono in posizione quasi orizzontale. Il documentario che ho scelto è El ùltimo arrecife (l'ultima barriera corallina), e devo dire che mi pare di aver scelto bene. Il documentario spiega l'importanza delle barriere coralline, le cose che le mettono in pericolo, il fatto che nonostante tutto la natura continuerà a crearne, ed è ovviamente spettacolare. La giornata impegnativa, o gli auricolari pesanti, generano una scena divertente: siccome le lingue disponibili erano solo francese, inglese e castigliano, ogni tanto mi giro verso Alessio per spiegargli meglio di cosa sta parlando il narratore. Ad un certo punto, mi giro e vedo che si è addormentato. Lo sveglio, ce la fa a rimanere sveglio fino alla fine. Scherzando gli chiedo se vuole comprare il biglietto per la proiezione seguente, e lui mi risponde che vuole tornare in albergo. Sulla via del cammino gli faccio questa foto, proprio accanto al museo.
Giusto perché non sono ancora le 18, facciamo una piccolissima deviazione fino all'ingresso del vicino El Corte Inglés, ci affacciamo per vedere cosa c'è nel palazzo che "contiene" anche il nostro albergo, ma rientriamo dopo poco. Solito schema della sera precedente: guardiamo un po' di olimpiadi invernali alla tele, discutiamo in maniera adulta sui suoi momenti di tristezza, dovuti alla nostalgia di casa e dei genitori, durante i quali quasi piange, ma devo ammettere che ha resistito ogni volta. Gli dico che lo capisco, che ci sono passato anch'io, che ci sono io lì con lui, e quasi mi metto a piangere io anziché lui. Telefoniamo a mia sorella e mio cognato, e facciamo due chiacchiere. Mi informo sulla situazione di mio padre. Scendiamo per cena, e Alessio non vede l'ora di terminare (alla velocità della luce) perché gli piace stare a sedere sulle poltrone girevoli davanti alla televisione nella hall. Torniamo in camera, e ci addormentiamo entrambi come due sacchi di patate.
L'ultimo giorno, come anticipato, abbiamo in programma lo zoo, o meglio il Bioparc. Quindi, ripetiamo tutto come le altre mattine, con la differenza che impacchettiamo tutto e lasciamo la camera verso le 9,30. Consegniamo la chiave, scendiamo in strada, e ci posizioniamo presso l'enorme rotatoria lì di fianco, proprio sul cammino che ci portava alla Ciutat, perché c'è uno spot per taxi, e tutte le mattine che siamo passati di lì ce n'erano almeno 3 o 4. Stamattina, nemmeno uno. Ma si aspettano solo 5 minuti, ed eccone uno. Arriviamo puntualissimi per l'apertura dello zoo, chiediamo se possiamo lasciare gli zaini e ci rispondono di si. Una delle addette, appena entriamo, ci scatta qualche foto accanto a dei gorilla di legno, le classiche foto ricordo che se vuoi puoi comprare, se non vuoi pace. Si passa una lunga passerella di legno, sotto c'è un laghetto, e si comincia la visita. Il Bioparc è progettato per non avere sbarre o gabbie, bensì fossati, laghetti, ed eventualmente vetri di divisione tra gli ambienti dove si trovano gli animali e i visitatori. L'idea è interessante, devo ammettere. Addirittura, si è ricreato una grande spianata dove leoni, giraffe, ed altri animali, convivono. Alessio è allegro, si diverte; pochissimi visitatori, la giornata è un po' nuvolosa e freddina, ma niente di grave. Giriamo con tutta calma, ci soffermiamo senza fretta. Ho una mappa in mano, e dopo poco più di un'ora mi sembra di capire che abbiamo visto tutto. Anche Alessio si ricorda chiaramente che Anna, la hostess che ci ha venduto i biglietti e che ci aveva detto che ci era stata 3 o 4 volte, ci avremmo impiegato almeno 3 ore a visitarlo tutto. E invece, forse perché c'era davvero poca gente, forse perché tutti i punti di ristoro sono chiusi, alle 11,30 siamo di nuovo sulla passerella di legno. Passiamo dallo shop, Alessio finisce i soldi che si è portato per altri souvenir, io naturalmente compro tutte le foto che ci hanno fatto all'ingresso, ritiriamo i nostri zaini ringraziando, ed usciamo in cerca di un altro taxi. Attendiamo altri 5 minuti, ed eccoci diretti all'aeroporto. Ci mettiamo a sedere, mangiamo qualcosa, ci rilassiamo. Passiamo i controlli con più di due ore d'anticipo, e poi è tutto un giocare tra di noi nella zona dei gates piuttosto deserta. Pian piano arriva l'ora, ci imbarchiamo, e in un paio d'ore siamo all'aeroporto di Pisa. Alessio pensava di trovare mia sorella in fondo alla scaletta dell'aereo. Non vedeva l'ora; ma appena si sale in macchina, è un problema farlo smettere di parlare di questi 3 giorni. Credo di aver fatto la cosa giusta.
1 commento:
Leggo solo ora - ma che bella gita! Un abbraccio allo scientist in erba ;)
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