No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20081121

brandenburger tor


Nell'attesa di trovare l'ispirazione per raccontarvi qualcosa a proposito di Berlino, vi consiglio di leggere questo post di Matteo Alviti, collaboratore di Internazionale, dal suo blog. Bello il post, bello il blog.

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Qui Berlino Matteo Alviti

Sotto il cielo di Berlino, crocevia tra vecchia e nuova Europa, multicentrica città d'immigrazioni vicine e lontane nel tempo e nello spazio


La stanza del silenzio

Sono uscito e c'era un sole accecante. Sono stati cinque mesi abbastanza lunghi, soprattutto silenziosi. Li ho trascorsi nella porta di Brandeburgo. Nella stanza del silenzio. Sono 14 anni che al centro di in una delle città più movimentate d'Europa c'è una stanza senza suoni. Se la sono inventata dei non meglio specificati "cittadini berlinesi" per riflettere sul senso della storia divisa. O anche su quello che ognuno si porta dentro in attesa di trovare un attimo di calma per pensare. O anche solo per vedere che effetto fa, una stanza del silenzio. L'idea, a dirla tutta, l'hanno rubata a Dag Hammerskjöld, ex segretario Onu che nel Palazzo di vetro, nel 1954, fece riservare una stanza per la meditazione.

Ma prima o poi dovevo uscire. Per vedere che cos'era successo alla Germania, travolta dalla crisi internazionale e scivolata nella famigerata recessione tecnica. Per capire dove sarebbe andata a finire la grande coalizione con cancelliera e vicecancelliere, Merkel e Steinmeier, a sgomitare per un posto al sole in vista della campagna elettorale dell'anno prossimo. (Hanno telefonato entrambi a Obama per congratularsi e nessuno dei due gli ha dato dell'abbronzato). Con la Spd, il partito socialdemocratico, in una profonda crisi esistenziale, diviso tra la solitudine dell'orgoglio riformista e la compagnia della sinistra massimalista. Ma sono poi così estremisti, Lafontaine e i compagni della Linke, o sono solo dei socialdemocratici radicali? Con i Verdi che dopo anni tornano per strada al fianco del movimento antinuclearista per tentare di bloccare le scorie che viaggiano tra la Germania e le Francia, mentre strizzano l'occhio ai gialli del partito liberale, che del nucleare sono sostenitori convinti. Con gli studenti medi che fanno l'ondina e a Berlino, alla fine della loro manifestazione, entrano di forza all'università, la Humboldt, occupando aule e ingresso, e distruggendo una mostra sui beni confiscati dai nazisti agli imprenditori ebraici. E gli universitari a guardarli, tra l'attonito e l'incazzato.

E allora sono uscito. E ho trovato le cose più o meno come le avevo lasciate. All'angolo, all'ingresso della metro vicino casa, il contrabbandiere di sigarette vietnamita continua a guardare a destra e a sinistra, guardingo. I metalmeccanici, nonostante la recessione, si sono portati a casa il 4,2% di aumento, che in realtà è un po' meno ma va bene lo stesso. L'83% dei berlinesi continua a fare la raccolta differenziata, anche dei rifiuti organici, che vengono rivalorizzati al 95%. E l'azienda pubblica per la raccolta dei rifiuti della capitale, la Bsr, continua a lavorare al meglio, visto che qui non ci sono discariche che stanno per scoppiare. Le discariche le hanno chiuse nel 2005, per legge.

Tra ottobre e novembre ci sono stati e ci saranno il festival del teatro italiano (venerdì è andato in scena Gomorra al Volksbühne, vibrante ma rispetto al libro poco incisivo), quello dei corti, quello del cinema israeliano e quello del cinema porno. Dell'indie-porno, dove si potevano incontrare registi statunitensi che omaggiano gli Weather Underground, il Larry Flint del porno danese, vedere documentari sulla caduta del comunismo vista attraverso la pornografia gay dall'est Europa e discutere con brillanti registe porno-femministe e attrici appassionate di Palahniuk, Safran Foer e degli album dei Tool.

A Potsdam, vicino Berlino, l'Institut for climate change continua a lavorare alacremente, e con il pieno sostegno del governo. Mentre l'Istituto per la tecnica agraria cerca il modo di prolungare la vita dei prodotti agricoli il più a lungo possibile, infilando dei sensori all'interno delle patate per capire come e perché marciscano. E fa ricerca di altissimo profilo per tentare di sviluppare dalle granaglie, a costi accettabili, di mercato, un materiale che in futuro possa sostituire tutti quelli prodotti dal settore petrolchimico. Naturale al 100%.

Insomma, fuori dalla stanza del silenzio mi sono guardato intorno, e ho capito che avevo fatto bene a uscire da quel posto. Mi sa che sono stato zitto troppo a lungo, scusate. D'ora in poi proverò a seguirla un po' di più, questa città.


15 Nov 2008 - posted by Matteo Alviti

1 commento:

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e