Allora, prima leggete questo articolo, uscito ieri su Repubblica.
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Investì una ragazza, si uccide per il rimorso
Repubblica — 11 novembre 2008 pagina 2 sezione: TORINO
La depressione lo accompagnava fin da ragazzino. Un peso che è diventato insopportabile quando, ubriaco, con la sua auto aveva travolto e ucciso una ragazza all' uscita da una discoteca, a San Secondo di Pinerolo. Corrado Avaro (foto), muratore di 31 anni, aveva detto più volte di volersi uccidere. E ieri ha aspettato che il padre uscisse di casa, poco dopo mezzogiorno, ha preso una corda e l' ha legata a una scala nella cascina di famiglia, a Cavour, dove era tornato a vivere dopo la revoca degli arresti domiciliari. Ha scritto un biglietto in cui chiedeva scusa ai suoi genitori. Poi si è lasciato andare e ha chiuso la partita con la vita, con la giustizia e con i sensi di colpa. Non ha avuto una vita serena Corrado. Madre invalida, un' adolescenza segnata da un grave incidente che un amico aveva avuto con il motorino da lui prestato. Poi la fuga nell' alcool. Due volte gli era stata ritirata la patente per aver guidato in stato di ebbrezza. Ma ogni volta gli era stata restituita e lui aveva ricominciato. A bere e a guidare. Fino al 15 luglio 2007. Di fronte alla discoteca Villa Glicini di San Secondo di Pinerolo c' è un gruppo di ragazzi appena uscito dal locale. In mezzo a loro Claudia Muro, 16 anni, di Rivalta, saluta gli amici e attraversa la strada per raggiungere il fidanzato dall' altra parte. Una frazione di secondo, lo schianto, il sangue, il corpo immobile. Corrado Avaro ha sempre detto di non averla vista. Ma la sua posizione è aggravata dal tasso di alcool nel sangue, quattro volte superiore ai limiti. Corrado scende e chiama il suo padre spirituale, don Ilario Rolle. Un gesto interpretato dagli amici come menefreghismo. «Si è acceso una sigaretta e si è messo al cellulare come se nulla fosse», avevano detto. E Corrado, in un attimo, da ragazzo problematico e depresso, era diventato «un mostro». Tentano perfino di linciarlo, prima che arrivino i soccorsi. Per lui era stato avanzata l' accusa di omicidio volontario, caso praticamente unico per un incidente stradale. Nei 26 giorni in cui era stato rinchiuso in isolamento nel carcere gli avevano tolto i lacci delle scarpe perché non potesse impiccarsi. Perché lui lo aveva detto subito «Io mi ammazzo». Poi il reato era stato derubricato a omicidio colposo ed era stato condannato a tre anni di carcere con il rito abbreviato. Era andato ai domiciliari nella parrocchia di Venaria di don Rolle, da cui era uscito per essere ricoverato all' ospedale di Pinerolo per la depressione. Ogni giorno inviava decine di sms al sacerdote che lo amava come un padre. «Continuo a sognare quell' incidente... Ma don, credimi, io non l' ho vista». Quattro giorni fa le dimissioni e la pena ridotta all' obbligo di firma. Ma ha usato la libertà solo per farla finita. Una notizia che è rimbombata anche a casa di Claudia Muro. «Una storia che non finisce mai - hanno detto i familiari - La morte tragica e improvvisa di Corrado Avaro riapre in noi una ferita che ancora sanguina. Non volevamo finisse così. Non lo volevamo noi e, ne siamo sicuri, non lo avrebbe voluto neanche Claudia. Crediamo nella giustizia e nei suoi valori, punitivi e rieducativi. Speravamo che riuscisse a rendersi conto di ciò che aveva fatto a Claudia e alla sua famiglia, ricostruendosi, al termine della pena, una vita ed un futuro all' insegna del rispetto della propria vita e di quella degli altri. Oggi è un giorno triste per la famiglia di Avaro, perché di fronte alla morte di un figlio e di un fratello, per qualunque motivo accada, il dolore che si prova è lo stesso. Solo chi ci è passato può rendersi conto della sofferenza che questo provoca. Per questo siamo vicini alla famiglia Avaro. Oggi è un giorno triste anche per noi. Oggi Claudia muore un' altra volta». - FEDERICA CRAVERO
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Ecco, nonostante tutto quello che accade, questa è la notizia che ieri mi ha più colpito. Questa è, credo, la differenza tra me e chi legge il giornale e si mette nei panni dei genitori di bambini o figli stuprati, molestati e vorrebbe uccidere chi lo fa, oppure quelli che giustificano chi dà fuoco ai barboni, perchè è così che si chiamano, o a chi lancia molotov contro campi rom perchè, insomma, danno fastidio cazzo!
A questo tipo di persone, che rispetto e devo rispettare come devo rispettare l'elettore forzitalico, facendo mio il motto attribuito a Voltaire "disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo", chiedo, per una volta, di immedesimarsi nei genitori di Claudia Muro. Semplicemente.
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