Da Internazionale, nr. 765, un reportage statunitense su un'isola che si è affrancata dal petrolio.
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L'isola nel vento
Gli abitanti di Samsø, in Danimarca, non sono più dipendenti dai combustibili fossili. Usano l’energia prodotta dalle loro turbine. Senza sacrifici e dando il buon esempio a tutti
ELIZABETH KOLBERT, THE NEW YORKER, STATI UNITI
Jørgen Tranberg è un allevatore di Samsø, un’isola della Danimarca. È un uomo robusto con una massa di capelli castani e un senso dell’umorismo imprevedibile. Quando sono arrivata a casa sua, in una grigia mattina della primavera scorsa, era seduto in cucina e fumava una sigaretta guardando la tv. Le immagini sgranate, in bianco e nero, provenivano dalla telecamera a circuito chiuso della sua stalla. Una delle mucche stava per partorire e Tranberg la stava tenendo d’occhio. Abbiamo parlato per qualche minuto, poi mi ha chiesto ridendo se volevo arrampicarmi sulla sua turbina a vento. Non è che ci tenessi particolarmente, ma ho detto di sì lo stesso.
Siamo saliti in macchina e abbiamo percorso una strada sterrata piuttosto sconnessa. All’orizzonte si profilava minacciosamente la turbina. Quando l’abbiamo raggiunta, Tranberg ha spento la sigaretta e ha aperto una porticina alla base della torre. All’interno c’era una scala a pioli di un’ottantina di metri, formata da otto scale attaccate una sull’altra. Abbiamo cominciato a salire e quasi subito ci è venuto il fiatone. In cima all’ultima scala c’era una botola, che portava
a una specie di sala macchine. Ci siamo infilati dentro: eravamo sopra al generatore. Tranberg ha spinto un bottone e il tetto si è aperto rivelando un cielo grigio e un mosaico di campi verdi e marroni che si stendevano fino al mare. Ha spinto un altro bottone e i rotori, che aveva spento mentre salivamo, hanno cominciato a girare, prima lentamente e poi sempre più veloci. Sembrava che stessimo per decollare. Mi piacerebbe poter dire che era una sensazione esaltante, ma in realtà mi dava la nausea. Tranberg mi ha guardato ed è scoppiato a ridere.
Samsø, che ha una superficie di circa cento chilometri quadrati, si trova nel Kattegat, un braccio del mare del Nord. A sud l’isola è più larga, mentre a nord si assottiglia come una lama: vista su una carta geografica somiglia un po’ a un busto di donna e un po’ a una mannaia. Ha 22 villaggi, tutti addossati sulle sue strade strette, che danno le spalle ai campi dove i contadini coltivano patate, grano e fragole. Grazie alla particolare geografia della Danimarca, Samsø è proprio al
centro del paese e, al tempo stesso, in mezzo al mare. Negli ultimi dieci anni sull’isola si è verificata un’improbabile rivoluzione. Quando tutto è cominciato, alla fine degli anni novanta, i 4.300 abitanti di Samsø avevano quello che potremmo definire un atteggiamento convenzionale
nei confronti dell’energia: finché c’era, la cosa non li interessava. La maggior parte di loro si riscaldava con il gasolio che arrivava nelle navi cisterna e usava l’elettricità importata dalla terraferma via cavo, che per lo più veniva prodotta bruciando carbone. Di conseguenza, ogni abitante di Samsø immetteva in media nell’atmosfera circa undici tonnellate di anidride carbonica all’anno. Poi gli abitanti dell’isola hanno deciso di cambiare le cose. Hanno formato cooperative
e organizzato seminari sull’energia eolica. Hanno eliminato le caldaie e le hanno sostituite con pompe di calore. Alla fine del 2001 l’uso dei combustibili fossili era già stato dimezzato.
Nel 2003, invece di importare elettricità, l’isola ha cominciato a esportarla. Nel 2005 produceva più energia rinnovabile di quanta ne usasse.
continua sabato 13 dicembre 2008
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