Lettere da Iwo Jima - di Clint Eastwood 2007
Giudizio sintetico: da vedere.
La battaglia di Iwo Jima, nel 1945, fu uno dei fondamentali passaggi della Seconda Guerra Mondiale nello scacchiere del Pacifico. Ultimo avamposto giapponese prima della nazione vera e propria, strategicamente agognata dall'esercito statunitense per poter sferrare l'ultimo e decisivo attacco al paese del Sol Levante, con l'esercito giapponese ormai allo stremo, si rivelò invece una battaglia dura e ostica per gli USA. Merito, oltre che alla particolare concezione della filosofia guerresca da parte dei giapponesi, del generale nipponico Kuribayashi, uomo raffinato e stratega moderno, legato agli States anche da un periodo di apprendimento bellico. Sono sue, soprattutto, le lettere in questione, ritrovate diversi anni dopo quasi intatte.
Non solo. Altri due protagonisti importanti, agli antipodi come estrazione e classe sociale, il fornaio Saigo e il Barone Nishi, cavallerizzo olimpionico alle Olimpiadi di Los Angeles del 1932.
La preparazione, l'attesa dell'attacco, la strenua resistenza delle truppe giapponesi sull'isola, vista molto più dal lato umano che da quello bellico.
Con una sorta di par condicio cinematografica, Eastwood, a pochi mesi da Flag Of Our Fathers, racconta la stessa battaglia dal punto di vista dello sconfitto, e lo fa dipingendo il popolo giapponese quasi migliore del suo, in una sorta di mea culpa, è proprio il caso di dirlo, post-atomico. Ispirato dal libro Lettere illustrate di un comandante in capo, dove lo storico Yoshido Tsuyoko editava le vere lettere di Kuribayashi, scritto da Iris Yamashita con l'aiuto del noto Paul Haggis (oscar per Crash come regista, ma già sceneggiatore sopraffino sempre per Eastwood in Million Dollar Baby), Eastwood si ispira al Malick de La sottile linea rossa, e riesce a mettere in scena un film come sa fare lui, con questo respiro epico che disegna figure umane piene di debolezze ma degne di un enorme rispetto, rimanendo certo meno filosofeggiante rispetto a Malick, ma anche più dinamico, seppur si combatta proprio poco in questo film.
Le linee guida del film, che dura oltre due ore ma che non risulta pesante, proprio perchè riesce ad affascinare lo spettatore con personaggi di profilo alto e profondamente commoventi, senza essere per questo retorici, sono le lettere dei giapponesi (ma, curiosamente, la lettera che toccherà maggiormente il cuore, non solo degli spettatori, è di uno statunitense, letta dal Barone Nishi al termine di una delle scene chiave della seconda parte, e poco prima di un'altra altrettanto riuscita), l'integrità e la profonda umanità del generale Kuribayashi, unita ad una spiccata modernità anche bellica, il messaggio più umano che pacifista che Eastwood contrappone alla guerra, l'intrecciarsi ellittico delle storie del generale e del soldato Saigo, unite a tutta un'altra serie di sottotrame meno approfondite, ma non per questo meno interessanti, una fotografia particolare e bellissima, prosciugata dai colori ma con alcune determinanti eccezioni.
Tutto molto bello, ampi movimenti di macchina, l'alternarsi dei flashback che ci illustrano il background dei protagonisti, il contrasto tra le scene di quiete e quelle di guerra, il commento sonoro mai invasivo, la scelta della lingua originale con i sottotitoli (quindi predominanza del giapponese con alcune frasi ovviamente in inglese), la notevole prova del monumentale Ken Watanabe, già molto apprezzato ne L'ultimo Samurai, qui alle prese col personaggio fulcro, il generale Kuribayashi, ne fanno un ottimo film, come già detto, epico, e allo stesso tempo fortemente critico verso la guerra senza essere militante.
Nonostante la sua grandezza continui a crescere, sembra quasi di toccare con mano l'umiltà di Clint Eastwood, che si misura, per mezzo del cinema, sempre con temi importanti, scegliendo l'approccio giusto.
5 commenti:
sul sound design e la struttura a flashback, intervengo riguardo al precedente "flag of our fathers" non avendo ancora potuto apprezzare "letters from iwo jima".
quando parli di commento sonoro ti riferisci alle musiche o al suono ambiente? lo chiedo perchè mi ha colpito molto il lavoro in questo campo (suono) fatto nel precedente "flags". Quando accenni poi alla struttura a flashback mi tornano in mente i flashback di "flags" quando la narrazione alterna scene di guerra e scene di festeggiamenti in patria, collegando luoghi e tempi diversi usando i suoni di bombe e mortai confondendoli con botti di fuochi d'artificio. molto raffinato.
per quel che riguarda il respiro epico ma l'assenza di qualunque compiacimento o militanza nella messa in scena, ho fatto caso guardando "flags" alla totale assenza di musica nelle scene a più ampio respiro (dove un manuale base di cinematografia invece le suggerirebbe), come per esempio nei campi lunghissimi ad inquadrare la flotta usa in avvicinamento a iwo jima. uno "strappo alla regola" che aiuta a mantenere un "profilo basso" (che era ciò che clint cercava, immagino). mi chiedo se in "letters" ha usato lo stesso accorgimento.
tutto qua. so che ti piace fare attenzione a questi particolari tecnici. purtroppo avevo solo "materiale" sul film precedente (ma è dura starti dietro).
m.
ma hai fatto ugualmente bene perchè non ho visto flags!! ero in argentina quando è uscito, e contavo di rimediare prima di letters, ma non ce l'ho fatta. lo farò quanto prima.
sulla flotta in avvicinamento mi pare in letters ci sia solo un'inquadratura, e mi pare senza musica.
per quanto riguarda il commento sonoro non invasivo mi riferivo alle musiche. il sonoro non lo giudicherei in quanto il cinema dove l'ho visto è pessimo da quel punto di vista.
ok, allora facciamo che io guardo letters e tu flag, coosì ci mettiamo a pari, almeno per quel che riguarda clint.
io l'ho visto in aereo per e da gli states.
lo schermo era piccolino ma ero in cuffia e l'audio rendeva bene. vedi se riesci a farci caso.
m.
a sto punto, visto che ce l'ho scaricato, aspetto che lo diano all'arsenale a pisa in secondissima visione e vado al cine.
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