Shortbus – di John Cameron Mitchell 2006
Giudizio sintetico: da vedere (per palati sessualmente forti)
New York, oggi. Paure su paure. Dopo l’AIDS, l’11 settembre. Le persone sono come bloccate, anche se cercano di vivere le proprie esistenze e dargli un senso.
James e Jamie sono una coppia gay giovane ma affiatata, si amano e si rispettano. James ha un problema di autostima, non riesce a spiegarsi neppure da solo di cosa si tratta. Frequentano lo Shortbus (è il nome, negli USA, con il quale si identifica l'autobus scolastico per i disabili di ogni tipo), un luogo dove tutto è permesso, un angolo di libertà e anarchia sessuale a metà tra un girone dell’Inferno e un angolo del Paradiso.
Sofia fa la terapista di coppia, ama Rob riamata, ma lei non riesce ad avere un orgasmo.
Severin si sente artista ma per vivere fa la dominatrix.
J.C.Mitchell è un lampo in un giorno di sole, una scheggia impazzita, il primo e l’ultimo dei romantici con una sessualità a 360 gradi. Il suo precedente Hedwig, la diva con qualcosa in più, uscito alcuni anni fa, distribuito malamente in Italia, era un piccolo capolavoro che mischiava musical hard rock, gay movie e, appunto, romanticismo decadente. Questo nuovo Shortbus, liquidato come un film ai confini del porno, è un’opera tanto esplicita quanto delicata, geniale quanto disturbante.
I personaggi di Shortbus, in fondo, lottano aspramente alla ricerca dell’amore vero, sublime, completo, quello che ti commuove ogni mattina appena sveglio. Questo è ciò che ce li avvicina, nonostante vivano in una metropoli che li costringe a rapporti superficiali e frettolosi. Fortunatamente, negli ultimi anni ne abbiamo avuto altri esempi, ma è sempre importante che amori non strettamente eterosessuali siano descritti con l’enfasi romantica, quella che fino a un po’ di tempo fa era riservata, appunto, a quelli uomo-donna. Certo, Mitchell si spinge oltre, e, pensate, riesce a descrivere in maniera assolutamente commovente e toccante perfino una scena di masturbazione femminile. La cosa molto apprezzabile è che, però, non è un romanticismo sdolcinato e mieloso, poco credibile: i rapporti sono descritti con tutti i suoi alti e bassi, e soprattutto vanno in profondità nelle loro problematiche. C'è il coraggio di dire "ho un problema sessuale", c'è la voglia di non accontentarsi, tipica della nostra cultura, sessualmente repressa da secoli.
Capirete certamente da queste sommarie descrizioni, che questo non è un film per tutti, quindi, se ve la sentite, osate. Shortbus è degno di nota anche perché Mitchell non è uno sprovveduto, e sa maneggiare il cinema con estro; contiene diverse parti di animazione suggestive e di ottima fattura, le inquadrature non sono mai banali, gli attori (pare quasi tutti non professionisti; inoltre sembra che abbiano partecipato attivamente alla costruzione delle scene, che il tutto sia stato una sorta di work in progress fino alla fine) sono bravi, ben diretti e intensi, la fotografia è splendida, la colonna sonora bellissima, fondamentale, parte pulsante del film.
Preparatevi dunque a un film dove pompini, trenini, sadomaso, bisessualità, uova vibranti infilate nelle vagine, autoingoi di sperma, sono descritti con un tocco poetico e allo stesso tempo molto divertente, dove tutto ha un senso e se si ride, non lo si fa per deridere. E la metafora dello Shortbus, inteso come "locale" dove tutto è permesso e dove, pian piano, si scopre quello che si vuole e che si è, non è poi così accomodante e campata in aria.
Giudizio sintetico: da vedere (per palati sessualmente forti)
New York, oggi. Paure su paure. Dopo l’AIDS, l’11 settembre. Le persone sono come bloccate, anche se cercano di vivere le proprie esistenze e dargli un senso.
James e Jamie sono una coppia gay giovane ma affiatata, si amano e si rispettano. James ha un problema di autostima, non riesce a spiegarsi neppure da solo di cosa si tratta. Frequentano lo Shortbus (è il nome, negli USA, con il quale si identifica l'autobus scolastico per i disabili di ogni tipo), un luogo dove tutto è permesso, un angolo di libertà e anarchia sessuale a metà tra un girone dell’Inferno e un angolo del Paradiso.
Sofia fa la terapista di coppia, ama Rob riamata, ma lei non riesce ad avere un orgasmo.
Severin si sente artista ma per vivere fa la dominatrix.
J.C.Mitchell è un lampo in un giorno di sole, una scheggia impazzita, il primo e l’ultimo dei romantici con una sessualità a 360 gradi. Il suo precedente Hedwig, la diva con qualcosa in più, uscito alcuni anni fa, distribuito malamente in Italia, era un piccolo capolavoro che mischiava musical hard rock, gay movie e, appunto, romanticismo decadente. Questo nuovo Shortbus, liquidato come un film ai confini del porno, è un’opera tanto esplicita quanto delicata, geniale quanto disturbante.
I personaggi di Shortbus, in fondo, lottano aspramente alla ricerca dell’amore vero, sublime, completo, quello che ti commuove ogni mattina appena sveglio. Questo è ciò che ce li avvicina, nonostante vivano in una metropoli che li costringe a rapporti superficiali e frettolosi. Fortunatamente, negli ultimi anni ne abbiamo avuto altri esempi, ma è sempre importante che amori non strettamente eterosessuali siano descritti con l’enfasi romantica, quella che fino a un po’ di tempo fa era riservata, appunto, a quelli uomo-donna. Certo, Mitchell si spinge oltre, e, pensate, riesce a descrivere in maniera assolutamente commovente e toccante perfino una scena di masturbazione femminile. La cosa molto apprezzabile è che, però, non è un romanticismo sdolcinato e mieloso, poco credibile: i rapporti sono descritti con tutti i suoi alti e bassi, e soprattutto vanno in profondità nelle loro problematiche. C'è il coraggio di dire "ho un problema sessuale", c'è la voglia di non accontentarsi, tipica della nostra cultura, sessualmente repressa da secoli.
Capirete certamente da queste sommarie descrizioni, che questo non è un film per tutti, quindi, se ve la sentite, osate. Shortbus è degno di nota anche perché Mitchell non è uno sprovveduto, e sa maneggiare il cinema con estro; contiene diverse parti di animazione suggestive e di ottima fattura, le inquadrature non sono mai banali, gli attori (pare quasi tutti non professionisti; inoltre sembra che abbiano partecipato attivamente alla costruzione delle scene, che il tutto sia stato una sorta di work in progress fino alla fine) sono bravi, ben diretti e intensi, la fotografia è splendida, la colonna sonora bellissima, fondamentale, parte pulsante del film.
Preparatevi dunque a un film dove pompini, trenini, sadomaso, bisessualità, uova vibranti infilate nelle vagine, autoingoi di sperma, sono descritti con un tocco poetico e allo stesso tempo molto divertente, dove tutto ha un senso e se si ride, non lo si fa per deridere. E la metafora dello Shortbus, inteso come "locale" dove tutto è permesso e dove, pian piano, si scopre quello che si vuole e che si è, non è poi così accomodante e campata in aria.
Un piccolo brillante, che potrete vantarvi di aver visto.
3 commenti:
bella recensione!
ho trovato la prima parte più riuscita della seconda:l'ironia e la malinconia che si respira in gran parte del film si perde forse via via un po' per strada.Non mi ha convinto molto il finale,leggermente tirato per le lunghe in una specie di autocelebrazione collettiva di tutti i personaggi.In modo particolare non mi ha convinto il personaggio di James,molto più coinvolgente,profondo e curato all'inizio del film: tutte le sue turbe sembrano svanire di colpo alla fine dopo che si "apparta" con il vicino di casa...
bellissima la fotografia e la new york di cartapesta è affascinante!
Molte recensioni che ho letto erano unanimi sul fatto che la seconda parte fosse più debole della prima. Proprio per questo mi sono rivisto un po' il finale. E' vero che ha meno forza ironica e divertente, ma del resto deve tirare le fila ed arrivare ad una qualche conclusione. E' vero che abbonda un po' di retorica, ma insomma, in qualche maniera doveva far finire le storie. Però nonostante tutto, non è che gli svaniscano poi del tutto le turbe a James no? e quel gioco di sguardi da finestra a finestra con Jamie secondo me vuol dire che in fondo l'amore c'è ancora. Almeno, l'ho vista così...
certo che doveva tirare le fila,dico solo che il finale era un po' prevedibile,poco originale, tutto qui!
e per quanto riguarda James non mi sono spiegata bene:sicuramente lui è ancora innamorato di Jamie,se pur dopo un percorso tormentato se ne rende conto(proprio mentre si guardano dalla finestra). ma tutti gli altri problemi che lo affliggevano che fine fanno?quando va con il vicino ha appena tentato il suicidio...e dopo?insomma per me rimane un po' irrisolto o forse risolto tutto troppo in fretta!
Non tolgo il fatto che sia un film coraggioso,e mi è anche piaciuto,ma
visto "Edwig",mi aspettavo qualcosa in più! :)) !
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