Leoni per agnelli - di Robert Redford 2007
Giudizio sintetico: si può vedere
Stati Uniti d'America, oggi. Tre storie si svolgono contemporaneamente, lontane e anche lontanissime, ma sono strettamente legate tra di loro. A Washington D.C., il rampante senatore repubblicano Jasper Irving convoca l'esperta giornalista Janine Roth, di diverse vedute politiche ma la prima che riconobbe la sua ambizione e valenza politica, per comunicarle un cambio di strategia nella guerra al terrorismo, in particolare in Afghanistan. Alla West Coast University, il professor Malley, ex idealista ma ancora convinto di saper riconoscere le menti eccelse, e di avere il dovere di indirizzarle verso la vita politica attiva per il bene del paese, contrario alle guerre in corso, convoca il suo miglior allievo, Todd Hayes, per convincerlo ad "applicarsi" di più e a prendere decisioni importanti. Sui monti afgani, intanto, due ex allievi di Malley, Arian Finch, nero, e Ernest Rodriguez, di origini messicane, stanno mettendo in pratica il cambio di strategia voluto da Irving, e si sono arruolati contrariamente al volere del prof. Malley, per cambiare le cose attivamente, per tornare dall'Afghanistan con qualche soldo e una solida credibilità, che permetterebbe loro di essere ascoltati a proposito del loro progetto sull'istruzione secondaria statunitense, progetto che è uscito durante un compito assegnato loro da Malley.
Un film sulla guerra ma non solo. Un film molto parlato, dove bisogna stare attenti a non perdere nemmeno una battuta. Un film, tra l'altro, costato poco dal punto di vista realizzativo (oltre i 2/3 del film sono girati in interni, e gli esterni sono girati in una furbissima oscurità, il che consente il massimo risparmio), probabilmente molto di più dal punto di vista degli ingaggi (il cast è importante). La regia di Redford è anche ingessata, molto statica giocoforza, ma ovviamente il cast è diretto molto bene, e i dialoghi sono più che interessanti, ricchi di spunti di discussione, riflessione, circolari e legati tra di loro (mentre Irving dice alla Roth che la nuova strategia è ispirata ai Romani, Malley dice a Todd che "Roma brucia"; Todd spiega la sua repulsione per i politici con una frasetta-chiave che alla fine smaschera Irving a proposito della sua credibilità). Cruise giganteggia impersonando con viscidità e fascino il senatore prodigio, la Streep svolge il suo compito più che diligentemente, alternando tutta una serie di stati d'animo durante l'intervista/colloquio e pure dopo, col suo editore, forse dei tre "grandi" è Redford l'anello debole. Ma la riflessione, soprattutto su se stessi, che Redford introduce, su tutti i grandi temi etici, sociali e politici, è il vero valore aggiunto di questa pellicola che, intelligentemente, essendo molto parlata, è molto breve per evitare le ridondanze inutili.
Se inquadriamo l'uscita, come spesso è opportuno fare, nel periodo italiano, uno dei pochi film che meritano di essere visti.
2 commenti:
visto.
spunti interessanti. la morale democratica.
A me è piaciuto davvero tanto. E' un film che fa venire voglia di "sporcarsi le mani".
Inutile dire che c'è chi è uscito dalla sala iniziato alla tossicodipendenza :D, ma non è stato il mio caso.
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