L'armata Brancaleone - di Mario Monicelli (1966)
Giudizio sintetico: da vedere (3,5/5)
Giudizio vernacolare: è lo vero!
Italia medievale, all'incirca nell'XI secolo. Una improbabile manciata di uomini semplici, Abacuc, un vecchio ebreo, Pecoro, un rozzo ignorante, Manuc, un ragazzino senza arte né parte, e Mangold, un lungagnone di chiare origini teutoniche, durante una razzia da parte di un cavaliere nel villaggio dove i quattro stazionavano, riescono ad avere la meglio sul cavaliere, e si impossessano dei suoi averi. Scoprono una pergamena imperiale che avrebbe dato al suddetto cavaliere, il possesso del feudo di Aurocastro. I quattro si mettono in cerca di un altro cavaliere, con il quale mettersi d'accordo per prendere possesso del feudo. Si rivolgono quindi a Brancaleone da Norcia, appunto un cavaliere, ma spiantato come loro, dotato però di un eloquio particolarmente forbito. L'armata Brancaleone, dopo le iniziali titubanze del cavaliere, si mette in cammino per Aurocastro. La strada li porterà si al feudo, ma sarà piena di peripezie...
Capolavoro? Probabilmente no, ma sicuramente film di culto assoluto. Monicelli, con i fidi Age e Scarpelli che lo coadiuvano nella stesura della sceneggiatura, mettono in piedi una commedia all'italiana che segue si uno schema già rodato e se vogliamo, pure abbastanza prevedibile, ma situano l'azione in un medioevo italiano decisamente straccione, e già questa è una delle chiavi vincenti del film. E' ovvia una certa assonanza con l'Italia di sempre, fanfarona ma di gran cuore, alle prese con mille impicci, gli esterni sono impressionanti e decisamente convincenti, come pure i costumi, a volte straccioni, appunti, altre volte volutamente grotteschi.
Altra caratteristica vincente del film, il linguaggio, senza nessuna base storica, ma ricavato da un miscuglio di latino, italiano volgare dell'epoca e dialetto, dal risultato assolutamente travolgente.
Per finire, il cast. Bellissime Maria Grazia Buccella (La vedova appestata) e Catherine Spaak (Matelda), spassosi i quattro dell'armata, il film è dominato da un maestoso ed imponente Vittorio Gassman nei panni di Brancaleone, talmente superbo che nel film troviamo un Gian Maria Volontè, nei panni di Teofilatto, a fargli da spalla con un profilo piuttosto basso (Pare che Volontè fosse stato imposto a Monicelli da Mario Cecchi Gori; il regista avrebbe voluto Raimondo Vianello per quella parte). L'unico che pare potergli "tenere testa" sembra un altrettanto straordinario (ed irriconoscibile) Enrico Maria Salerno nei panni dell'invasato monaco Zenone (Personaggio ispirato a Pietro l'Eremita).
Da non perdere.
Nessun commento:
Posta un commento