No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20110510

Tsotsi


Il suo nome è Tsotsi – di Gavin Hood (2006)


Giudizio sintetico: si può perdere (2/5)

Giudizio vernacolare: e saosa, si fanno le 'arezze 'n quella banda


Tsotsi, letteralmente “gangster”, vive, o meglio sopravvive nella baraccopoli di Soweto, vicino a Johannesburg, ed è a capo di una gang formata da Butcher il cattivo, Boston il filosofo e Aap l’energumeno. Senza famiglia e senza passato, vivono di espedienti e di cattiveria, ai margini della società. Una sera, per rubare il portafoglio ad un anziano sulla metropolitana, lo uccidono con una coltellata, lasciandolo senza vita sul pavimento del vagone vuoto. Il fatto ha delle ripercussioni sulla gang; Boston, infatti non condivide il gesto, provoca Tsotsi che reagisce con un uragano di violenza e gli cambia i connotati. Esasperato dal suo stesso gesto, Tsotsi inizia a vagare senza meta in una notte piovosa, non sapendo dove andare. Avvistata una ricca signora che sta rientrando nella villetta sfarzosa con il macchinone, che sta avendo problemi ad aprire il cancello automatico, ruba la macchina e, alla reazione della donna, le spara a bruciapelo. Dopo alcuni secondi, durante la fuga, si accorge che sul sedile posteriore c’è un bambino piccolissimo. Per poco non si uccide andando contro un segnale stradale. Ancora in preda alla concitazione della fuga, per un attimo pensa di lasciarsi il piccolo alle spalle (dentro l’auto), poi ci ripensa. Quello è l’attimo che cambierà la sua vita. All’inizio quasi inconsapevole, inizia il suo percorso di redenzione. Dapprima, disperato alle prese con la cacca del bambino e senza saperlo nutrire, commette alcune enormi ingenuità, poi, la geniale idea di costringere con la forza Miriam, una ragazza madre incrociata qualche volta per strada, a nutrire il piccolo, vista la sua esperienza. La ragazza sarà il grimaldello per la remissione dei suoi peccati.


Vincitore dell’Oscar 2006 come miglior film straniero (Ma...in Sudafrica non parlano inglese? E “Private” di Costanzo non fu escluso perché girato in inglese? Qui, qualcosa non quadra), tratto dal romanzo “Tsotsi” di Athol Fugard, il film di Hood è poco di più che un film ruffianissimo, che non ha praticamente niente di esotico o etnico e scimmiotta il cinema americano (nemmeno quello migliore). Lo schema è iper-sfruttato (giovane violentissimo abbandonato a se stesso, illuminazione, amore e redenzione), la colonna sonora che lo rende incalzante non è niente di più che hip-hop africano, la regia ha poco da aggiungere. Bella la fotografia, coloratissima anche se predominano le scene notturne, e lo sguardo impenetrabile del protagonista. Affascinante nella sua pacatezza, fuori dagli schemi occidentali come bellezza, l’attrice che impersona Miriam, Terry Pheto.

Visto che ci costringono ai paragoni e ai raffronti, nella cinquina dei candidati il palestinese “Paradise Now” era anni luce migliore; e se la vogliamo dire tutta, “Il suo nome è Tsotsi” è molto meno interessante del tedesco “La rosa bianca”, e perfino del nostrano “La bestia nel cuore”.

A voi la scelta.

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