Sono alcune settimane che nel condominio dove abito, è stata installata una parabola comune, e, tramite contratto con l'installatore (Un vecchio conoscente, appassionato anche lui di musica, tra l'altro, che mentre sistemava le ultime cose ha sbirciato tra i miei vinili e mi ha detto "ne hai fatta di strada dai Kiss eh?"), un decoder per il digitale terrestre in ogni appartamento.
Da quel momento, la mia "vita televisiva" è cambiata. Se prima accendevo la tele solo per guardare film o telefilm, adesso la accendo anche per guardare le notizie. E, in pratica, utilizzo un solo canale: Al Jazeera International (Linkato, il sito), in inglese. Una sorta di CNN con uno sguardo più ampio sul mondo, soprattutto arabo. Notizie 24 ore su 24, e documentari spettacolari a livello di contenuti.
I conduttori, alcuni molto famosi (Riz Khan, David Frost, si proprio quello di Frost/Nixon!), non si fanno mettere i piedi in testa da nessuno, fanno le domande loro, e conducono la linea dei programmi di approfondimento dove vogliono loro.
A parte questo documentario su Norman Finkelstein, già segnalato, in questi giorni stanno andando una serie di documentari sulla musica araba, che secondo quello che si dice nell'intervista al regista, è parte della rivoluzione (The Arab awakening la chiama Al Jazeera), a cura, pensate un po', di Fermin Muguruza, che evidentemente, ha "saltato lo steccato", e da musicista è diventato regista (Appariva nel monumentale documentario La pelota vasca di Julio Medem, qualcuno lo conoscerà per la sua militanza nei Negu Gorriak, e per le sue collaborazioni con Manu Chao e Banda Bassotti, tra le altre cose).
Un po' come Rai e Mediaset, vero?
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