Gabrielle – di Patrice Chéreau (2005)
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Giudizio vernacolare: palloso, ma ganzo
Inizi del ‘900, Jean è ricco e rispettato, è sposato con Gabrielle da dieci anni, vivono in una casa sontuosa con uno stuolo di servitrici. Frequentano una cerchia ben definita di amici e conoscenti, e tutti i giovedi le loro cene sono invidiate e movimentate. Un pomeriggio, di rientro, Jean trova una lettera. E’ di Gabrielle, se n’è andata con un altro uomo. E’ innamorata di lui.
Jean non capisce, è completamente destabilizzato. Improvvisamente, suonano alla porta. E’ Gabrielle. E’ tornata. Comincia una lotta di nervi tra i due. Finirà in modo sorprendente.
Jean non capisce, è completamente destabilizzato. Improvvisamente, suonano alla porta. E’ Gabrielle. E’ tornata. Comincia una lotta di nervi tra i due. Finirà in modo sorprendente.
Chereau è un ottimo regista, nonchè sceneggiatore. Uno sperimentatore, un coraggioso. Mai aspettarsi qualcosa di classico da lui. Anche il colossal ‘’La regina Margot’’ aveva qualcosa di particolare, anche se forse, tra tutti, è il più vicino all’idea di film "medio". Ha avuto anche un buon successo con ‘’Intimacy’’ (sua la regia), e chi lo ha visto ne ‘’Il tempo dei lupi’’, di Michael Haneke, non se lo dimenticherà facilmente neppure come attore.
Questo ‘’Gabrielle’’ assomiglia moltissimo ad una messa in scena teatrale, ed è tratto dal racconto breve ‘’Il ritorno’’ di Joseph Conrad. Alterna bianco e nero (i pensieri di Jean) al colore, cupo, visto che siamo sempre in interni, sempre nella enorme casa dei due coniugi insoddisfatti, stoppa le azioni salienti sottolineandole con scritte sovraimpresse, a metà fra il film muto e la farsa. L’incedere è lento, teso, le facce sono segnate dall’ipocrisia (prima) e dal nervosismo e dalla disperazione (dopo), i dialoghi taglienti e forbiti. Certo, la noia e lo sbadiglio sono dietro l’angolo; il film è davvero pesante.
Bravissimi i due protagonisti, Pascal Greggory e Isabelle Huppert, quest’ultima completamente a suo agio in questo tipo di parti, e molto vicina al regista in più occasioni.
Solo per appassionati.
Questo ‘’Gabrielle’’ assomiglia moltissimo ad una messa in scena teatrale, ed è tratto dal racconto breve ‘’Il ritorno’’ di Joseph Conrad. Alterna bianco e nero (i pensieri di Jean) al colore, cupo, visto che siamo sempre in interni, sempre nella enorme casa dei due coniugi insoddisfatti, stoppa le azioni salienti sottolineandole con scritte sovraimpresse, a metà fra il film muto e la farsa. L’incedere è lento, teso, le facce sono segnate dall’ipocrisia (prima) e dal nervosismo e dalla disperazione (dopo), i dialoghi taglienti e forbiti. Certo, la noia e lo sbadiglio sono dietro l’angolo; il film è davvero pesante.
Bravissimi i due protagonisti, Pascal Greggory e Isabelle Huppert, quest’ultima completamente a suo agio in questo tipo di parti, e molto vicina al regista in più occasioni.
Solo per appassionati.
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