Per tutti noi e tutti voi che amate il calcio. Dal Manifesto di qualche giorno fa.
Fashanu, il calciatore gay che finì impiccato
Calcio e omofobia
La tragica storia del centravanti del Nottingham Forest, l’unico calciatore che ha dichiarato di essere gay in un mondo dove il tabù dell’omosessualità pesa come un macigno. Serie A compresa
ALBERTO PICCININI
La storia di Justin Fashanu, l’unico calciatore ad aver ammesso pubblicamente la sua omosessualità, poi morto suicida nel 1998, è tristemente nota. Il motivo è semplice, e col passare del tempo quasi agghiacciante. E’ una storia unica. Nessun calciatore professionista e omosessuale, durante la sua carriera, ha mai rivendicato (ma neppure semplicemente detto) di esserlo. Sul tema ci sono voci, storie, divertimenti, battute, battutacce e, va da sé, canzonacce da stadio. Tutto si ferma lì. Il calcio è lo sport più popolare al mondo, è uno degli spettacoli più televisti del pianeta - specie in occasione delle grandi competizioni - e negli ultimi dieci anni è diventato un discreto palcoscenico di popstar e idoli di culto. Ma il tabù dell’omosessualità vi pesa tutt’ora come un macigno. Fashanu. Figlio di un avvocato nigeriano, nato a Londra e adottato da una famiglia inglese quando i suoi genitori divorziarono, divenne celebre nei giorni del suo passaggio dal piccolo Norwich al più blasonato Nottingham Forest: fu il primo giocatore nero a raggiungere la quotazione di un milione di sterline, da promettente e spettacolare centravanti qual’era. E aveva solo vent’anni. Sfortunatamente le promesse non vennero mantenute - e questo può capitare. Lui, oltretutto, dovette passare sotto le forche caudine del razzismo da stadio di allora. Vide piovere davanti ai suoi piedi interi caschi di banane lanciati dagli spalti. Giocava male. Ma quel che infastidì veramente l’allenatore Brain Clough furono le voci insistenti delle frequentazioni di bar e locali gay che presero ad accompagnare il suo giocatore.C’è uno scambio di battute tra i due riportato nell’autobiografia dell’allenatore, scomparso due anni fa. Sembra una barzelletta. Dice così: «Dove vai se vuoi una pagnotta?», «Da un fornaio, credo», rispose Fashanu. «Dove vai se vuoi un cosciotto di montone?», «Da un macellaio». «E allora - scoppiò Clough - perché continui ad andare in quei fottuti locali per froci?». Disse così. In uno spogliatoio probabilmente. In quello stesso luogo, un’altra volta, Fashanu aveva dato prova di un certo senso dell’umorismo. A un compagno di squadra che gli chiedeva senza mezzi termini «Fash, dimmi la verità, sei gay?» lui rispose «Se mi dai un bacio te lo dico». E così via. Però prese a giocare ancora peggio.In un libro di due anni fa, intitolato Those Feet, storia sensuale del calcio inglese, David Winner risale ai tempi delle public school britanniche per scoprire come l’omofobia alberghi nel dna della cultura calcistica fin dalle origini. Nei trattati degli headmaster che, oltre a sorvegliare gli studi dei loro allievi, andavano tracciando le regole del football e del rugby a metà ottocento per migliorarne le qualità fisiche e morali, l’ossessione vittoriana per il sesso è sempre al primo posto. Nel loro progetto educativo gli sport di squadra, e l’esercizio fisico, quindi la benefica stanchezza notturna, dovevano tener lontane le tentazioni adolescenziali. Specie quelle solitarie. Ma non solo. «E’ terribile - si legge in un pamphlet- Abbiamo trovato questo ragazzo più grande assieme a un altro, più giovane, a letto insieme. Gli stava insegnando a masturbarsi». A tal punto è temuta, che l’omosessualità non è neppure presa in considerazione.Peter Tatchell, un’attivista gay che lo frequentò negli anni ’80, ricorda che Justin Fashanu pensava a un coming out fin da quando il suo allenatore l’aveva preso di mira. Il calcio era molto cambiato, stava ancora cambiando. Dalle public school era penetrato nel fondo della cultura popolare. Ora, dal dominio dello sport entrava in quello dello spettacolo, ambiente solitamente di più larghe vedute rispetto alle scelte sessuali individuali. Pure, su consiglio di Tatchell, Fashanu si era convinto a rinunciare a quella che sarebbe stata comunque una dichiarazione esplosiva. Non voleva compromettere la sua carriera. Entrò invece in una comunità di Cristiani Rinati, e la cosa non dovette propriamente aiutarlo, psicologicamente parlando. Secondo quanto racconta Tatchell, nelle molte chiacchierate durante la loro amicizia, Fashanu rivelò i nomi di almeno 12 calciatori omosessuali, che si guardavano bene dal farsi scoprire. Tatchell non fece mai i nomi. Solo un anno fa, qui da noi, Franco Grillini aveva ancora fatto scalpore dichiarando alla Gazzetta dello Sport di conoscere una ventina di calciatori omosessuali e un arbitro («fa una vita d’inferno»). Mesi or sono un mensile tedesco pubblicò le confessioni di tre giocatori di serie C, senza farne i nomi. Infine Simon Kuper annunciò sul Financial Times che alcuni giocatori olandesi erano pronti all’outing. Di loro si sono perse le tracce, al momento.Brian Clough, che pure era un uomo di sinistra, e aveva sostenuto la lotta dei minatori contro la Thatcher, rivendette il suo centravanti alla squadra rivale della città, il Notts County, per un prezzo stracciato. 150.000 sterline. Per Fashanu fu l’inizio della fine. Poco tempo dopo, un grave infortunio al ginocchio ridusse di molto le sue residue speranze di carriera. Justin, che quando si era rivelato si era potuto fregiare del titolo di Pantera Nera conferitogli dai tifosi, poi declassato a bloody poof (dannato frocio) dal suo allenatore, si ridusse a cercare ingaggi in Canada pur di sostenere le sue magre finanze. Infine si decise: vendette al famigerato The Sun, per 100.000 sterline, l’esclusiva della sua confessione. L’articolo uscì il 22 ottobre 1990. Il titolo recitava: «Star del calcio da 1 milione di sterline: sono gay».Prezzi di mercato. Per 30.000 euro il vicepresidente del Milan Adriano Galliani ha tolto dal mercato le foto di un calciatore professionista riprese da un teleobiettivo in un’orgia gay. Il Sun ci sarebbe andato a nozze. Da quanto risultava dalle soffiate dei giornali su Vallettopoli poteva trattarsi di Alberto Gilardino, bomber timido e icona gay. L’unica figura ambigua ammessa nel calcio, a tutt’oggi è l’icona gay: Cannavaro in Italia («Io icona gay? Preferisco piacere alle donne»); Beckham nel mondo (sesto nella classifica delle icone gay, dopo Marilyn). Venne fuori che sulle foto era ritratto Francesco Coco, giocatore a fine carriera e alla ricerca di una squadra («Si trattava di uno scatto spensierato fatto da un amico»).Fu nel 1998. Quando era finito a fare l’allenatore nel Maryland (la squadra si chiamava Maryland Mania). Fashanu fu accusato di aver costretto un diciassettenne ad aver rapporti sessuali. Il ragazzo parlò di rapporti orali e nel 1998, in Maryland, era ancora in vigore una di quelle famigerate leggi anti-sodomia che dichiarava punibile col carcere il rapporto orale anche tra moglie e marito. Lasciato in libertà in attesa del processo scappò in Inghilterra. Dove non trovò nessuno che potesse aiutarlo a mettere in piedi un uno straccio di difesa. Era stato disconosciuto dal fratello, anche lui calciatore, oggi commentatore televisivo. La comunità nera lo aveva fatto oggetto di strali indecenti, attraverso The Voice. Solo e disperato, Fashanu si impiccò 15 giorni dopo in un garage di Londra, con un filo elettrico al collo, lasciandosi cadere da una pila di pneumatici.
3 commenti:
raccapricciante.
se già nella società quotidiana l'omofobia è fortissima, nel mondo dello sport il fenomeno assume dimensioni ancora più inquietanti.
recentemente c'è stato anche il primo coming out nella NBA, da parte di un ex giocatore (ovviamente, figuriamoci se un giocatore in carriera corre un rischio simile... specie in un mondo, come lo sport professionistico americano) dove il machismo domina. non tutti l'hanno presa benissimo. si chiama John Amaechi.
io lo ricordo anche per le sue prodezze da mai dire gol...
quello è il fratello John, che giocava nel Liverpool
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