No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20070614

matrimonio di convenienza


Il matrimonio di Tuya – di Wang Quanan 2007

Giudizio sintetico: da vedere, per appassionati


Siamo in Cina, e precisamente nella parte mongola della Cina. Spazi vastissimi, condizioni atmosferiche proibitive, ricchezza zero. Lo spopolamento delle aree desertiche verso le città è conclamato, ma qualcuno resiste. E’ il caso di Tuya, una bella donna mongola, fortissima ma sfortunata. Il marito, Bater, è storpio in seguito ad un incidente occorsogli mentre tentava di scavare un pozzo davanti la loro casa: l’acqua è un bene fondamentale dappertutto, figuriamoci in quei luoghi. Un uomo storpio non ha più senso: Tuya tira avanti con caparbietà la sua vita rurale, crescendo i figli ancora piccoli, dando da mangiare a loro e al marito, andando a prendere l’acqua un paio di volte al giorno, pascolando il gregge di pecore, cucinando, espletando tutti i ruoli. Spezzandosi la schiena, si direbbe. Lo fa con una dignità e un ottimismo incredibile.

Le persone intorno a lei, però, si preoccupano, e il giorno in cui, in seguito ad un malore, le viene riscontrato un grave scorrimento delle vertebre della spina dorsale, perfino la cognata, d’accordo col marito Bater, inizia a chiederle di divorziare, in modo da sposarsi di nuovo con qualcuno che, almeno, non sia un peso.
Dopo un iniziale resistenza, Tuya capitola. I pretendenti non mancano, si può dire che c’è la fila alla porta di casa: dopo un breve e cordiale colloquio, se ne vanno tutti. La condizione fondamentale che pone Tuya, è che Bater rimanga con la nuova famiglia.

Orso d’oro all’ultimo Festival di Berlino, un film non bellissimo e avvolgente come altri capolavori orientali o rurali, ma un duro spaccato di un angolo di mondo che esiste ancora, e che ci ricorda da vicino, perché no, il nostro passato non troppo lontano. Una pellicola che ci mostra le grossolane contraddizioni di una Cina rampante (i poster di Mao e l’ospedale che non continua nelle cure senza soldi) e allo stesso tempo con un piede ancora ben saldo nel medioevo, ma soprattutto, una storia che ha come protagonista una figura di donna che, se vedrete il film, non vi dimenticherete mai. Assolutamente.
Interpretata in maniera da lasciare senza fiato e parole dalla bella e possibile Yu Nan, Tuya domina il film e alla fine possiede letteralmente lo spettatore.

Come già detto, siamo di fronte ad un lavoro consigliato agli appassionati, soprattutto di un certo tipo di cinema, quello cioè che racconta della gente vera; il regista si mette a disposizione della storia, la riprende senza risultare presente, campi lunghi quando occorrono (e, in quei paesaggi, spesso occorrono), interni modesti ma efficaci, costumi bellissimi solo all’occorrenza. Facce di pietra ma cariche di un’umanità troppo spesso dimenticata, messaggi chiari (l’urbanizzazione selvaggia della Cina sfiorata ma ben presente, specialmente se vissuta da spiriti liberi abituati ai grandi spazi, il paradosso del “comunismo capitalista” citato sopra, l’importanza mondiale dell’acqua), ritmo sorprendentemente buono, addirittura rapido per un lavoro asiatico, storia semplice ma accattivante. Alcune battute memorabili, e, ribadiamolo, una protagonista da standing ovation. Molto divertente anche il personaggio del vicino di casa sciroccato. Un film che rimane.

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