No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.
20060217
Colombia gen 06 - 29
Holiday in Colombia 14
18/1/2006 La vida es bella
La sveglia, dunque, non esiste. Non che gli altri, a parte Peter, siano molto riposati. Ad ogni modo ci prepariamo e partiamo per Pueblito presto. Il cammino è davvero complicato, in salita, lastricato da pietre, fango e difficoltà varie. Sono in grande difficoltà rispetto agli altri, sarà l'età, sarà che non sono abituato, sarà che non ho il fisico, fatto sta che meno male Peter si offre di portarmi lo zainetto e ogni tanto si ferma ad aspettarmi e a darmi una mano. Dopo quasi due ore siamo in cima, a Pueblito. Alcuni resti di un insediamento Tayrona, molto verde, e una capanna abitata, pare solo da bambini. Di fianco alla capanna una specie di microscopico bar che vende beveraggi, la ragazzina (così sostiene Juli, ma sinceramente non ero stato in grado di assegnare un sesso) india che si muove lì vicino però non parla. Un silenzio assordante, quando manca la comunicazione. Comincia la discesa, ed è dura quasi quanto la salita, essendo ripida le mie caviglie soffrono le pene dell'inferno. Arriviamo di nuovo a Cabo, salutiamo Francesco che rimane, e senza mangiare continuiamo a camminare verso Arrecifes, Cañaveral e l'uscita dal parco. Ci vuole quasi un'altra ora, e il sole è quasi allo zenith. Sosta a Cañaveral, beviamo un frullato in tre e andiamo al bagno, poi ripartiamo. Altri 45 minuti per arrivare al punto dove la jeep fa "servizio", e come all'andata appena c'è il cassone pieno in 10 minuti siamo all'uscita. Attraversiamo la strada perchè ci ricordiamo bene che il bar dalla parte del parco è molto più caro del ristorante di fronte, e cerchiamo di mangiare qualcosa; come sempre io ho qualche problema. Si avvicinano due poliziotti, hanno voglia di far conversazione. Uno di loro porta Juli a un ristorante lì vicino dove fanno un ottimo Tamales, ma è una roba piena di carne, quindi passo. Sono due ragazzi, giovani, giovanissimi, ci chiedono le impressioni sulla Colombia (una cosa che faranno quasi tutte le persone con le quali parleremo), ci dicono come vedono i nostri paesi, cose così. Li salutiamo e prendiamo il primo autobus che passa, dice che ci lascia al terminal di Santa Marta. Tra parentesi, stiamo cominciando a prendere in considerazione la possibilità di non scendere fino al Perù attraversando l'Ecuador, come avevamo progettato inizialmente. Ci sembra che in Colombia ci siano parecchie cose da vedere, troppe città dove arrivare, e distanze piuttosto lunghe. Dobbiamo solo verificare che il volo di ritorno lo possiamo predere da Bogotà, come mi pare ci sia scritto sul biglietto. Se così è, scenderemo fino a sud, e poi torneremo l'ultimo giorno a Bogotà. Chiusa parentesi. Da un estremo ad un altro, ci ferma la polizia per una perquisizione, poi si riparte. Al terminal io e Juli facciamo i biglietti per Cartagena, Peter partirà domani con calma per Barranquilla, vuole andare al carnevale. Solita trattativa, ma il bus parte tra mezz'ora. Vado con Peter, che rimane, al Miramar a prendere il bagaglio mio e di Juli, in taxi, Juli rimane qui perchè ha bisogno di usare internet. Ci carica un taxista dalla faccia magrebina, e mi pare molto simpatico, contratto il prezzo, mi sembra giusto, andiamo, bisogna fare alla svelta. Di corsa a scendere i bagagli da quella specie di soffitta dove li avevamo lasciati, l'addio con Peter è breve ma sentito, ci terremo in contatto e magari ci rivedremo, Berna non è così lontana. Ivan, così si chiama il taxista, riparte per il terminal e mi siedo davanti, preferisco, meno formale. Ce la facciamo, tranquilo, e ci lasciamo andare a una chiaccherata che sembra tra vecchi amici, donne, famiglia, lavoro. Mi racconta di sé, del fatto che lavora duro, che ha una ex moglie che gli rompe sempre le scatole e che vorrebbe tornassero insieme, di sua figlia, di sua madre, delle sue origini algerine, del suo parente in Francia che non lo vuole aiutare ad andare a lavorare lì, poi mi guarda e mi dice pero la vida es bella, ¿no? Mi chiede dove vivo, cosa faccio. Arriviamo in tempo, gli lascio 1000 pesos in più ma gli devo spiegare che glieli voglio lasciare, lui all'inizio non capisce, mi chiede il numero di telefono e mi dice che mi chiamerà. Ivan.
Partiamo per Cartagena de Indias e da stamattina sembrano passati tre giorni, invece è sempre il 18 gennaio. Ci dovrebbero volere un paio d'ore, ce ne mettiamo quasi quattro. Dietro di noi sul bus un bambino mulatto splendido ha voglia di giocare. La mamma avrà 15 anni. E viaggia con la mamma. Assurdo. Arriviamo che è buio, chiamiamo per una camera, hotel Marlin, consigliato da Francesco, economico, perfetto, prendiamo un taxi e andiamo. Durante il tragitto, solita storia del taxista (eppure Ivan era in gamba!), il quartiere è peligroso, l'hotel no es bueno, e via così. Da una parte ci entra, dall'altra ci esce. All'hotel Marlin, por favor. Arriviamo e l'impressione non è bellissima, ma la faccia del ragazzo alla reception mi mette a mio agio; sembra un rapper vestito da receptionist che ha comprato gli indumenti in un grande magazzino. Gentilissimo, ma grande e grosso, in una rissa è meglio essere suoi amici. La doppia con bagno è decente, non pulitissima, ma già a questo punto si è visto di peggio, e poi è super-economica. Unico neo, sembra di essere a parete con un salsodromo, musica a palla. Juli si esalta subito. Usciamo in cerca di cibo e per dare un'occhiata. In effetti, il quartiere non ha un bell'aspetto, soprattutto senza la luce del sole, qualche persona che dorme sugli scalini dei portoni, locali che sembrano pertugi (ma sono convinto che se entri ti diverti e nessuno ti rompe il cazzo), sporco per terra, facce truci. Ci facciamo tutta la strada e nessuno ci considera. Arriviamo a un parco, c'è una specie di festa ma pochissima gente, tiriamo dritto perchè vediamo la torre con l'orologio, oltre quella c'è la città vecchia, la parte più suggestiva. Ritiro dei soldi con la carta di credito in un cajero automatico e ho difficoltà: le operazioni vanno fatte troppo velocemente, e quando devi mettere gli zeri della cifra che vuoi ritirare vado nel pallone. Devo rifare l'operazione almeno quattro volte, ma alla fine vinco. Entriamo nella città vecchia, c'è pochissima gente in giro, e tutti i negozi, di qualsiasi tipo, sono chiusi. Vaghiamo alla ricerca di un boccone, alla fine troviamo un carretto di hot-dog, e, per pietà, il tipo mi fa una specie di hamburger solo formaggio: costa caro, ma lo fa come Dio comanda, cipolla, insalata, pomodoro, salse, ecc.ecc. Un paio di birre, una panchina, due chiacchere pensando ai personaggi conosciuti, all'itinerario futuro, a qualche presa in giro reciproca. Non c'è davvero nessuno in giro, e oggi, anche oggi, è stata una giornata pesante, abbiamo camminato tanto e mangiato poco. Rifacciamo la strada per il Marlin, ci laviamo, guardiamo un po' di tele (c'è anche la tele in camera!), la musica si è fermata, fa caldo, accendiamo il ventilatore a pala, e ci auguriamo la buonanotte.
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