No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20060223

Colombia gen 06 - 34


Holiday in Colombia 19
23/1/2006 Medellín

Sveglia quando capita, ma sempre intorno alle 9, bagno e colazione, solite cose. Oggi ci dedichiamo interamente a Medellín, quindi rapidi e in marcia. Prendiamo la metro a Suramericana, che nonostante quello che ci disse il signore il primo giorno qui, è molto più vicina all'hostel. Cambiamo ovviamente a San Antonio, andiamo verso nord e a Acevedo cambiamo e saliamo sul metrocable, con lo stesso biglietto, senza uscire. E' una teleferica cittadina, con cabine che possono contenere fino a 6/8 persone, spartane ma comode e pulite. Le stazioni che si incontrano portano i nomi dei barrios che scorrono sotto di noi: Andalucia, Popular, Santo Domingo Savio. Ripensandoci adesso, per questo santo la regola non vale? Chissà. Sono i quartieri più popolari ed evidentemente più poveri, ma si vedono un sacco di lavori di ammodernamento in corso. Mentre arriviamo a Santo Domingo, in cima, Juli fa una riflessione a voce alta: democracia sería elección popular, pero la gente que vive aquí ¿qué tiene que elegir? Non è un problema solo di Medellín, ma di tutti i poveri della terra: che cosa possono scegliere? Con quale criterio? Chiunque passi e prometta qualcosa, gli daranno il voto. L'educazione sta alla base della democrazia. Beh, a pensarci bene, succede così anche quando non si è poveri, che ci si faccia abbagliare dalle promesse...ma questa è un'altra storia. Ci fermiamo senza uscire dalla stazione, c'è poco da vedere se non lo stupendo panorama della vallata e della distesa della città intera. La metro è pulitissima e sorvegliatissima, e per risalire nelle cabine per la discesa ci fanno scendere una rampa di scale e montarne un'altra, nonostante potessimo riprendere una qualsiasi delle cabine anche dalla parte dove siamo scesi. Fa niente. Sui tetti, qualche scritta inneggiante a qualche sindaco del passato, forse. Chissà com'è crescere qui.
Siamo di nuovo alla stazione di Acevedo, aspettiamo il treno per tornare in direzione sud. Ben due donne delle pulizie stanno lavando una colonna portante della costruzione. Scendiamo a Parque Berrio, praticamente in centro. Usciamo dalla stazione, che si trova praticamente attaccata al Palacio de la Cultura, e rimaniamo colpiti da un dipinto che si estende lungo tutta la parte inferiore della stazione; ci avvicina un poliziotto che si offre di raccontarci alcune cenni storici del dipinto in questione (è lì per quello, non crediate); attacca una solfa imparata a memoria, ma lo ascoltiamo volentieri. E' un affresco del maestro Pedro Nel Gómez, e rappresenta la storia della Colombia piuttosto orgogliosamente. Finita la cosa, gli chiediamo un'indicazione e, come al solito, non ci sa dare immediatamente una risposta, ci chiede di aspettarlo e si infila nella vicina stazione di polizia. Mentre lo aspettiamo divertiti, sentiamo uno scroscio d'acqua: uno dei poliziotti di guardia sulla porta della stazione ha preso un secchio pieno d'acqua e ha fatto fare il bagno a un ubriaco. Torna il nostro poliziotto e ci dà delle indicazioni confuse. Ci facciamo un giro fino al Parque Bolivar, che altro non è se non una piazza con un po' di verde, piena di gente, entriamo in una chiesa piuttosto brutta, poi cerchiamo un'agenzia di cambio, Juli deve cambiare dei dollari. Chiediamo indicazioni più volte, perfino in un punto di informazione turistica, ci indicano un palazzo. Chiediamo al portiere, e ci dice di seguirlo. Percorriamo il corridoio fino all'ascensore, e dietro l'angolo lo stesso portiere espone il tasso di cambio a Juli. Insospettita, Juli cambia meno di quello che aveva previsto. Non ci succede niente, ma ci pare molto strano. Continuiamo a camminare per strade e piazze piene di gente, giriamo intorno al già citato Palacio de la Cultura e ci ritroviamo in una bella piazza chiamata Plaza de las esculturas, piena di bronzi di Botero, sparsi qua e là. L'effetto è suggestivo, queste sculture rotondeggianti, nel classico stile dell'artista colombiano, si combinano in qualche modo col caldo e con i vecchietti seduti sulle panchine, con le persone che camminano in ogni direzione. Juli è ispirata, scatta qualche foto, poi ci avvicinano 4 bambini appena usciti da scuola, 3 maschietti e una femminuccia, ci facciamo una foto con loro, ci domandano curiosi da dove veniamo, e, ovviamente, l'Italia ispira, soprattutto nei maschi, un aaahh di ammirazione. Realizziamo di avere fame, e ci mangiamo un cornetto (al formaggio, of course) io, e una specie di polpetta di carne Juli, accompagnata da un bicchiere di coca cola per una cifra ridicola, dentro un locale che sembra un incrocio tra una bettola, un locale tipico americano e una mensa da ospedale, senza servizio al tavolo ma con una cassiera davvero poco disponibile. Sempre rimanendo sulla stessa piazza, ci infiliamo dentro il Museo de Antioquia, imponente già dall'esterno. Si sviluppa su tre piani, e anche qui Botero è stato determinante. Un'ala completamente (e giustamente, aggiungerei) dedicata a lui, forse anche migliore della collezione vista a Bogotà, una sala dedicata al figlio morto piccolo (Pedrito), alcune sale con opere di altri artisti da lui donate a più riprese al museo, e poi sala pre-ispanica, sala coloniale e repubblicana, sala Manuel Uribe Angel (personaggio fondamentale nella storia di Medellín), ritratti del secolo diciannovesimo, sala fotografia, sala artisti nazionali (alcuni davvero interessanti), sale dedicate a Francisco Antonio Cano e ai suoi allievi, sala sculture, sala artisti della regione di Antioquia in ordine cronologico, alcune sale dedicate a Pedro Nel Gomez, presente anche con altri grandi affreschi nella tromba delle scale, e un'ala dedicata all'arte contemporanea molto interessante. Una visita soddisfacente, che mi fa venire fame sul serio. Un'occhiata allo shop del museo, e dopo una visita al bagno (i bagni dei musei sono sempre di gran lusso, ed è bene approfittarne quando si viaggia da mochileros) insisto per sederci ad un tavolo del ristorante del museo, anche se, come potrete immaginare, non è così economico. Juli si chiama fuori, e io finalmente ordino esaltatissimo delle lasagne vegetariane, che giganteggiano sul menù, oltre ad una porzione di patate fritte, che ci stanno sempre bene. Mi sento già molto meglio, quando la cameriera mi dice, incurante dell'espressione del mio viso che improvvisamente cambia come cambiava a suo tempo un Big Jim due volti mediante una leggera pressione sulla testa, che le lasagne veg sono terminate. Mi arrendo alla fame, e confermo la porzione di patate e la coca cola, che arrivano dopo un lasso di tempo improponibile per qualsiasi ristorante normale. Studiamo l'itinerario per quando lasceremo la città, cioè domani, e decidiamo le mete per il resto del pomeriggio. Beh, almeno le patate sono buone, e la coca cola mi disseta.
Ripartiamo, riprendiamo la metro a Parque de Berrio in direzione sud, e scendiamo, dopo esserci informati, a Exposiciones, direzione Pueblito Paisa sul Cerro Nutibara. Pare ci sia una ricostruzione di un vecchio paesino antioqueño e un mirador, un posto con una vista sulla città molto suggestivo. La salita è di quelle che potrebbero stroncare anche gente allenata, però è nel bel mezzo di un bel parco abbastanza ombreggiato. Ci vuole tutta la tenacia che sto scoprendo dentro di me, in una parte che fino a pochi giorni fa era accuratamente nascosta chissà dove. Il pueblito è carino, la vista interessante, quando siamo in cima l'atmosfera è soddisfacente e soddisfatta, tra me e la mia compagna di viaggio. Ci riposiamo, soprattutto perchè so bene che la discesa, per le mie povere e disastrate caviglie, è quasi peggio della salita. Quando arriviamo nei pressi della stazione metro dove siamo scesi, Juli propone di tornare a piedi verso l'hostel, fin dove resisterò. Seguiamo passo passo il percorso della metro, e alle brutte la riprendiamo, se non dovessi farcela più. La giornata è bella, la città non sembra pericolosa, camminando si vede meglio e si passa in mezzo alla gente. Accetto di buon grado, ormai mi sento davvero un viaggiatore pronto a grandi sacrifici. E, detta così, fa davvero ridere. Sulle rive del Rio Medellín ci sono ornamenti, luci, enormi pupazzi di carta su intelaiature di metallo, il Natale qui è sentito e la città si veste a festa. Juli smania per andare a vedere i pupazzoni da vicino, io che ho visto i carri di Viareggio non sono così entusiasta, e poi mi rendo conto, molto meglio di Juli, che attraversare queste due strade enormi che ci dividono dalla riva del fiume sarà un'impresa da non sottovalutare. Infatti è così: il flusso del traffico è devastante, e ci vuole coraggio, corsa e una buona dose di fortuna per riuscire. Impieghiamo una decina di minuti abbondanti, e quando arriviamo ai pupazzoni mi rendo conto che avevo davvero ragione, i carri di Viareggio sono un milione di volte più belli, ma non insisto più di tanto sull'argomento, non vorrei risultare l'europeo sbruffone. Per tornare sul cammino che ci eravamo prefissati dobbiamo attraversare di nuovo le due arterie, e le risate per non piangere si sprecano. Però generano allegria. Camminiamo nel mezzo a flussi di persone che si intensificano man mano che ci avviamo verso il centro città. Sostiamo su una panchina mangiando un grappolo d'uva comprato da Juli, riposando i miei piedi stanchi e il mio cuerpito de mierda, che tanto sta soffrendo. Affrontiamo argomenti piccanti, stimolati da alcuni fondoschiena femminili decisamente degni di nota, il grado di confidenza tra compagni d'avventura si innalza andando in là col viaggio.
Riprendiamo il cammino, e pieghiamo verso ovest (verso l'hostel) un po' prima della stazione di San Antonio, passiamo davanti alla Estación Medellín, al moderno centro administrativo La Alpujara, attraversiamo Plaza de Cisneros, una piazza modernissima con piccoli obelischi di cemento con luci in testa, che ricordano un po' degli alberi spogli, per arrivare alla altrettanto moderna, e quasi futuristica biblioteca tematica EPM, che però risulta chiusa. Peccato, sembrava interessante. Riprendiamo il percorso della metro attraversando un quartiere, anzi due, Guayaquil e Corazón de Jesus, che non sembrano proprio tra i migliori, ma è un'apparenza, c'è gente in giro e non succede niente, anche se il sole sta tramontando. Arriviamo però ad un punto dove è impossibile proseguire a piedi seguendo la metro: una avenida enorme, ma soprattutto di nuovo il Rio Medellín, difficile da attraversare senza un ponte. E' necessaria una deviazione, e con l'aiuto di una mappa turistica, e del mio ottimo (non sto scherzando, qui prendo in mano la situazione, forse per la prima volta) senso dell'orientamento, decidiamo per un giro largo che ci porta al puente avenida Colombia che ci fa entrare nel quartiere Suramericana, che, scopriamo passandoci davanti, prende il nome dalla enorme sede di una società assicurativa. Il quartiere è quello dell'hostel, e, passato il ponte troviamo indicazioni per il supermercato davanti al Palm Tree. Non ci resta che seguire le indicazioni. Pochi minuti e arriviamo. Nonostante passiamo davanti al supermercato, non entriamo, visto che manca ancora un po' alla chiusura, e decidiamo di passare prima all'hostel per sentire se gli altri hanno intenzione di mangiare insieme a noi, in modo da fare la spesa cumulativa. Incontriamo Carlo, decidiamo noi per tutti e torniamo a fare la spesa, altra pasta, e qualcosa per il giorno dopo.
Rientriamo, mi lavo e come la sera prima riproponiamo la coppia di cuochi italiani. Grande successo, al punto che Holly, l'inglese con la maglia del Barcelona mi vuole assumere come cuoco personale. Si aggiungono anche i due australiani surfisti, che nonostante dei panini enormi mangiati poco prima non disdegnano la pasta, e una spagnola non bellissima ma molto espansiva. Dopo cena, siamo in tanti al tavolo, e scattano i giochini con le domande piccanti. Stupisco tutti con la mia fantasia sessuale, li straccio. Nessuno pensa ad una donna con l'apparecchio per i denti come a una fantasia sessuale orale. Sono avanti, troppo avanti.
Le birre volano, e si fa tardi. Vado a dormire, ma finché al piano di sotto c'è ancora gente che rumoreggia non prendo sonno, i materassi continuano a non essere tali, così, anche se sono molto provato fisicamente, le ore di sonno risultano pochine. Il tedesco che dorme sotto di me ha i tappi per le orecchie, e dorme alla grande. Non importa. Domani si viaggia di nuovo.

2 commenti:

lafolle ha detto...

ti immagino mentre racconti le COSE sessuali!

jumbolo ha detto...

sulla panchina c'è stato un dialogo, soprattutto uno scambio di un paio di battute, davvero forte, ma te lo racconterò solo a voce.