The West Wing - di Aaron Sorkin - 7 stagioni (156 episodi; NBC) - 1999/2006
La Casa Bianca. Il simbolo di tante cose, spesso anche contraddittorie (rileggetevi il quote che scrissi alla fine della recensione della miniserie John Adams). La casa del Presidente degli Stati Uniti d'America, che viene anche definito come il leader del mondo libero. Aaron Sorkin e il suo team analizza il lavoro e la vita di una immaginaria amministrazione democratica, capitanata dal Presidente Josiah Jed Bartlet. La serie inizia a metà del secondo anno del primo mandato di Bartlet; il Presidente ed il suo staff stentano a mettere in marcia il programma prestabilito. Bartlet è l'ex governatore dello stato del New Hampshire, ed è un Premio Nobel per l'economia. Naturalmente preparatissimo sulla materia economica, ha delle difficoltà a gestire i rapporti con le Forze Armate. A dargli una grossa mano, ci pensa il suo Capo dello staff, Leo Thomas McGarry. Ex componente di governi precedenti, veterano del Vietnam, Leo è la persona che ha convinto Jed a candidarsi, il primo che ha visto in lui le potenzialità per guidare il Paese. Un po' alla volta, durante i primi stentati passi della campagna elettorale (che conosceremo attraverso vari flashback), ha messo in piedi uno staff preparato, di persone intelligenti, che col tempo si è affiatato: Claudia Jean CJ Cregg, Portavoce del Presidente, Tobias Toby Zachary Ziegler, Direttore delle comunicazioni, Joshua Josh Lyman, Vice capo dello staff, Samuel Sam Norman Seaborn, Vice direttore delle comunicazioni. Certo, ci sono anche altre figure che non sembrano politicamente influenti, ma che sono comunque importanti e non sempre ininfluenti sulle decisioni importanti: Charles Charlie Young, assistente personale del Presidente, Donnatella Donna Moss, prima assistente di Josh Lyman, la First Lady Abigail Bartlet. Altre si aggiungeranno lungo il cammino, le conosceremo strada facendo.
Ma la politica non è solo intelligenza, e si sa, è fatta di tante cose. The West Wing ce ne mostra moltissime, e durante le sette stagioni per cui è andato in onda fa confrontare l'amministrazione Bartlet con attentati, crisi internazionali, elezioni di medio termine e conseguente nuovo Congresso, scandali sessuali e malattie terminali, bugie verso gli elettori, processi, si deciderà se candidarsi per un secondo mandato, si affronterà una nuova campagna elettorale, addirittura conosceremo il XXV emendamento (e il Presidente sarà sostituito temporaneamente dal capo dell'opposizione). Infine, conosceremo da vicino il meccanismo delle primarie, della campagna elettorale, e quelli del passaggio di consegne, della successione.
Nato dall'idea alla base del film The American President (in Italia Il presidente - Una storia d'amore), uscito da noi nel 1996, diretto da Rob Reiner e sceneggiato da Sorkin, dove il Presidente, interpretato da un gigionesco Michael Douglas, essendo vedovo si innamorava di una lobbysta, e dove Martin Sheen vestiva i panni del Capo dello staff, Sorkin coadiuvato dal fido Thomas Schlamme mette a punto e sviluppa l'apoteosi del walk and talk, facendo camminare e parlare di temi altissimi e di scemenze personali i protagonisti di questa serie dalle dimensioni colossali. In origine, la parte di Martin Sheen, il Presidente Bartlet, doveva essere molto marginale, mentre quella principale doveva essere quella interpretata da Rob Lowe (Sam Seaborn; che curiosamente riprende una parte simile in Brothers and Sisters, ma come repubblicano "di sinistra"); siccome le cose a volte progrediscono da sole, Lowe ha lasciato la serie verso la fine della quarta stagione, forse senza sapere che alla fine l'avrebbe lasciata pure Sorkin (per problemi legati al super lavoro e all'abuso di sostanze stupefacenti), lasciando il tutto nelle mani di John Wells, uno dei produttori esecutivi (adesso sceneggiatore e regista nello Shameless statunitense). Sarò uno dei pochi che lo sostiene, ma seppur perdendo un pizzico di dinamicità, ho trovato molto interessanti anche le stagioni seguite a questo avvicendamento, e veramente avvincenti soprattutto quando la serie si è occupata di primarie e di campagna elettorale.
Naturalmente, oltre ad essere estremamente veritiero sul piano politico e legislativo, The West Wing riserva ampio spazio ai sentimenti confusi di persone che probabilmente somigliano molto a Sorkin, e cioè quelle che si possono chiamare workaholic, che lavorano in politica, in televisione, dedicandosi anima e corpo al lavoro ed avendo di conseguenza pochissimo tempo per coltivarsi una vita propria, sociale e sentimentale (e finiscono per innamorarsi di colleghi e simili). Le storie d'amore mai confessate, covate per anni, sono un classico del romanticismo di Sorkin.
A parte ciò, The West Wing mi è piaciuto moltissimo, e non solo per la parte romance. Devo dire inoltre che dopo averlo visto, gli statunitensi mi rimangono molto più simpatici di prima. Se fossero tutti così, sicuramente staremmo tutti meglio. La serie ci porta nei meandri della politica statunitense, ma contemporaneamente ci fa riflettere costantemente su temi etici altissimi. E' altamente dinamica, crea grande empatia tra lo spettatore e gran parte dei personaggi, i personaggi sono costantemente messi di fronte a dilemmi importanti, e noi con loro. Si imparano delle cose, dei meccanismi legali e politici. Dopo Sports Night, e prima di Studio 60 e The Newsroom, Sorkin alza il livello dei temi trattati, rimanendo al tempo stesso molto "commerciale". E di questo, dovremmo ringraziarlo tutti.
Il cast, a parte i due attori già citati, comprende Stockard Channing (Abigail Bartlet), Dulé Hill (Charlie Young), Allison Janney (CJ Cregg), Janel Moloney (Donna Moss), Richard Schiff (Toby Ziegler), John Spencer (Leo McGarry, morto durante le riprese dell'ultima stagione), Bradley Whitford (Josh Lyman). "In corsa" entreranno Joshua Malina (Will Bailey), Mary McCormack (Kate Harper), Kristin Cenoweth (Annabeth Schott), Jimmy Smits (Matt Santos), Alan Alda (Arnold Vinick), Mary-Louise Parker (Amy Gardner). Tantissime apparizioni, memorabile quella di John Goodman (Glenn Allen Walken), interessante quella di Matthew Perry (Joe Quincy) in un ruolo quasi serio. Tutti dannatamente bravi.
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