Cena tra amici - di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte (2012)
Giudizio sintetico: si può vedere (3,5/5)
Parigi, casa di Pierre ed Elisabeth. Probabili elettori di sinistra, radical-chic, la casa piena di libri e due figli dai nomi quantomeno particolari, Apollin e Myrtille, dati quasi a sottolineare la loro intellettualità. Pierre è professore alla Sorbona, Elisabeth "solo" insegnante in una scuola pubblica. Come spesso accade, la coppia sta aspettando gli amici di sempre per una cena, i ragazzi sono a letto (non sono ancora le nove di sera). Dopo un fattorino che consegna pizze a domicilio, che suona al loro campanello per errore, cominciano ad arrivare gli invitati. Arriva Claude, elegantissimo, amico d'infanzia, quasi adottato dalla famiglia di Elisabeth, famoso trombonista d'orchestra, un classico "democristiano", uno che non si schiera mai, non prende posizione, dopo di che arriva Vincent, il fratello di Elisabeth. Vincent, agente immobiliare di innegabile successo, elettore di destra, guidatore di SUV, non coltissimo, è soprattutto interessato ai soldi, ma non manca di senso dell'umorismo, ed è un buon diavolo, oltre che essere amico di una vita. Mentre attendono la moglie di Vincent, Anna (sempre in ritardo), che lavora nel campo della moda, Elisabeth rifinisce la cena e i tre uomini cominciano a parlare. Vincent comunica agli altri che Anna è incinta di un maschietto. Tutti felici a congratularsi. Ma Vincent, subito dopo, comunica anche che lo chiameranno Adolf. Pierre è sbigottito, per ovvie ragioni ideologiche, Vincent sostiene che si è ispirato ad un famoso libro francese (e quindi la pronuncia sarà Adòlf, e tutti capiranno), Pierre ribatte che non lo capirà nessuno e che non può fare una cosa del genere, Claude, ovviamente, non prende posizione. Inizia una serata che si preannuncia bollente.
I due sceneggiatori francesi trasportano al cinema una loro commedia teatrale, che è stata naturalmente avvicinata a Carnage, e con due lire (cinque attori e un paio di comparse, praticamente tutto girato in interno) costruiscono un film da 109 minuti durante il quale si ride per almeno 100. Non ci sarebbe nient'altro da aggiungere, se non che è l'ora di smetterla con i campanilismi (e le scimmiottature, o i remake), rimboccarsi le maniche (come italiani), e fare buoni film. Come questo.
Raffinato e dozzinale al tempo stesso, autoironico, molto divertente, recitato alla grandissima. Vedetelo.
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