Giudizio sintetico: si può vedere (3,5/5)
Verso la fine del XIX secolo, il sacerdote danese Lucas viene incaricato di recarsi in Islanda (all'epoca territorio danese) e di costruire una chiesa in un insediamento danese. Prende una macchina fotografica per documentare la terra e viaggia in barca con diversi lavoratori islandesi e un traduttore, che è l'unico alleato di Lucas e collegamento con il resto del gruppo. Quando arrivano, incontrano la loro guida, Ragnar, che nutre diffidenza nei confronti dei danesi. Durante il viaggio, il gruppo incontra un fiume profondo e impetuoso che, nonostante gli avvertimenti di Ragnar, Lucas insiste affinché guadino. Sia il traduttore che una grande croce cadono dai suoi cavalli e il traduttore annega. Lo seppelliscono in una fossa poco profonda che viene presto dissotterrata dalla marea crescente. Lucas, addolorato, diventa introverso e cupo, pregando Dio e chiedendo di permettergli di tornare in Danimarca. Sviene per la stanchezza e cade da cavallo e il gruppo deve trasportarlo per il resto del tragitto su una barella improvvisata. Più tardi, il gruppo arriva all'insediamento dove Lucas viene curato fino alla guarigione da un uomo di nome Carl e dalle sue figlie, Anna e Ida. (Wikipedia)
Terzo lungometraggio per il regista islandese, che si propone come "alternativa" all'ormai famoso e affermato Baltasar Kormákur, anche a livello di poliedricità (vedi i soggetti dei suoi tre film). Qua si cimenta con un film storico, decisamente neo-neorealista, e piuttosto interessante in quanto non fa sconti a niente e a nessuno. Buono il cast.
Third feature film for the Icelandic director, who presents himself as an "alternative" to the now famous and established Baltasar Kormákur, also in terms of versatility (see the subjects of his three films). Here he tries his hand at a historical film, decidedly neo-neorealist, and rather interesting as it does not make concessions to anything or anyone. Good cast.
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