This Is Why - Paramore (2023)
La trasformazione dei Paramore, ormai sempre più creatura di Hayley Williams (una voce sempre più bella, tra l'altro, ricca di sfumature, e che spazia tra le ottave con una certa nonchalance), continua imperterrita. Stavolta (a sei anni dal precedente disco e per la prima volta con una line up identica allo stesso precedente album) dicono che hanno preso come riferimento i Bloc Party, band che a mio modesto giudizio è ormai in parabola discendente. Nessun problema: qui, sempre a mio giudizio, siamo da altre parti. E il bello è che è un "luogo" difficile da descrivere. Canzoni molto diverse tra di loro, dove c'è del post punk mescolato con una dance derivativa dal punk stesso, c'è ovviamente dell'alternative rock, ci sono strizzate d'occhio a David Byrne e ai suoi Talking Heads, e altre alla new wave, fin nelle sue derivazioni più moderne (e qui, effettivamente, si torna ai Bloc Party, ma non solo). Il risultato è un disco, appunto, indefinibile, sfaccettato, stratificato, che conserva ancora, qua e là, l'irruenza dei primi Paramore, e viene "diretto" con gran cipiglio dalla Williams, appunto, in grado di spaziare tra i generi grazie alla sua voce sempre più versatile, e pure di scrivere delle liriche senza filtri, mai banali. Un disco che va ascoltato più volte, e non liquidato sommariamente, come avevo fatto inizialmente pure io.
The transformation of Paramore, now more and more a creature owned by Hayley Williams (an ever more beautiful voice, among other things, full of nuances, and which ranges between the octaves with a certain nonchalance), continues undaunted. This time (six years after the previous album and for the first time with a line up identical to the same previous album) they say that they have taken Bloc Party as a reference, a band that in my humble opinion is now on a downward trend. No problem: here, again in my opinion, we are elsewhere. And the beauty is that it is a "place" that is difficult to describe. Very different songs, where there is post-punk mixed with a dance derived from punk itself, there is obviously alternative rock, there are nods to David Byrne and his Talking Heads, and others to the new wave, down to its most modern derivations (and here, effectively, we return to the Bloc Party, but not only). The result is an indefinable, multifaceted, stratified album which still retains, here and there, the vehemence of the first Paramore, and is "directed" with a great frown by Williams, in fact, able to range between genres thanks to her increasingly versatile voice, and also to write lyrics without filters, never trivial. A record that must be listened to several times, and not summarily dismissed, as I did initially too.
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