Heavy Trash + Samuel Katarro, 15/12/2006, Firenze, Auditorium Flog
Con quel nome un po' così, non mi aspetto niente di buono. Samuel Katarro, vincitore del Rock Contest 2006. Apre per gli Heavy Trash con una mezz'ora di blues lamentoso e in un certo qual modo moderno, schizoide e schizzato, con quella voce quasi sempre urlata, insieme alla sua chitarra. Certo, è giovanissimo ed ha delle potenzialità, ma non mi piace e mi bevo una birra.
Sono passate da un po' le 23, a questo punto, ed ecco materializzarsi sua maestà il carisma in persona: mister Jon Spencer con il suo nuovo giocattolo, gli Heavy Trash appunto, con l'amico Matt Verta-Ray (cazzo di cognome ha questo?) alla chitarra elettrica. Altri amici, uno al contrabbasso, uno alla batteria, un altro al mixer ma con una ulteriore chitarra elettrica imbracciata e, come mi accorgo dopo un po', funzionante, anche se si occupa dei suoni e quindi di far capire qualcosa al pubblico del Flog, ormai abituato alla confusione che si crea nell'ormai storico locale fiorentino. Ha anche un microfono aperto, per supportare i cori. Jon, il buon vecchio Jon, imbraccia una chitarra classica elettrificata, e si diverte a martoriare il suo microfono con relativa asta per tutta la durata del concerto. Un concerto che parte lento, non come ritmo ma come partecipazione del pubblico e come calore, come coinvolgimento e come feeling tra la band e, appunto, gli spettatori, anche se già dal pronti-via gli adoratori del buon Jon si fanno sentire.
Heavy Trash è quindi questo nuovo progetto che non si sa se metterà a tacere i Blues Explosion, e si allontana dai B.E. virando verso il rockabilly, così dicono le recensioni, ma io direi più verso il classico rock and roll post-Elvis, rispetto al blues ipnotico ed elettrico dei B.E. Una sequela di canzoni che sembrano già sentite, non perchè brutte, anzi, ma perchè affondano le radici là, esattamente alle fonti del rock and roll, e usano schemi piuttosto classici. Cosa fa la differenza, quindi, è la presenza, appunto, carismatica, di Jon Spencer. Elegante come sempre, non più giovane ma neppure vecchio, carico come una molla, dirige le danze con i suoi amichetti e improvvisa a più non posso. Il divertimento che c'è sul palco suonando insieme è palese, si vede e si sente, e pian piano coinvolge e acchiappa la platea. Anche i più scettici e meno ben disposti si lasciano abbindolare dal combo nato quasi per scherzo, e si lasciano trasportare in questa serata giocosa che rimarrà indelebile nelle memorie dei presenti. Poco oltre la metà del concerto Jon scende in platea col microfono e si mette a cantare, a ballare, a farsi toccare e a farsi urlare in faccia dalla gente, a gridare i suoi yeah ormai leggendari quanto i suoi aw. L'amico del mixer con la chitarra sale sul palco, poi si scambia lo strumento col contrabbassista. Jon si porta al mixer e si mette a giocare con una specie di tastiera-synth. Urla nel microfono e manda tutto in distorsione. E' un sabba rock and roll, ed il sacerdote non poteva essere che lui.
Dopo due ore finisce, ma si ha l'impressione che avrebbero potuto andare avanti tutta la notte. Il batterista, sosia di Aki Kaurismaki (cineasta finlandese), pianta letteralmente le sue bacchette nelle pelli dei tamburi. E' il segnale che la festa è finita. Dopo 5 minuti buona parte della band, Jon Spencer compreso, è al banco del merchandise a sorridere, vendere vinili e t-shirt e firmare autografi sui poster. Vallo a raccontare a certe pseudo-star italiane.
Chi non c'era non sa cosa si è perso stasera.
2 commenti:
Verissima l'ultima frase...chi non c'era non sa cosa si è perso!!!!!
Mi spiace davvero di averlo perso ancora =(
Posta un commento