Io non sono qui - di Todd Haynes 2007
Giudizio sintetico: imperdibile
Sei personaggi statunitensi, storie ed epoche completamente diverse, personalità sfaccettate: tutto questo per provare a raccontare la vita e le opere di un personaggio, un artista ancora vivo, ma che ha già lasciato un segno profondissimo nella contemporaneità: Bob Dylan.
Woody, Jack, Jude, Billy, Robbie, Arthur. Un giovanissimo chitarrista nero senza fissa dimora che girovaga sui treni merci, un cantante folk che tratta temi sociali, un musicista androgino che "tradisce" il folk per il rock e ha un giornalista che lo perseguita, un anziano pistolero che non vuole che il suo villaggio sia distrutto dalla costruzione di un'autostrada, un attore donnaiolo, un filosofo poeta. Sei storie con innumerevoli sottotrame, a volte sviluppate a volte solo accennate, che si intrecciano tra di loro sovrapponendosi, sfiorandosi, incastrandosi.
Haynes è uno che osa (Velvet Goldmine, Lontano dal Paradiso), ma questa volta ha firmato una pellicola davvero esaltante. Si inventa forse l'unico modo per raccontare un artista importante (e, ripetiamolo, ancora in vita), si espone a rischi immensi, rielabora a modo suo il film corale e i lavori a episodi (alla Iñarritu, per intendersi), ma fa centro.
Il film è impegnativo, soprattutto per chi conosce poco la storia di Dylan, ma non date retta ai criticoni che tenteranno di dissuadervi dalla visione di un film verboso, lungo, prolisso, complicato e troppo denso di riferimenti troppo specifici, da soli fans. Io non sono qui è un film godibile e un'opera straordinaria per intensità, estetica visiva, messaggi (neanche troppo) sottotraccia. Non dimentichiamo una (ovviamente) splendida colonna sonora, con canzoni di Dylan originali e interpretate da musicisti importanti (cito solo due momenti topici: il duetto tra Woody e il vero Richie Havens, sullo schermo, e una toccante Knockin' On Heaven's Door cantata da Antony sul finire dei titoli di coda).
In breve, ogni personaggio ha le sue caratteristiche "visive" (viraggio dei colori, o del bianco e nero) e rappresenta un po' di Dylan, così come anche i personaggi per così dire "secondari" sono ispirati alle sue donne, ai suoi collaboratori, ai suoi antagonisti, ma non sono "scritti" a sua immagine e somiglianza (a parte l'impressionante "vicinanza" fisica di Jude/Cate Blanchett): alcuni lo ricordano parecchio, altri sono ispirati "solamente" dalle sue canzoni.
La tecnica di Haynes è altissima, a parte i già citati espedienti di fotografia, i movimenti di macchina, la scelta delle inquadrature, la costruzione delle scene, la direzione degli attori, tutti bravissimi e intensi.
In definitiva, il film è spiazzante quando parte, quanto divertente e coinvolgente dopo che ci si riprende dall'iniziale sbigottimento.
Per dire qualcosa sugli attori (sarebbe troppo lungo soffermarsi su ognuno di loro, tanto il cast è ricco): forse il meno in palla è Gere nei panni di Billy the Kid, la più sorprendente è Michelle Williams nei panni di Coco (da Dawson's Creek quanta strada ha fatto, passando per Wenders), altissima la sua qualità per un minutaggio sullo schermo quantomai ridotto, divina, come al solito la Gainsbourg, attrice per la quale ho ormai una personale venerazione (lei E' la femminilità), ma, lasciatemelo dire, straordinaria, eccezionale, fantastica, superlativa, Cate Blanchett nei panni di Jude, in una prova se possibile definitiva, da Oscar al quadrato, impressionante per mimica ed espressività, di qualità assolutamente superiore. A questo proposito, l'unico neo del film, nella versione distribuita in Italia, è il doppiaggio, che svilisce qualche personaggio, quello della Gainsbourg e di Gere soprattutto.
Un film che potrebbe deludere i più pigri, ma, a mio giudizio, un lavoro di altissima qualità e di grande coraggio. Siamo dalle parti del capolavoro, amici.
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