Oggi sono in vena di copia/incolla; da http://dweb.repubblica.it/, interessante e, come sempre, assolutamente non per convincere nessuno, ma solo per conoscenza (e sag/gez/za direbbe qualcuno di nostra conoscenza, tipo quello della foto).
Non si affitta ai carnivori
IL vegetarianesimo in India è una tradizione antica e insieme una risposta moderna ai problemi ambientali
di Federico Rampini
Il celebre medico-filosofo francese Albert Schweitzer, premio Nobel per la pace nel 1953, era affascinato dallo studio della religione indù. Uno degli aspetti dell'induismo che lo esaltava è la sua etica "ambientalista": è la prima religione mondiale ad avere predicato non solo l'amore per gli altri esseri umani, ma anche un profondo rispetto per gli animali e per tutta la natura. Malgrado lo sviluppo economico poderoso degli ultimi anni, qualcosa è rimasto nella cultura indiana che la rende più "verde" di altre. E non è solo tra i ceti popolari che la religiosità ancestrale continua a imporre la venerazione delle vacche sacre. Nei quartieri di lusso di Mumbai, dove vivono i top manager delle multinazionali e le star di Bollywood, molti regolamenti condominiali vietano di affittare appartamenti a inquilini carnivori. Dato che molti indù sono vegetariani, non vogliono essere nauseati dall'odore di arrosti e grigliate provenienti dalla cucina di qualche vicino: di qui l'ostracismo verso i mangiatori di carne (un vegetariano autentico subisce da quegli odori lo stesso fastidio provato da un non fumatore o ex fumatore a inalare il fumo passivo). La persistenza del vegetarianesimo come fenomeno di massa in India è il frutto di una tradizione antichissima, e al tempo stesso è una risposta molto moderna ai problemi del surriscaldamento climatico. Uno studio recente della Fao, l'organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa dei problemi alimentari, ha lanciato un allarme sugli effetti inquinanti del consumo di carne. Sembra incredibile ma l'allevamento di bestiame per l'alimentazione umana - rivela la Fao - genera più emissioni di CO2 di tutti i mezzi di trasporto messi assieme: automobili, aerei, navi. L'agricoltura moderna infatti è altamente energivora. Dietro ogni bistecca che arriva sui nostri piatti c'è una catena produttiva dall'impatto ambientale disastroso. Ce ne accorgeremo sempre di più, via via che la rarefazione del petrolio diffonderà l'uso di carburanti alternativi come il bioetanolo e il biodiesel ricavati da cereali: tutte queste fonti di energia sono in diretta concorrenza con la coltivazione dei campi usati per alimentare il bestiame. In America una recente campagna pubblicitaria della Humane Society (l'equivalente della società per la protezione degli animali) ha acquistato pagine di giornali in cui mostra una chiavetta d'accensione di un automobile e una forchetta, e chiede: quale di queste due contribuisce di più all'effetto serra e al cambiamento climatico? Risposta: "Non quella che serve a mettere in moto un'automobile". Paul Shapiro, dirigente della Humane Society, spiega che "convertirsi da un'alimentazione carnivora a una dieta vegetariana ha conseguenze più importanti per ridurre le emissioni di CO2, che passare da un fuoristrada a un'utilitaria". Gli ambientalisti americani hanno cominciato a criticare l'ex vicepresidente americano Al Gore: si è dato un nuovo ruolo di guru dell'ambientalismo, ma continua a divorare hamburger. Sorprendentemente, una religione nata tremila anni fa come l'induismo ha intuito gli effetti benefici del vegetarianesimo. Nel XXI secolo il confronto tra l'India e la carnivora Cina mostra le conseguenze positive che una convinzione religiosa può avere sul modello di sviluppo economico. In Cina il benessere ha portato a un'esplosione del consumo di carne: in soli 15 anni il cinese medio ha aumentato la sua dose annua di manzo e maiale da 20 a 50 chili. L'allevamento di manzo è una delle forme più inefficienti per produrre proteine: ci vogliono 7 chili di cereali per "fabbricare" 1 chilo di bistecca. La cosiddetta "impronta ambientale" che creiamo mangiando carne è costosissima in termini di risorse naturali. La Cina se ne sta già accorgendo, con la rarefazione di terre coltivabili e l'inflazione dei prezzi alimentari. L'India non ha lo stesso problema. Gran parte dei consumi di proteine nella dieta quotidiana degli indiani avviene sotto forma vegetale: fagioli, ceci, lenticchie. Anche tra gli indiani che non sono rigorosamente vegetariani, vige quasi sempre un tabù per il consumo di manzo (vietato agli indù) o di maiale (proibito per i musulmani). L'unica carne i cui consumi sono cresciuti sensibilmente è il pollo, che è meno dispendioso in risorse naturali: le proteine di pollo si producono con un terzo dei cereali consumati negli allevamenti di manzo. Se per combattere il surriscaldamento climatico occorrerà variare anche le nostre abitudini alimentari, gli indiani hanno una lunghezza di anticipo sul resto del mondo. E questo grazie a dei testi sacri scritti in sanscrito, la cui origine si perde nella notte dei tempi.
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