Ancora dal Manifesto, a proposito del video postato poco fa
In un video, lacrime e abbracci fra ostaggi e guerriglia
Guido Piccoli
I guerriglieri in tuta mimetica salutano rispettosamente Clara e Consuelo. Due giovani ragazze paffute e sorridenti, che sopportano con disinvoltura mitra e pesanti cartucciere, le baciano. Clara e Consuelo rispondono agli abbracci con gli occhi lucidi. Prima di sparire in ordine nella boscaglia, i ribelli augurano a loro, al ministro venezuelano, all'ambasciatore cubano e ai delegati della Croce Rossa, buon anno e felicità. Ad un guerrigliero, Consuelo raccomanda di avere cura di sé, «cuidate»: l'esercito è a pochi chilometri. Il video immortalato dall'unico giornalista presente alla liberazione nella selva del Guaviare, mandato in onda da Telesur e visibile adesso su centinaia di siti Internet, racconta il conflitto colombiano più di qualunque parola. «E' paradossale che la vittima esprima affetto per il suo carnefice» ha commentato un anchorman colombiano mentre scorrevano le immagini. Altri hanno tirato in ballo la «sindrome di Stoccolma». Stupidaggini. L'abbraccio tra Clara, Consuelo e quei guerriglieri denuncia la tragedia di un conflitto imbarbarito e senza soluzione, perché negato e ancora di più falsato. La falsificazione nasconde le cause che l'hanno originato e che, in parte, lo spiegano ancora oggi (l'ingiustizia sociale scandalosa, una democrazia formale che convive con un ben mascherato terrorismo statale). E soprattutto induce a demonizzare il nemico. A Clara, Consuelo e a molti altri sequestrati mal s'adatta l'accusa di rappresentanti dell'oligarchia. Ma anche quei guerriglieri (pur protagonisti di una guerra crudele, nella quale troppo spesso il fine di una Colombia diversa giustifica qualunque mezzo) non sembrano affatto terroristi, banditi e narcos, come li descrive la gran parte dei media colombiani e occidentali, da trasformare al più presto in cadaveri, come sogna il presidente Alvaro Uribe.
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