Signorinaeffe - di Wilma Labate 2008
Giudizio sintetico: si può vedere
Torino 1980. Emma è la minore di tra figli di una famiglia del sud emigrata in Piemonte, che spinta dal padre mira all'ascesa sociale. Legata sentimentalmente ad un ingegnere Fiat, Silvio, vedovo con una figlia piccola, lavora in azienda in un campo nuovo, l'informatica, e sta per laurearsi in matematica. La sorella Magda è insegnante, ma sta lentamente abbandonando l'età "da marito". Il fratello Peppino, conosciuto per caso Sergio, un giovane operaio attivo nel sindacato e addetto alle presse, lo invita a pranzo a casa loro.
Nel frattempo, l'azienda ha deciso il licenziamento di circa 15mila operai, e durante un'interruzione del lavoro improvvisa, Sergio e Emma si sono già incrociati.
E' verissimo, questo film ha dei difetti: fotografia non brillante, regia soporifera, dialoghi mai all'altezza, sceneggiatura esile e ballerina, un occhio al passaggio televisivo che lo rende esteticamente debole. Classici difetti da mediocre cinema italiano. Eppure non mi è affatto dispiaciuto.
Perchè ha il merito di ricordare, oppure, per chi conosce poco quei fatti, far scoprire, una pagina importantissima della storia recente italiana, un periodo che ha segnato non solo quell'epoca, ma anche tutto ciò che è venuto dopo a proposito del rapporto tra padroni e classe operaia. E non solo.
La storia d'amore/odio/passione, seppur ridicolizzata dai dialoghi, tra Sergio ed Emma, con Silvio l'ingegnere a far da buon partito, e che funge da (come già detto) sottilissimo filo conduttore/pretesto per dare il via ai tanti filmati d'epoca (molti dei quali visti un sacco di volte ma sempre agghiaccianti come quello della votazione sull'accordo finale), rispecchia una mentalità provinciale e profondamente maschilista e classista, che ancora oggi conserva delle sacche di resistenza nella nostra società.
Gli attori non sono diretti benissimo, ma su tutti spicca Filippo Timi, ancora una volta, inesorabile e inquietante.
Nessun commento:
Posta un commento