Il fine settimana porta sempre qualche lettura in più, fortunatamente. Nel tourbillon ho trovato interessanti due articoli di due personaggi che seguo da un po', quando posso e quando capita.
Il primo è Sergio Messina, che cura l'ultima pagina di Rumore da alcuni anni. Mesi fa, il buon Sergio annunciò che si era scocciato dell'Italia e che avrebbe cercato di andare a lavorare altrove, se non ricordo male in Olanda. Questo mese si sofferma sul fatto che molti italiani giovani, "musicisti, video-maker, programmatori, fonici, produttori di installazioni, radio-artisti, illustratori eccentrici" sono già da tempo a lavoro all'estero, "e se fino a qualche anno fa bisognava spostarsi fisicamente, oggi la cosa può essere completamente invisibile e virtuale, ma non meno dolorosa per noi italiani". Messina parte dall'assunto che le generazioni successive alla sua (ha 49 anni) hanno una fetta consistente di persone disinvolte e che sono completamente calate nell'oggi. Per cui, molti giovani, senza annunci pomposi (come il suo, qui fa una bella autocritica), se n'è andata e basta, "senza tante pugnette". Il titolo del pezzo è La fuga dei cuori, perchè, anche un po' retoricamente, dice, non se ne vanno solo i cervelli, di scenziati: "quelli ce li siamo già giocati e non mi sembra il caso di tornarci su".
Il secondo pezzo è quello di Francesco Adinolfi su Alias, il supplemento del sabato del Manifesto. Il titolo è Quelle parole mai dette, e parla dei fraintendimenti dei testi delle canzoni famose, soprattutto quelle in inglese, e di un sito, www.kissthisguy.com "che ha raccolto centinaia di questi fraintendimenti, non solo uditivi, ma anche giochi di parole e di senso che negli anni sono cresciuti sulla pelle delle canzoni". Conclude in maniera ruffiana ma bellissima, dicendoci che "insomma anche le parole sbagliate, mal intese, fraintese di una canzone hanno una loro intrinseca armonia e creatività; articolano il nostro bisogno di dire qualcosa; raccontano l'urgenza emotiva di un momento; in fondo le canzoni non sono solo di chi le scrive ma anche di chi se ne appropria; una volta composte volano via dal cassetto e si guadagnano il mondo; ognuno ci sente dentro il proprio suono, le proprie parole, la propria rabbia, i propri significati. Ognuno ci raccoglie dentro i propri sbagli. E spesso si sbaglia con amore". Beh, mi viene da dire "grazie Adinolfi". Semplicemente, e senza fraintendimenti.
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