Il comandante e la cicogna - di Silvio Soldini (2012)
Giudizio sintetico: si può perdere (2/5)
Torino, Italia, oggi. Leo è un napoletano qui trapiantato, che conduce una piccola impresa idraulica. Il suo fido collaboratore è Fiorenzo, un immigrato cinese perfettamente integrato, controllato telefonicamente da sua moglie, che è convinta dell'ossessione del marito per le donne dal seno prosperoso. Leo è sempre giovane, ma già vedovo di Teresa, con la quale, però, è convinto di comunicare, sempre di notte, dopo le 4. La moglie discute con lui sull'educazione dei figli, gli racconta sommariamente della vita nell'aldilà, ed è "drogata" dall'odore del caffè. Leo ha, infatti, due figli: la maggiore Maddalena, già in età da fidanzatini, il più piccolo Elia, già adolescente ma introverso, svagato nei confronti della scuola ma per niente disinteressato ai grandi temi della vita. Elia si pone, e pone agli altri, domande filosofiche, esistenziali, legge di argomenti che il padre a malapena comprende, e ruba teste di pesce e rane, quando i soldi della paghetta non glielo permettono. Elia è "amico" di una cicogna, che ha chiamato Agostina. La incontra nei prati della periferia, le porta appunto pesci e rane, le parla, e pretende di comprendere quello che l'animale gli dice. Durante un furto al supermercato, Elia conosce Amanzio, un corpulento personaggio fuori dal comune, che pratica espropri di merce scaduta (nello stesso supermercato), si erge ad educatore sociale verso operai che sostituiscono insegne vecchie per metterne di nuove o apostrofa madri che trattano male i figli. Parla per citazioni ed aforismi, vive in affitto in una specie di magazzino ed ha affittato la sua casa (la differenza tra gli affitti gli permette di vivere senza troppi lussi, ma non si nega le prostitute) a Diana, una giovane, timidissima, insicura artista, che è sempre in affanno nei pagamenti. L'apparizione su internet di un video di Maddalena che pratica sesso orale al suo fidanzatino, che la tradisce esibendola al pubblico ludibrio virtuale, porta Leo, disperato nel difendere il benessere dei figli, e sempre convinto di essere in affanno per la mancanza della moglie, nello studio dell'avvocato Malaffano, la cui segretaria è vicina di casa di Leo. Malaffano è un classico maneggione, che aiuta più che altro truffatori in cravatta. Mentre nello studio lavora Diana, che anche lei disperata per soldi accetta di affrescare una parete con una jungla pacchiana commissionatale dall'avvocato, Leo viene "adescato" dallo stesso Malaffano: curerà gli interessi di Leo e della figlia, facendo sparire il video da internet e chiedendo danni di migliaia di euro alla famiglia dell'ex fidanzatino, gratis, se Leo accetterà di fare da prestanome in una transazione che lui neppure comprende. Sullo sfondo, le statue dei grandi d'Italia, osservano disgustate la corruzione e il malaffare italico, e ne parlano tra di sé o tra loro.
Personalmente, mi dispiace assegnare un'insufficienza a Soldini, regista italiano da sempre dedito ad illustrare anime limpide, la parte migliore del nostro Paese, e le sue pochezze. Ma siccome è lecito chiedere qualcosa di più ogni volta, debbo riconoscere una certa ridondanza in questo Il comandante e la cicogna, di simbolismi e di stereotipi visti mille volte, troppa carne al fuoco e, contemporaneamente, una forma onirica che si scontra con una certa approssimazione tecnico-visiva. Spesso, la semplicità nella sceneggiatura giova ad un cinema semplice nei mezzi; non è proprio questo il caso. Inoltre, se si vuole giocare con i sogni, bisogna saperli mettere in scena degnamente, e quasi sempre ci vuole un budget importante. La corsa in bicicletta di Elia è piuttosto esplicativa: risulta talmente posticcia da farci sorridere (in questo caso non è un complimento).
Il cast, dove spicca naturalmente un Mastandrea (Leo) che sta lavorando tantissimo e con una media qualitativa altissima, vede pure Alba Rohrwacher (Diana), Luca Zingaretti (Malaffano), Claudia Gerini (Teresa), Giuseppe Battiston (Amanzio, personaggio che strappa sorrisi più volte), e una fugace apparizione di Giuseppe Cederna. Le voci delle statue sono di Pierfrancesco Favino (Garibaldi), Gigio Alberti (Cazzaniga), Neri Marcorè (Leonardo Da Vinci, Giacomo Leopardi, Giuseppe Verdi); la colonna sonora è della Banda Osiris, e ad un certo punto stanca. Sui titoli di coda, gli stessi collaborano con Vinicio Capossela, per il pezzo intitolato La cicogna.
Da salvare, è un mio pallino, il lavoro sulle inflessioni dialettali, accettabili finalmente. Mastandrea da napoletano, la Gerini da genovese, dimostrano che uno che si consideri attore deve avere anche questo nel suo bagaglio.
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