L'incontro - di Michela Murgia (2012)
Sardegna. Maurizio ha dieci anni, vive con i genitori ma d'estate, da sempre, i genitori lo accompagnano dai nonni paterni, appena terminata la scuola, a Crabas, e lì lo lasciano tutta l'estate. Per Maurizio comincia un'altra vita fatta di avventure, di amici veri, aria aperta, giochi infiniti e racconti di vecchi la sera, seduti in strada. E così via, finché il padre e la madre si trasferiscono in continente, e lui diventa a tutti gli effetti un cittadino di Crabas.
Personaggio particolare, la sarda Michela Murgia (che da qualche tempo si è buttata nell'avventura politica sostenendo le ragioni dell'indipendenza sarda), donna di formazione cattolica che riesce a scrivere al tempo stesso in maniera critica e ironica di cose di chiesa senza (almeno per me) risultare anti-clericale. Mi piace come scrive e di cosa scrive, mi spiazza continuamente e continuo a non aver letto il suo debutto, quel Il mondo deve sapere che ha dato luogo a Tutta la vita davanti di Virzì. Prima o poi lo farò, giuro.
Mi sono avvicinato a questo relativamente nuovo (quasi due anni, ma per me i libri hanno un respiro decisamente diverso rispetto ai film e soprattutto ai dischi) libriccino di appena 100 pagine ignorando il fatto che fosse una sorta di estensione di un racconto breve apparso allegato al Corriere della Sera, ed ho continuato ad ignorarlo nonostante sia scritto in basso su una delle prime pagine. C'è chi ha scritto che è palese che il libro sia appunto un'estensione poco fluida di quel racconto, e l'ha scritto proprio sul Corriere; è evidente che io non capisca niente di letteratura e scrittura, perché a me non è parso proprio (anche se, ad onor del vero, dopo aver letto pure l'articolo, una qualche "giunzione" si intuisce). Però, chi cazzo siamo noi per questionare? Se uno scrittore (in questo caso, una scrittrice) vuole estendere un suo racconto breve, anche se fosse solo per pagarsi qualche mese d'affitto o una rata del mutuo, non ci vedo niente di strano.
Ho letto questo libro durante un volo di un paio d'ore, e non mi ha stancato un istante, incuriosendomi man mano che la lettura procedeva, facendomi chiedere dove l'autrice volesse andare a parare. Non ci sono rivelazioni di verità assolute, ma la delicatezza dell'infanzia ben descritta e una sottile critica all'organizzazione ecclesiastica, con l'ammissione intrinseca che la nostra cultura, però, ne è profondamente permeata.
Figure di bambini simpatiche e interessante visione infantile, vergine e quasi immacolata della vita, summa del destino della Sardegna in poche righe che fanno da giro di boa del piccolo libro, momenti di ilarità mista a tragicommedia. Chissà, forse un giorno Michela Murgia ci regalerà un romanzo di ampio respiro, ma per il momento a me sta benissimo così, dopo il debutto mai letto, Accabadora e Ave Mary, la dimostrazione che si possono raccontare storie diverse, un po' inventate e un po' no, essere leggeri e pensanti al tempo stesso.
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