Songwrights Apothecary Lab - Esperanza Spalding (2021)
Ho provato già un paio di volte a parlarvi di Esperanza Emily Spalding, 36 anni da Portland, Oregon, cantante e contrabbassista jazz qua all'ottavo album; i due album ascoltati prima di questo, per la precisione Chamber Music Society del 2010 e Radio Music Society del 2012, non mi piacquero granché. Devo ribadire che il jazz non è il genere che preferisco, ma vuoi per qualche ascolto in più, vuoi perché il tempo mi rende evidentemente più morbido, non avendo ascoltato i tre dischi precedenti (Emily's D+Evolution, 2016, Exposure, 2017, 12 Little Spells, 2018), stavolta trovo che ci sia un pur flebile tentativo di rendere più accessibile la sua musica. I tentativi sono, appunto, timidi, il jazz proposto dalla Spalding si basa sempre moltissimo sulle scale ripetute e su digressioni vocali, quindi non aspettatevi il jazz pop di Diana Krall o altre cantanti di quel tipo. L'idea del disco è quella di mettere in un album l'esperienza, che nasce da una citazione di John Coltrane, "music heals" (la musica guarisce), e sperimentata dalla stessa Spalding insieme ad un gruppo di musicisti e di operatori sanitari, il cui nome è esattamente quello del titolo del disco. Ecco in parte spiegata anche la "deformazione" di songwriters in songwrights, così come il perché le tracce siano semplicemente numerate e denominate formwela (formula). Funziona? Provate voi: con me non troppo. E' indubbia la capacità tecnica della Spalding e dei suoi collaboratori, ma seppure alcune tracce possano anche risultare piacevoli, altre sono veramente faticose all'ascolto.
I've already tried a couple of times to tell you about Esperanza Emily Spalding, 36 years old from Portland, Oregon, jazz singer and double bass player here on her eighth album; I didn't like the two albums I listened to before this, 2010 Chamber Music Society and 2012 Radio Music Society to be precise. I must reiterate that jazz is not my favorite genre, but maybe for some more listening, maybe because time obviously makes me softer, having not listened to the three previous albums (Emily's D+Evolution, 2016, Exposure, 2017, 12 Little Spells, 2018), this time I find there is a feeble attempt to make her music more accessible. The attempts are, in fact, timid, the jazz proposed by Spalding is always based very much on repeated scales and vocal digressions, so do not expect the jazz pop of Diana Krall or other singers of that type. The idea of the album is to put the experience into an album, which comes from a quote from John Coltrane, "music heals", and experimented by Spalding herself together with a group of musicians and health workers, whose name is exactly that of the disc title. This also partially explains the "deformation" of songwriters into songwrights, as well as why the tracks are simply numbered and named formwela (formula). It works? Try it: with me not too much. The technical ability of Spalding and her collaborators is undoubted, but even if some tracks can also be pleasant, others are really tiring to listen to.
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