Giudizio sintetico: si può vedere (3,5/5)
Nel 2010, la sessantenne Diana Nyad decide di realizzare l'unica cosa che le è sfuggita: una nuotata di 110 miglia senza soste da Cuba alla Florida, un tentativo che aveva tentato senza successo trent'anni prima. Incarica la sua migliore amica ed ex compagna, Bonnie Stoll, di allenarla. Nonostante lo scetticismo del pubblico dovuto alla sua età, Diana si trasferisce a Key West con Bonnie per l'addestramento e ingaggia il navigatore John Bartlett per accompagnarla nella nuotata. Invece di una gabbia anti-squalo, Diana opta per nuotare con uno Shark Shield, un dispositivo elettronico repellente per gli squali. Nell'agosto del 2011, Diana tenta per la prima volta di attraversare a nuoto lo Stretto della Florida dal 1978. Tuttavia, una reazione allergica agli antidolorifici, combinata con le correnti oceaniche sfavorevoli che la spingono fuori rotta, la costringe a rinunciare prematuramente. Al suo secondo tentativo, un mese dopo, viene punta da una cubomedusa. Il medico capo si lancia in soccorso, ma anche lui viene intrappolato dalle meduse e deve essere salvato. A Diana viene iniettata un'iniezione di veleno, ma lei insiste per continuare a nuotare nonostante la ferita. Dopo un'iniziale resistenza, Bonnie e John la assecondano, ma Diana viene punta di nuovo e perde brevemente conoscenza. Viene rianimata sulla barca. (Wikipedia)
Una storia vera, un'atleta a dir poco eccezionale con una forza di volontà stratosferica, circondata da personaggi superlativi. Il debutto nella fiction (seppur tratto appunto, da una storia vera) della coppia di documentaristi che già abbiamo conosciuto per Meru e Free Solo, e una coppia di protagoniste entrambe candidate agli Oscar del 2024. Avvincente.

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