..evitando le buche piu' dure..
La sera dopo l'escursione alle isolette, Daniela esce prima di cena mentre io aspetto che torni l'acqua. Torna dopo essere stata in chiesa ma non solo. E' andata a "tastare il terreno" in alcuni ristoranti, mi porta al ristorante dell'Hospedaje San Francisco. Fantastico, si mangia benissimo (avrei potuto dire "da Dio" ma sarebbe stato troppo facile.
Il mattino dopo alle 5,15 siamo pronti, conosciamo Kenny che dorme all'ostello accanto e che verra' con noi oggi a Ometepe, mentre Edoardo, la nostra guida per oggi, arriva tardi. La strada per Rivas e' un disastro, la cosa piu' impegnativa e' evitare le buche che sono migliaia. Perdiamo il primo traghetto, prendiamo quello dopo. Aspettiamo una ventina di minuti, Edoardo ci invita a prendere un caffe'. E qui si sfiora l'incidente diplomatico. Sintetizzo.
Ci alziamo per pagare dopo che abbiamo familiarizzato con Kenny, nato in Zambia, cresciuto in Sud Africa, emigrato prima della scarcerazione di Mandela a Londra, attualmente abita a San Francisco e lavora per una grossa banca. Simpatico, parla in un inglese velocissimo che mi mette leggermente in difficolta'. Ci alziamo per pagare i caffe', al tavolo accanto a noi due locali che bevono birra (sono le 7,20 di mattina). Mi accorgo che c'e' una banconota da 100 Cordobas in terra, esattamente sotto dove uno dei due tiene il denaro (sull'angolo del tavolo). Gli batto sulla schiena mentre Kenny velocissimamente vede la banconota e se la mette in tasca. Il tizio comincia a contare i soldi e vedo che la cosa non gli torna. Dico a Kenny che forse i soldi erano del tizio, e mi scuso con i due. Kenny gli porge i soldi. Tutto a posto. Secondo me se fosse successo in un altro paese sarebbero saltati fuori almeno i coltelli.
Edoardo e' un tipo divertente e ne sa. Ha girato un documentario per la BBC insieme a 12 portatori di handicap con i quali e' andato dalla costa pacifica a quella atlantica, mi dice che era la prima volta che una sedia a rotelle arrivava in cima a uno dei due vulcani dell'isola di Ometepe. Ha una faccia vagamente india, e conosce a memoria tutte le canzoni che Baglioni ha cantato in spagnolo (lo sapevate? io no). L'isola e' molto, molto bella, rigogliosa, di una natura straripante. L'acqua del lago sembra quasi pulita, e ci sono varie lagune. Nel primo giro a piedi, di circa un'ora e mezzo, vediamo un serpente che sembra lo stelo della pianta alla quale e' avvinghiato, diverse bellissime farfalle, alcune piante particolari, nessuna scimmia. Ci fermiamo in uno dei due villaggi piu' grandi dell'isola mentre c'e' in corso l'esibizione di un corpo di ballo formato da bambini. Le facce sono un miscuglio strano, ma prevale la componente india. Arriviamo ai piedi dell'altro vulcano dell'isola ed andiamo a vedere alcuni petroglifi. Mi viene in mente l'isola di Pasqua e alcuni posti in Colombia. L'escursione volge al termine e ci fermiamo a mangiare in un ristorante col pavimento di sabbia. Le facce delle persone sono indescrivibili.
Domando a Kenny qualcosa sul Sudafrica (mi ero dimenticato di dirvi che e' bianco) e mi piace quello che mi risponde, e' felicissimo per quello che sono riusciti a fare grazie a Mandela, e mi dice anche che crescere li' e' stato strano e a tratti difficile.
Torniamo verso il traghetto e Edoardo ci lascia coll'autista, un tipo che, come molti nicaraguensi, si pettina in continuazione. Arriviamo al "porto", ci invita a fare un giro che lui intanto comprera' i biglietti, quando torniamo ce li dara' poi ci lascia, dall'altra parte ci raccogliera' un altro autista. Dopo una ventina di minuti ci viene incontro e ci da' i 3 biglietti, lo salutiamo. Torniamo al porto perche' sono quasi le 15,30 e il traghetto ci hanno detto che parte a quell'ora, invece scopriamo che parte alle 16. Fa niente. In traghetto mi appassiono alle telenovelas della tv nicaraguense. Quando attracchiamo, lo spettacolo e', come al mattino, un tipo che si butta e porta una fune d'attracco fino alla banchina e la porge a un operatore. Poi cerchiamo di capire chi ci riportera' a Granada. Un tipo insiste domandandomi se abbiamo bisogno di un taxi. Gli spiego che dovremmo averlo e che lo abbiamo gia' pagato. Mi domanda con chi abbiamo fatto l'escursione, glielo dico. Dopo nemmeno un minuto mi viene a ricercare e mi indica il tipo che ci riportera' a Granada. Incredibile. Si chiama Martin, parla solo spagnolo ed ha voglia di parlare. Penso di non aver sostenuto una discussione in una lingua che non sia la mia cosi' a lungo. Parliamo fino a Granada, e ci mettiamo piu' di un'ora e mezzo. Mi spiega cosa pensa sulla politica, sul suo paese, sulla loro guerra, sugli stranieri, mi racconta la sua situazione familiare, io mi interesso, domando, faccio battute, lui ne fa altrettante, ridiamo di brutto e a tratti mi sento in colpa per Daniela e Kenny che non capiscono assolutamente niente. Gli dico della canzone che ci piace e lui si mette a cantare Nicaragua Nicaraguita e mi racconta la storia della canzone. Chi l'ha scritta era sandinista, ma si e' distaccato dalla politica di Ortega (l'attuale capo del governo, sandinista).
Sono le cose che mi riempiono. Arriviamo a Granada e fissiamo per la cena con Jetro. Saluto Martin come se lasciassi un fratello.
Mi fermo qui. Al momento siamo al Tranquilo Backpackers di San Jose', in Costarica. Abbiamo in tasca i biglietti per Samara. Domattina alle 12,00 il bus. La finestra della nostra camera ha i vetri rotti, ma dagli altoparlanti della hall esce un live dei Pearl Jam. Appena saro' in grado di scrivere ancora vi racconto la serata di ieri e il viaggio di "ritorno" in Costa Rica.
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