La guerra della coca Le fumigazioni aeree uccidono le piante. E la gente che ci vive in mezzo
Ecuador, il fumo uccide dal cielo
«Li vedevo tutti i giorni, quei dannati aerei». Il diserbante pioveva al confine con la Colombia. E una mattina i polli morti, i pesci a pancia in su, ai contadini cascava la pelle e i bambini morivano di diarrea... Reportage da una frontiera della «guerra alla droga»
Diletta Varlese
Santa Marianita (confine nord dell'Ecuador) «Li vedevamo tutti giorni quei maledetti aerei che attraversavano la frontiera e spruzzavano il liquido sui nostri campi, e poi il vento lo spargeva ovunque». Questo ricorda a denti stretti Yolanda, ecuadoriana che vive sulla frontiera con la Colombia, guardando quello che resta della fortuna del suo allevamento di pesci e bestiame. Batte una pioggia inclemente a Santa Marianita, piccolo agglomerato di case dell'Amazzonia, a 10 chilometri dal confine nord. Al riparo sotto il tetto di zinco della sua veranda, con una tazza di latte caldo appena munto, Yolanda racconta che prima del 2002 loro stavano bene: «Avevamo moltissimi pesci nelle nostre trenta piscine, 200 galline, maiali, bestiame, vivevamo della nostra terra e del commercio, non ci mancava nulla. Poi sono arrivati gli aerei e la mattina dopo ho trovato tutti i polli morti distesi e tutti i pesci che galleggiavano a pancia in su. Allora ho creduto di impazzire dalla disperazione».
I «fumigados» della frontiera
Yolanda e la sua famiglia sono dei fumigados, e fanno parte delle 200 famiglie ecuadoriane che hanno subìto gli effetti delle «fumigazioni» del Plan Colombia, accordo del 2000 tra Colombia e Stati uniti per sradicare le piantagioni di foglia di coca e «combattere il narcotraffico». Per più di sette anni i campi delle regioni a sud della Colombia sono stati innaffiati per via aerea dal pesticida «roundup» di produzione della Monsanto - la stessa che produceva l'agente Orange, il micidiale defoliante usato dall'esercito degli Stati uniti nella guerra del Vietnam - a base di glifosato. Era stato assicurato che questo mix avrebbe attaccato solo le coltivazioni di coca, ma i contadini che hanno subito le fumigazioni dicono che la coca sia stata l'ultima a morire. Lo dicono i colombiani come gli ecuadoriani, perchè per tre anni consecutivi gli aerei della Dyncorp hanno deliberatamente violato il confine aereo e si sono addentrati per chilometri in territorio ecuadoriano. All'accusa dell'Ecuador di violazione di territorio, nel 2006, Bogotà ha risposto: «Abbiamo verificato la presenza di coltivazioni di coca anche nel vostro territorio ed abbiamo agito», senza chiedere permesso.Hernan,che vive qui da 50 anni, ha invece verificato ben altro: «Dopo una settimana qui tutto era secco, dopo un anno la coltivazione di mais ha reso solo cinque chili, nemmeno sufficienti all'uso familiare. Dopo quasi due anni il banano ha ripreso a dare frutti, piccoli, spesso secchi all'interno. La nostra terra è danneggiata irrimediabilmente». Anche le tre mucche di Hernan hanno fatto una brutta fine: «Hanno bevuto dal fiume, come tutti gli animali di questa zona che circolano liberi. Dopo due giorni le ho trovate agonizzanti poco distante da casa». Il fiume è lo stesso in cui fanno il bagno i bambini, in cui le donne lavano i panni e gli uomini si rinfrescano dal lavoro nei campi. Josè è uno di quegli uomini, vive con la moglie in una catapecchia fatta di assi di legno sospesa a mezz'aria. Sotto trovano riparo cani spelacchiati e copertoni. Si siede su uno sgabello e racconta che un giorno di 4 anni fa lavorava con il figlio nella chakra, la porzione di terreno liberata faticosamente dalla selva a colpi di machete. Quella mattina gli aerei stavano sorvolando da più di due ore, avanti e indietro per il confine, ma la convivenza con quel rumore era ormai da tempo abitudine. Faceva quaranta gradi, cento per cento di umidità tropicale. Josè si sente girare la testa e decide d'immergersi nel fiume, pensando di aver preso un colpo di sole. Pochi minuti dopo si sentiva peggio: era in preda a conati di vomito e un pizzicore intollerabile su tutto il corpo.
«La pelle ha preso a cadere...»
Sua moglie Ilda, in piedi a fianco a lui, gli accarezza le mani macchiate e continua il racconto: «Quando è arrivato a casa non stava fermo un momento. Due giorni dopo ha cominciato a cadergli la pelle ed è rimasta così», e mostra la mano ossuta coperta da una pelle biancastra, punteggiata di chiazze marroni. Così sono pure il viso, il torace e la schiena di Josè. «Dopo quattro anni, ogni volta che il sole picchia forte - prosegue Ilda - gli prende ancora quel pizzicore intollerabile, e non c'è ombra che ripari, bisogna buttargli addosso dell'acqua fredda o non passa». Ilda poi abbassa lo sguardo e sussurra: «Quando è successo questo a Josè, dopo un mese mio nipote di quasi un anno è morto per diarrea e vomito, e agli altri bambini di mio figlio sono venute piaghe su tutto il corpo». Ce n'è anche per lei: «Ad oggi mi prendono dei crampi allo stomaco che mi mettono a letto. Un bruciore fortissimo al ventre che non mi permette di alzarmi per giorni. Noi mangiano della nostra terra, che è totalmente inquinata».Un'equipe di medici della ong Accion Ecologica ha studiato per tre anni consecutivi gli effetti nelle comunità di frontiera, rilevando che sulla pelle dei bambini si sono formai dei funghi patogeni causati da agenti biologici, probabilmente transgenici. Ma i danni peggiori, sostengono i medici, sono quelli psicologici. I bambini tra i cinque e i dici anni sono molto depressi. Nei loro disegni sono costantemente presenti gli aerei e immagini di animali morti. Il dottor Adolfo Maldonado, endocrinologo spagnolo e direttore della ricerca sul campo, ha dichiarato che «ancor più preoccupanti sono gli effetti a medio e lungo periodo: il 100% della popolazione nel cui corpo è penetrato il veleno riporta il 36% delle cellule danneggiate geneticamente. Questo significa un alto rischio che si sviluppino cancro, malformazioni congenite e aborti spontanei».I dati del ministero della difesa colombiano dimostrano che nel 2005, dopo cinque anni di fumigazioni, le coltivazioni di coca hanno toccato il picco massimo della loro espansione. La conseguenza, però, è che tra il 75% e il 90% delle coltivazioni «lecite» sia andata persa, per una media di un ettaro ogni due di coca distrutta. Il presidente dell'Ecuador, Rafael Correa, il 31 marzo scorso ha annunciato di presentato una denuncia contro la Colombia e il suo presidente, Alvaro Uribe, di fronte al Tribunale internazionale dell'Aja, per violazione della sovranità del territorio ecuadoriano. Uribe ha ribattuto che «dietro le coltivazioni illecite ci sono le Farc», sostenendo inoltre che «in quaranta casi hanno attaccato la forza pubblica colombiana dal territorio ecuadoriano». Il governo colombiano, inoltre, sostiene che i suoi voli aerei hanno sempre mantenuto una distanza di 10 chilometri dal confine sud, e che i diserbanti utilizzati sono stati approvati da protocolli internazionali. Ci si domanda se l'Aja terrà più in conto questa dichiarazione o quelle presentate della Fercofes (la Federazione dei contadini di frontiera, ecuadoriani e colombiani) e le cento testimonianze di chi, sotto quei voli, si è trovata distrutta una vita.
Basta fumi, ora pattuglie
Dal marzo 2007 la Colombia non fumiga più, neppure nel proprio territorio, in cambio ha adottato la fumigazione manuale nel sud del paese. Secondo i contadini colombiani delle regioni del sud, lo sradicamento manuale delle piante viene preceduto dall'arrivo dei militari, che sfollano le famiglie e occupano le case, a cui segue una «squadra speciale anti-narcotici» per eliminare le coltivazioni e «sterilizzare» il campo con lo stesso micidiale diserbante roundup. Sempre a detta della popolazione locale - che se la passa molto peggio di quella ecuadoriana - anche questa pratica non è indolore. Chi coltiva la coca è, per la legge colombiana, automaticamente un narcotrafficante e guerrigliero delle Farc. Sono migliaia le denunce di parenti di contadini che, accusati senza potersi appellare alla difesa, sono stati fatti sparire, o torturati e uccisi a bruciapelo. Con indosso la divisa delle Farc, sono poi recapitati alla procura più vicina con la dicitura «guerrigliero morto in combattimento» e un buco nel cranio che non lascia dubbi.Crescono le denunce di tali situazioni anche da parte delle associazioni per i diritti umani colombiane e dell'America Latina, come la Alduh. E sono allarmati anche i difensori civici della Colombia che, seppur dipendenti statali, da alcuni anni hanno deciso di rompere il muro del silenzio e accusare apertamente il governo di Bogotà e il ministero della difesa. Coraggiosamente. Perché nell'attuale «democrazia in salsa colombiana» il costo della denuncia e della richiesta di protezione si paga a prezzo di molte, troppe vite: quelle di chi difende e quelle di chi è difeso.
Andinamedia, agenzia d'informazione per l'America Latina
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Il glifosato
E' targato Monsanto il super-diserbante che ammazza la coca e anche i contadini
Il glifosato è un erbicida non selettivo, la cui formula «roundup» appartiene alla Monsanto, gigante dell'agricoltura e delle biotecnologie, che di questo composto chimico è il principale produttore mondiale. Il glifosato fu creato negli anni Sessanta, penetrando tempo dopo in America Latina. Oggigiorno la sua vendita produce incassi superiori a mille milioni di dollari annuali. Il Roundup «tradizionale» di Monsanto contiene, in aggiunta al glifosato sotto forma di sale isopropilamina (Ipa), una sostanza chimica tensioattiva denominata polioxietileno-amina (Poea) che amplifica la sua azione. Tuttavia fu considerato poco efficace nel distruggere le coltivazioni di coca e papavero in Colombia. Quello che alla fine fu utilizzato nelle operazioni di fumigazioni è conosciuto col nome di Roundup Ultra. Contiene sempre Poea, ma è stato aggiunto un nuovo agente tensioattivo: il Cosmoflux 411F. Approvatone l'uso, senza aver prima effettuato degli studi sui possibili effetti, tanto meno in ecosistemi tropicali, questo agente amplifica di quattro volte l'azione del roundup, incrementando l'effetto del glifosato. Ciò significa che potrebbe, allo stesso modo, incrementare di quattro volte la sua azione tossica.
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Nella foto: una pannocchia di grano "trattata" col glifosato, tratta da un sito interessante, in inglese, questo.
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